Lacci - La Recensione

Lacci Luchetti FilmSi apre con un primo piano di tante scarpe, "Lacci".
Scarpe di bambini costretti in fila indiana a comporre un trenino durante quella che dovrebbe essere una comune festa scolastica. Ma non sono questi i veri lacci di cui parlerà la storia che andremo a vedere, ovviamente. Anche se i lacci di quelle scarpe, a un certo punto, entreranno a prendersi la scena nemmeno tanto casualmente, come in principio vorrebbe sembrare.

Non è una sorpresa infatti che i lacci della pellicola diretta da Daniele Luchetti - adattamento del romanzo omonimo di Domenico Starnone - siano metafore di quelli invisibili generati dai rapporti umani, sentimentali: corde che aumentano di lunghezza e che stringono i loro nodi, in base al grado di profondità che gli si chiede di andare a toccare. Trattasi di un processo automatico, involontario, del quale è possibile accorgersi, paradossalmente, solo nell'istante in cui uno dei due coniugi - o complice - decida, per un motivo qualsiasi, di fare marcia indietro e tornare sui suoi passi: realizzando quanto sia concretamente impossibile e insolito ripristinare quella libertà auspicata. Una teoria non universale, forse, ma che va ad applicarsi perfettamente alla vita di Vanda e Aldo: moglie e marito che vedono il loro patto stipulato in gioventù (una sorta di fedeltà solida, immune alle debolezze della carne), andare in fumo quando lui le confessa di averla tradita con un'altra donna. La finta ragionevolezza di lei - che ostenta di essere disposta a perdonarlo, se trattasi di scappatoia - va a scontrarsi allora con il puro egoismo di lui, che dell'amante è invece è invaghito, al punto da essere disposto a dimenticarsi di moglie e figli. Ma sono conti eseguiti senza l'oste, appunto, perché se per i due bambini è sufficiente vedere il genitore - e ascoltarlo in radio - a seconda delle sue esigenze (e volontà), per Vanda un atteggiamento del genere non è sopportabile, tant'è che la vedremo giocare tutte le sue carte - ma davvero di tutte - pur di mettere i bastoni in mezzo alle ruote alla voglia di ricominciare di Aldo: che dai suoi lacci non riuscirà a smarcarsi tanto facilmente.

Lacci FilmEppure c'è qualcosa che non torna in questo tira e molla lungo trent'anni; in questa grandissima storia (di non amore) familiare capace di far percepire perfettamente il suo messaggio, pur componendolo nella maniera meno efficace e intima possibile. E gli equivoci, probabilmente, andrebbero cercati a monte: all'interno di una sceneggiatura che caratterizza fortemente alcuni lati dei protagonisti, rendendo a sua volta la loro vicenda meno comune e duttile rispetto al potenziale reale. Vanda non è una donna come le altre: è istintiva, calcolatrice, manipolatrice e le sue (re)azioni, in questo senso, la portano a distinguersi dalla classica donna-tipo, invischiata nella medesima situazione. Discorso simile vale per Aldo: furbo, insicuro, convinto di meritarsi una seconda chance di felicità, ma poi responsabile di alcune scelte ambigue che non trovano neppure il tempo di una comprensione. Tempo che poteva essere rubato magari all'ultima ventina di minuti, quelli dedicata alle parole dei figli diventati adulti, ma priva di una funzione utile a risolvere i quesiti lasciati in sospeso, che di fatto aumentano, incrementando quel vago senso di incompiutezza.

Per cui dispiace un po' per "Lacci", soprattutto per i buonissimi propositi che aveva e che purtroppo non riesce a soddisfare. Una fiamma c'è nel film di Luchetti, ed è una fiamma che sarebbe stata anche pronta a erogare più fuoco se glie l'avessero concesso, ma in questi casi - come per i lacci - è sempre una questione di nodi a fare la differenza.

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