Todd Phillips deve essere proprio una bella persona, un amico importante, di quelli sempre disponibili e disposti a farsi in quattro nel momento del bisogno.
Ciò non è dedotto fonti alla mano ma è solamente una supposizione spontanea che nasce analizzando le scelte compiute dal regista (sceneggiatore e produttore) per porre fine alla fortunatissima e divertentissima saga di "Una Notte da Leoni".
Chiudere con una trilogia non era assolutamente necessario, già proseguire la prima avventura era stato più un rincarare la dose che altro, eppure l'affetto per il branco, il Wolfpack, era un sentimento condiviso talmente forte da creatori e non da costringere in qualche modo Phillips ad accontentare se stesso, gli spettatori e indirettamente i suoi personaggi. Perché "Una Notte da Leoni 3" esplode più fiacco di coloro che lo hanno preceduto ma solo perché è un ordigno che punta a scardinare corde diverse da quelle a cui è stato abituato, a testimoniarlo la scelta di abbandonare l'amatissima struttura a ritroso generata dal dopo-sbornia per favorirne un racconto lineare e meno ricalcato.
Ovviamente ogni mossa porta allegato un suo fine ben preciso, e in questo caso si tratta della maturazione dell'unico dei protagonisti che ancora non è riuscito a compiere (nella vita sobria) il passo definitivo, il doloroso passaggio all'età adulta. Era questo infatti probabilmente l'unico motivo per cui Phillips sentiva il bisogno di ritornare a lavorare con Il Branco: Alan doveva avere la sua chiusura del cerchio, doveva allinearsi con gli altri, doveva trovare una donna e spezzare il ciclo vorticoso che puntualmente lo spingeva a rovinare la sua vita e (ancora peggio) quella degli altri. Per la prima volta allora il protagonista è lui e lui soltanto, per la prima volta non c'è alcun matrimonio in arrivo, bensì un funerale (quello del padre di Alan), e per la prima volta i protagonisti saranno perfettamente coscienti delle loro intollerabili e criminali azioni.
Questi paletti mettono "Una Notte da Leoni 3" in una pista definita, non gli lasciano piena libertà di sfogo e lo costringono a trovare idee esilaranti in quei piccoli spazi da cui non può e non deve assolutamente uscire. Fortuna vuole che la pellicola riesce a non deludere - almeno in parte - le aspettative, a coinvolgere e ad intrattenere pur non avendo colpi in canna a sorpresa come gli era capitato in passato. Alan e la pazzia di Mr. Chao bastano a strappare quel paio di situazioni inverosimili, e la dose di amicizia che si respira costante sia dentro che fuori dallo schermo è sufficiente a sistemare il resto.
La missione di Phillips riesce perciò, forse, meglio di quanto lui si aspettasse. La sceneggiatura tiene benissimo non mollando mai la presa, il ritorno alla maledettissima Las Vegas diventa destino impeccabile per inserire il punto definitivo, e il rientro di moltissime, piccole partecipazioni non fa altro che migliorare l’appeal di una festa dal finale non commovente - come alcuni si immaginavano - ma decisamente memorabile. Il gruppetto di insospettabili casinari ottiene così quello che meritava e lo ottiene addirittura due volte: questo perché il prezioso amico in comune Todd non è riuscito ad accontentare solo se stesso, ha sentito il bisogno di rispettare anche quella fetta di affezionati che gli ha permesso di unirsi lentamente, e nel tempo, ad un branco di cui, metaforicamente ormai, rimane parte integrante e sostanziale.
Lui come noi, noi come tutti.
Trailer:
Ciò non è dedotto fonti alla mano ma è solamente una supposizione spontanea che nasce analizzando le scelte compiute dal regista (sceneggiatore e produttore) per porre fine alla fortunatissima e divertentissima saga di "Una Notte da Leoni".
Chiudere con una trilogia non era assolutamente necessario, già proseguire la prima avventura era stato più un rincarare la dose che altro, eppure l'affetto per il branco, il Wolfpack, era un sentimento condiviso talmente forte da creatori e non da costringere in qualche modo Phillips ad accontentare se stesso, gli spettatori e indirettamente i suoi personaggi. Perché "Una Notte da Leoni 3" esplode più fiacco di coloro che lo hanno preceduto ma solo perché è un ordigno che punta a scardinare corde diverse da quelle a cui è stato abituato, a testimoniarlo la scelta di abbandonare l'amatissima struttura a ritroso generata dal dopo-sbornia per favorirne un racconto lineare e meno ricalcato.
Ovviamente ogni mossa porta allegato un suo fine ben preciso, e in questo caso si tratta della maturazione dell'unico dei protagonisti che ancora non è riuscito a compiere (nella vita sobria) il passo definitivo, il doloroso passaggio all'età adulta. Era questo infatti probabilmente l'unico motivo per cui Phillips sentiva il bisogno di ritornare a lavorare con Il Branco: Alan doveva avere la sua chiusura del cerchio, doveva allinearsi con gli altri, doveva trovare una donna e spezzare il ciclo vorticoso che puntualmente lo spingeva a rovinare la sua vita e (ancora peggio) quella degli altri. Per la prima volta allora il protagonista è lui e lui soltanto, per la prima volta non c'è alcun matrimonio in arrivo, bensì un funerale (quello del padre di Alan), e per la prima volta i protagonisti saranno perfettamente coscienti delle loro intollerabili e criminali azioni.
Questi paletti mettono "Una Notte da Leoni 3" in una pista definita, non gli lasciano piena libertà di sfogo e lo costringono a trovare idee esilaranti in quei piccoli spazi da cui non può e non deve assolutamente uscire. Fortuna vuole che la pellicola riesce a non deludere - almeno in parte - le aspettative, a coinvolgere e ad intrattenere pur non avendo colpi in canna a sorpresa come gli era capitato in passato. Alan e la pazzia di Mr. Chao bastano a strappare quel paio di situazioni inverosimili, e la dose di amicizia che si respira costante sia dentro che fuori dallo schermo è sufficiente a sistemare il resto.
La missione di Phillips riesce perciò, forse, meglio di quanto lui si aspettasse. La sceneggiatura tiene benissimo non mollando mai la presa, il ritorno alla maledettissima Las Vegas diventa destino impeccabile per inserire il punto definitivo, e il rientro di moltissime, piccole partecipazioni non fa altro che migliorare l’appeal di una festa dal finale non commovente - come alcuni si immaginavano - ma decisamente memorabile. Il gruppetto di insospettabili casinari ottiene così quello che meritava e lo ottiene addirittura due volte: questo perché il prezioso amico in comune Todd non è riuscito ad accontentare solo se stesso, ha sentito il bisogno di rispettare anche quella fetta di affezionati che gli ha permesso di unirsi lentamente, e nel tempo, ad un branco di cui, metaforicamente ormai, rimane parte integrante e sostanziale.
Lui come noi, noi come tutti.
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