Licorice Pizza - La Recensione

Licorice Pizza Poster

Formalmente, è un romance.
Tecnicamente, è Paul Thomas Anderson che va’ (scrivendo) dove lo porta il cuore.

Una storia di (non) amore che sovverte i pronostici e ribalta le regole; che fa intendere senza mezzi termini dove si andrà a parare e che, proprio per questo, pone l’accento da tutt’altra parte: perché se una cosa è scontata, allora tanto vale mostrare altro.
E “altro” per PTA significa raccontare i suoi due splendidi personaggi (e la loro attrazione) attraverso gli aneddoti; descrivere i loro sentimenti, le loro paure e la loro personalità, inseguendoli nel tempo (stretto e spezzettato) mentre fanno le loro esperienze e accarezzano la vita, facendo i conti con ciò che sono e con quello che vogliono (diventare). Un percorso ad ostacoli complicatissimo per ognuno di noi e che, a volte, può metterci in condizioni di insicurezza, di paura, tanto da non farci comprendere, fino in fondo, i nostri reali bisogni ed emozioni. Per informazioni più dettagliate, potreste chiedere ad Alana – aka Alana Haim, la vera protagonista di “Licorice Pizza” – che sta cercando ossessivamente la sua strada senza avere la minima idea di quale possa essere. Non lo sa perché non sa nemmeno chi è lei, sostanzialmente. E quando questa strada gli sbatte contro e gli confessa chiaramente di appartenergli, lei è così confusa e incredula da schernirla e diffidare palesemente. Questo perché quella verità porta le sembianze di Gary, un ragazzino di quindici anni e quindi più piccolo di lei (che ha superato i venti, ma non intende sentenziare sul numero preciso), che però ha già capito come funziona l’America e gli anni ’70: non se ne sta con le mani in mano, è un traffichino, è liquido, e in base a dove tira il vento, lui gira il timone della sua nave fiutando tesori.

Licorice Pizza PTA

Sono come due rette parallele Alana e Gary: si cercano, si trovano, si corrono dietro, ma non si incontrano mai (per davvero). Una danza che in “Licorice Pizza” continua a ripetersi nel tempo, ostinata e incapace di arrendersi alle note del suo spartito. Colpa, forse, di un periodo di grande fermento, dove tutto sembra cambiare rapidamente, senza dare punti di riferimento. O, magari, di quell’età in cui si è giovani-adulti e compiere delle scelte è praticamente un disastro: vittime di una spensieratezza che inizia a ridursi e di una maturità tutta da sviluppare. Eppure, nella pellicola di PTA questi adulti - quando fanno capolino - non è che siano poi così definiti, così maturi. Anzi, per lo più sono assenti ingiustificati e, quando ci sono, danno l’idea di poter competere ad armi pari con l’avventatezza e la stupidità legittima degli adolescenti (protagonisti): come se, fondamentalmente, certe insicurezze e certi problemi esistenziali siano destinati a tallonarci e ad abitarci per sempre.
Per cui tanto vale vivere alla giornata come fa Gary – che, ricordiamolo, è Cooper Hoffman, il figlio del compianto Philip Seymour (e si vede!) – con il lavoro, senza lasciarsi trasportare troppo dalla testa e andando dove ti porta il cuore a bordo di un mezzo trascinato dal vento: se possibile accompagnati da una playlist meravigliosa in sottofondo. Ad Alana – che è molto più cervellotica di lui – le ci vorrà un po’ per capirlo. 
A noi, forse, leggermente meno. 

Ma il tempo risparmiato lo impiegheremo inutilmente cercando di collocare questo “Licorice Pizza” all’interno della filmografia di PTA.
Come se la cosa avesse un senso.
Come se fossimo realmente in grado di giudicare e di passare al setaccio un film densissimo di ricordi, sensazioni e suggestioni intime, di fronte al quale – come al solito con PTA – l’unica via d’uscita è farsi travolgere, e poi rimuginare e rimuginare ancora.
Consapevoli del fascino, delle ambiguità e della meritata dimensione che contraddistingue il suo autore.

Trailer:

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