Che sia la musica folk l'anima di "A Proposito di Davis" non è una fortuita coincidenza. Non lo è perché la sua melodia, povera e allo stesso tempo ipnotizzante, si mescola alla perfezione con l'essenzialità e l'evaporazione di una pellicola che, senza troppe sorprese, pare improvvisare il suo cammino tendendo a non rispondere a tutte le domande che però non si limita a porre.
Lo sappiamo tuttavia, i Coen preferiscono poggiarsi sull'arrovellamento, tendenzialmente lo fanno per sadismo verso lo spettatore ma spesso anche per condividere interrogativi ai quali neppure loro sono in grado di dare risposte esaustive e, portandoli a galla, confidano in una messa a fuoco maggiore, magari favorita proprio dall'impossibilità di farli cadere nuovamente a fondo. Allora rieccoli a parlare di vita, anzi, di futuro, pianificazione e percorsi, con la parabola di un cantate folk, appunto, condannato a mordersi la coda come un gatto (e uno se lo porta anche dietro) da quando il suicidio del suo partner lo ha costretto a reinventarsi solista ma meno affermato, quindi spiantato. La vita di Davis è come un loop, come un ritornello, che a sentirlo la prima volta è apprezzabile ma che a forza di ribadirsi comincia a diventare stancante, triste, quasi insopportabile. Ed è così persino per la sceneggiatura che lo definisce, la quale, nel caso specifico, appare esattamente in sincrono con il discorso che il discografico di Chicago fa all'attore Oscar Isaac alla fine del suo lungo, paradossale viaggio avvenuto tra compagni sconosciuti e autostop.
"A Proposito di Davis" infatti - come il suo protagonista - ha talento, seduce, eppure non ha la tempra e la determinazione di conquistare in assoluto. La fotografia essenziale, color ghiaccio, le canzoni malinconiche e un personaggio a suo modo perdente (che ha deciso di inseguire la sua passione anziché la carriera sicura del padre), complice e vittima di un destino che a quanto pare non vuole smetterla di farlo muovere pur stando fermo, sono senza alcun dubbio estetiche, tematiche e verità attuali, che ai fratelli Coen attirano e difficilmente sfuggono, come non sfugge la caratterizzazione di comparse dalla personalità fumettistica, umoristica e surreale. Nonostante ciò, rispetto alle loro opere passate, in questa pellicola si respira un'aria dal sapore diverso, una sorta di coinvolgimento emotivo che impedisce loro di (mal)trattare il protagonista di turno come di solito, bloccandolo al nido forse più per incapacità di volerlo vedere volar via che per malvagità oggettiva.
Lo sappiamo tuttavia, i Coen preferiscono poggiarsi sull'arrovellamento, tendenzialmente lo fanno per sadismo verso lo spettatore ma spesso anche per condividere interrogativi ai quali neppure loro sono in grado di dare risposte esaustive e, portandoli a galla, confidano in una messa a fuoco maggiore, magari favorita proprio dall'impossibilità di farli cadere nuovamente a fondo. Allora rieccoli a parlare di vita, anzi, di futuro, pianificazione e percorsi, con la parabola di un cantate folk, appunto, condannato a mordersi la coda come un gatto (e uno se lo porta anche dietro) da quando il suicidio del suo partner lo ha costretto a reinventarsi solista ma meno affermato, quindi spiantato. La vita di Davis è come un loop, come un ritornello, che a sentirlo la prima volta è apprezzabile ma che a forza di ribadirsi comincia a diventare stancante, triste, quasi insopportabile. Ed è così persino per la sceneggiatura che lo definisce, la quale, nel caso specifico, appare esattamente in sincrono con il discorso che il discografico di Chicago fa all'attore Oscar Isaac alla fine del suo lungo, paradossale viaggio avvenuto tra compagni sconosciuti e autostop.
"A Proposito di Davis" infatti - come il suo protagonista - ha talento, seduce, eppure non ha la tempra e la determinazione di conquistare in assoluto. La fotografia essenziale, color ghiaccio, le canzoni malinconiche e un personaggio a suo modo perdente (che ha deciso di inseguire la sua passione anziché la carriera sicura del padre), complice e vittima di un destino che a quanto pare non vuole smetterla di farlo muovere pur stando fermo, sono senza alcun dubbio estetiche, tematiche e verità attuali, che ai fratelli Coen attirano e difficilmente sfuggono, come non sfugge la caratterizzazione di comparse dalla personalità fumettistica, umoristica e surreale. Nonostante ciò, rispetto alle loro opere passate, in questa pellicola si respira un'aria dal sapore diverso, una sorta di coinvolgimento emotivo che impedisce loro di (mal)trattare il protagonista di turno come di solito, bloccandolo al nido forse più per incapacità di volerlo vedere volar via che per malvagità oggettiva.
Sta di fatto che, in più di un occasione, "A Proposito di Davis" conquista pienamente, rapisce, coinvolge e trascina con dialoghi e canzoni accattivanti ed intense. Ogni tanto si lascia andare ad assoli un po' troppo lunghi, che si fanno apprezzare ma poi distraggono dalla densità del testo che, diciamolo, pur non essendo molto commerciale e dinamico, non dispiace affatto.
Trailer:
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