Dune: Parte Uno - La Recensione

Dune Poster Film

Potremmo cominciare a parlare di “Dune” al cinema come di un titolo maledetto.
Del resto gli estremi ci sono tutti: dal tentativo (fallito) di David Lynch, costretto a rinunciare in corso d’opera alla sua libertà creativa (e poi al final-cut) per mano di Dino De Laurentiis, a quello mai concesso ad Alejandro Jodorowsky, il quale si era talmente innamorato del romanzo di Frank Herbert da cominciare una (laboriosa) pre-produzione della stessa, praticamente di tasca sua, salvo poi ricevere il ben servito da ogni major, perché ritenuto un profilo non abbastanza forte per l’operazione (esiste un documentario bellissimo, recuperatelo).

Sorte che chiaramente non è toccata a Denis Villeneuve, ritenuto – anche a seguito del lavoro svolto con “Blade Runner 2049” – addirittura, forse, un profilo eccessivamente forte per l’operazione, al punto da potersi prendere il lusso – perché solo lusso può essere – di spezzare a metà la pellicola, pur non avendo ancora alcuna sicurezza di poter girare la seconda. Non è scritto da nessuna parte, infatti, e per leggerlo è necessario che appaia il titolo sul grande schermo, ma questo “Dune”, in realtà, è “Dune: Parte Uno”. Un colpo di scena a freddo, magari, che qualcuno avrà pensato potesse scaldare immediatamente l’entusiasmo degli spettatori, al quale però è possibile si sia smesso di pensare un secondo dopo l’invio di quell’informazione. Già, perché se c’è un problema in questa versione di “Dune” – sulla quale tutti avevamo puntato – non è tanto legato a questioni di budget, ambizioni o agli effetti speciali, quanto a quella carne al fuoco che cuoce, cuoce, cuoce, senza venir mai servita sul piatto. L’impalcatura è quella che è, va benissimo, e qualche ritardo di ritmo ci sta, è calcolato: il mondo da spiegare è ampio, articolato, per cui è fisiologico dover subire alcuni spiegoni per mettere a fuoco conflitto, terre e (tanti) personaggi. Meno comprensibile è il distacco generato nei confronti del Paul di Timothée Chalamet, figura fondamentale e punto di riferimento per la narrazione, ma con cui empatizzare rimane un mistero grande tanto quanto il suo potenziale.

Dune Villeneuve

Una sorta di Neo prestato all'universo di Star Wars – saga che all'epoca aveva rubato, e tanto, al romanzo di Herbert – al quale tuttavia è stato concesso un arco che è sì intrigante, ma allo stesso tempo privo di umanità, di coinvolgimento: di una scena (o più di una) che, in teoria, dovrebbe aiutarci a scendere a patti con lui, a identificarlo come eroe (o potenziale) positivo, appassionandoci emotivamente al suo percorso e ai suoi tormenti (tra l’altro c’è una sequenza in cui combatte con Josh Brolin che sembra copiata a piè pari dall'addestramento di kung fu visto in “Matrix”). Per Villeneuve, invece, la priorità spetta prima al colpo d’occhio, alle immagini, alla fotografia: alla forma imponente, curatissima e spettacolare che pur lasciando senza fiato, rischia comunque di creare indifferenza quando a scarseggiare, poi, diventa la sostanza. Ed è questo, alla fine, il peccato maggiore (l'unico?), il rimpianto nei confronti di una storia che aveva tanto da dire, ma poi ha finito per non dire quasi nulla conservando tutto per una seconda parte ipotetica, che rischia perfino di non vedere mai luce, perché condizionata dal destino di questo prologo gigantesco e mastodontico, dal sapore insipido.

Freddo, compassato ed eccessivamente imballato. 
Ad essere onesti – e per quanto mi riguarda – da questo “Dune” ci si aspettava molto, molto di più. A Villeneuve è stata data, probabilmente, l’occasione per eccellenza, quella che Lynch ha sfiorato e basta e che Jodorowsky si è limitato a sognare (ogni notte). La sensazione è che avrebbe potuto giocarsela meglio, con meno superbia, magari: sempre che davvero non ci troviamo di fronte a un titolo maledetto e a quel punto niente sarebbe servito a risolvere niente.
Tranne a Jodorowsky: affogato nel mare di questa sfortuna, ma tornato a galla e a riva col materiale di un documentario che, ad oggi, resta il miglior film fatto su “Dune”.
Sì, non c'è dubbio.

Trailer:

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