Macbeth - La Recensione

The Tragedy Of Macbeth Poster


Macbeth.
Ancora.
A sette anni dalla trasposizione firmata Justin Kurzel (e mai digerita), l’opera di William Shakespeare torna al cinema (pardon, in streaming) filtrata attraverso la sceneggiatura e la regia di Joel Coen. Avvenimento che lascia spazio a una serie di domande: tra cui la prima dedicata all’assenza del fratello Ethan, temporaneamente in pausa dal lavoro e non attirato dal progetto.

Ma perché proprio Macbeth?
Probabilmente per il concept, che Coen ha ridotto praticamente all’osso, facendolo diventare la storia di un marito e di una moglie alle prese con degli omicidi, necessari affinché loro possano prendere e mantenere il potere. Un soggetto che non stonerebbe in un classico prodotto dei Fratelli Coen, ma che qui viene affrontato in maniera serissima e con un approccio tecnico – di composizione scenografica e di inquadrature – assai accurato e minimalista. Insomma, senza Ethan, Joel sembra voler provare a prendersi un po' più sul serio; fare un cinema che dal suo punto di vista può risultare sperimentale e quindi pericoloso per chiunque vada ad approcciarlo convinto di trovarsi di fronte a una versione comica e rocambolesca del classico teatrale. Un teatro che, peraltro, resta presente e dominante sulla scena: con un bianco e nero in formato 4:3 che esalta l'estetica, in cui a prevalere sono gli interni, rigorosamente spogli, e nei rari casi in cui si è costretti a uscire in esterno, le volte in cui veniamo catturati dai dettagli del paesaggio circostante si contano sulle dita di una mano (anche di mezza, forse).
Del resto, stando alle parole del suo autore, nasce così il progetto: dalla richiesta della moglie – Frances McDormand – di dirigerla sul palcoscenico nel ruolo di Lady Macbeth. Proposta rifiutata all’inizio, ma poi evidentemente germogliata nella testa (e negli anni), trasformandosi in questo ibrido.

The Tragedy Of Macbeth Coen

Fedele e solenne al testo, infatti, questo “The Tragedy Of Macbeth” – che in Italia è “Macbeth” – non lo è per niente. A partire dall’età anagrafica e dalla scelta dei protagonisti: Denzel Washington e – chiaramente – Frances McDormand.
Mastodontico lui, ineccepibile lei, recitano in sottrazione adattandosi precisamente alla semplicità del contesto. Sobri e serafici come il carattere delle personalità che incarnano, non muovono un sopracciglio se non è il copione a chiederglielo, aggiungendo quel vezzo, quell’espressione o quel volume in più solamente quando è opportuno, o indispensabile. Washington è addirittura spaventoso, a tratti: speculare a un Macbeth che, ricevuta la sua profezia, non intende perder tempo a metterla in discussione (o a mettersi in discussione), accettandola come irreversibile e non togliendo mai il piede dall’acceleratore (della cattiveria).
Rigore e meticolosità che, a cascata, bagna trasversalmente un cast tarato – e selezionato – per raggiungere gli stessi livelli di bravura estrema: il minimo sindacale quando c’è da tenere testa a dei fuoriclasse.

Che dire allora?
Oggettivamente nulla: c’è Shakespeare, c’è il teatro, c’è la recitazione e c’è il cinema.
E se cercate questi elementi, “The Tragedy Of Macbeth” è ciò che fa per voi, schietto ed essenziale. Tutto sta nell’essere consapevoli e nel non ritrovarsi, magari, a interpretare indizi sparsi come sinonimo di libera interpretazione, o leggerezza.
Perché, in tal caso, potreste cadere in fallo e non gradire.

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