Everything Everywhere All At Once - La Recensione

Everything Everywhere All At Once

Il multiverso, questo sconosciuto.
Abbiamo “imparato” a sentirlo nominare attraverso Spider-Man – “Un Nuovo Universo” prima e “No Way Home” poi – e, adesso, sta cominciando ad espandersi a macchia d’olio, fino ad esistere anche oltre il cosiddetto Marvel Cinematic Universe.
Più o meno.
Perché in “Everything Everywhere All At Once”, il film diretto da coloro che per brevità si fanno chiamare Daniels, ma che in realtà sono Daniel Kwan e Daniel Scheinert, e che hanno costruito sulle potenzialità del multiverso la loro opera seconda, a produrre c’è un’altra coppia da non sottovalutare: i fratelli Joe e Anthony Russo (ma guarda tu il caso, a volte…pardon, il multiverso).

Ma che cos’è questo benedetto multiverso? O meglio come funziona esattamente?
Perché l’impressione è che ognuno abbia delle opinioni diverse a riguardo: c’è che chi lo preferisce con le crepe nel cielo, in maniera tale da poter avere contemporaneamente tante versioni della stessa persona nello stesso posto, e chi – come i Daniels – lo vede un po’ come il raggiungimento di una sorta di connessione spirituale tra i vari io. Nello specifico, multiple versioni di noi che non coesistono fisicamente nello stesso momento, ma possono collegarsi ad un cervello unico, e al suo corpo, comandandolo secondo le proprie conoscenze e abilità: come il personaggio di un videogioco. Se la cosa vi è chiara, oppure no, non importa, tuttavia. Perché l’all-in che “Everything Everywhere All At Once” compie nei confronti di questa teoria è talmente disastroso, da riuscire a scoraggiare chiunque volesse provare a immolarsi in seconde possibilità di appello (a meno che qualcuno non voglia continuare a farsi - e a farci - del male). Un’idea che, in partenza, sembra addirittura intrigante e divertente, ma che al termine delle due ore e venti di pellicola – ingiustificatissime – si ritrova a cambiare totalmente pelle e a rappresentare semplicemente un caotico, demenziale e ridondante pretesto per allestire baracconate.

Everything Everywhere All At Once Film

Onestamente, ad un certo punto, mi è parso quasi di trovarmi davanti a uno “Scary Movie” che prendesse di mira gli ultimi voli pindarici compiuti dalla Marvel, per giustificare i casting delle nuove storie. Uno “Scary Movie” involontario e meno spensierato, però, perché le ambizioni dei Daniels sono decisamente più alte e più nobili, se vogliamo. Il tentativo del loro “Everything Everywhere All At Once”, infatti, è quello di raccontare la storia di una famiglia in crisi, giunta a un bivio che potrebbe portarla al disgregamento definitivo, oppure al dialogo e quindi a una (auspicabile) riconciliazione: e utilizza questo espediente fantascientifico per distaccarsi dalla monotonia e dal ricalco del già visto.
Il problema è che la voglia di sperimentare, di giocare con le risorse creative (illimitate) messe a disposizione, anziché portare dei benefici, (li) distraggono e (li) disorientano, facendo apparire l'intero esperimento più vicino a quello di due videomaker che hanno appena scoperto le fantasmagoriche funzioni del loro programma di montaggio, piuttosto che a due registi desiderosi di realizzare il miglior lavoro possibile.

Da questo multiverso – ma da tutti, ormai – perciò, non si vede l’ora di uscire.
Di veder scorrere i titoli di coda e poter così tornare alla normalità. Perché se, come diceva qualcuno, il multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco, beh allora è bene che qualcun altro aggiunga che quel poco che sappiamo è senza dubbio confuso, superfluo e per nulla interessante.
Per cui, tanto meglio starne alla larga, risparmiandoci stupidissimi ragionamenti e – nel mio caso – fastidiosissimi mal di testa.

Trailer:

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