Kingsman: Secret Service - La Conferenza Stampa Romana


Nella mattinata di ieri Inglorious Cinephiles ha avuto il piacere di incontrare Colin Firth, Taron Egerton e i Take-That, in visita a Roma per promuovere "Kingsman: Secret Service", il nuovo film di Matthew Vaughn (assente), del quale vi avevamo parlato approfonditamente qualche giorno fa (qui la recensione).
Di seguito il resoconto della conferenza stampa.

Colin Firth ha mai sognato da piccolo di essere una spia, come James Bond?
Colin Firth: Si, da ragazzino sognavo di fare l'agente segreto, anche se non credo che sarei stato un granché. Ma chi è che da bambino non fantastica di avere missioni segrete da svolgere, magari con super poteri? E poi faccio parte di una generazione cresciuta con John Steed, Harry Palmer e varie incarnazioni di Bond. Per cui...

Durante il film, più volte i personaggi ripetono: questo non è quel tipo di film. In due parole, per voi, che tipo di film è questo?
CF: Un film di Matthew Vaughn! No a parte gli scherzi, direi che è un film di James Bond, in stile Roger Moore, ambientato nel 2015. Ha molte qualità che condivide con quel genere di film: c'è l'aspetto cinematografico, quello teatrale, quello comico e ricorda quel tipo di spy-story che manca da un po' di tempo.

La richiesta spontanea del sesso anale da parte della principessa svedese inserita nel film ma non presente nel fumetto, come è nata e come è stata assorbita dalle vostre mogli, figlie o fidanzate?
CF: Essendo assente il regista a questa domanda credo non si possa rispondere. Io non posso commentare, ma posso dire che la mia presenza da quella scena è stata deliberata. E non ho alcun punto di vista a riguardo...ancora!

In un mondo così insicuro, pericoloso, instabile come quello che viviamo oggi possono esistere delle organizzazioni di spie come quella Kingsman?
CF: Credo che una storia come questa, con le sue convenzioni, possa esistere esclusivamente nel mondo della fantasia. Fa riferimento al mito, oltre a quella realtà accentuata di Bond troviamo persino l'elemento di Artù e della Tavola Rotonda. Quindi per me è solamente una favola e non credo che un organizzazione nel genere possa esistere, anche perché se esistesse sarei spaventato a morte. In un mondo in cui la distinzione fra bene e male è chiara e precisa come può essere nel film può funzionare, in un mondo reale credo che non abbia luogo.

Considerato il regista e considerata la presa del film sulle scene di combattimento accompagnate dalla musica, vi sentite più delle spie o più dei personaggi di "Kick-Ass"?
Taron Egerton: Non credo che questo film abbia intenzione di essere naturalistico, come neanche realistico. E' qualcosa di iper-stilizzato, un qualcosa di estremamente teatrale, anche le scene di combattimento sono qualcosa di impossibile, nella realtà non potrebbe mai realizzarsi nulla di ciò che viene messo in mostra in quelle scene, perché è qualcosa che va oltre l'umano. Ci sono forse dei riferimenti, oltre magari a James Bond, qualcosa di estremamente colorato, giocoso, gioioso. 
CF: Secondo me non attinge alla realtà, ma da altri film. Punti di riferimento culturali con i quali si gioca, un qualcosa che esiste nella fantasia. 

Come si sono sentiti i Take-That quando sono stati chiamati per partecipare al film e soprattutto come avete deciso di approcciarlo per realizzare poi il prodotto finale?
Take-That: Questa è la nostra terza collaborazione con MatthewVaughn. Lui ci ha chiamato a vedere una prima proiezione del film, molto preliminare, dove la computer grafica ancora non era presente e c'erano solo accenni fatti a matita. A noi comunque è servito per capire il ritmo del film, la velocità di montaggio e capire qual era l'intenzione della pellicola. Così tre giorni dopo abbiamo ricontattato Matthew, gli abbiamo fatto sentire il nostro brano e lui ci ha detto: perfetto, questo lo utilizzerò per i titoli di coda. E' stata una collaborazione che ci ha divertiti tantissimo.

In questo film c'è un elemento di riflessione contemporanea, quello di restare sempre connessi e in comunicazione. Voi che rapporto avete con questa tecnologia, vi fa orrore o vi affascina?
TE: Assolutamente io credo sia qualcosa che faccia paura. Ne sono diventato ancor più cosciente dopo aver fatto il film, perché adesso sono su Twitter in continuazione, sono diventato un twittatore. Sono arrivato a pensare con terrore di essere diventato dipendente dalla tecnologia. E credo che da un punto di vista legislativo questo settore sia ancora molto poco regolato.
CF: Io non sono su Twitter, non so cosa sia, non so cosa sia un hashtag e ne prendo abbondantemente le distanze. Sicuramente i social media oggi hanno un potere enorme, estremo, e come tutte le cose con tale potere possono evolversi in bene oppure in male. La cosa fa spavento perché ho la sensazione che in un certo senso dettino le condizioni dei nostri rapporti. Allo stesso tempo però rappresentano delle possibilità positive perché sono uno strumento politico estremamente utile, che può consentire maggior democrazia, la possibilità per tutti di partecipare e creare. Solo che poi quando mi guardo intorno, vedo solo gente che fotografa a tavola o che si fa selfie di continuo. Sta diventando sempre più difficile vederli con la testa lontano dallo schermo.
T-T: Noi siamo tutti su Twitter, e io lo trovo uno strumento molto divertente, un modo geniale per capire cosa fanno le persone, per imparare. Sono d'accordo con Taron e Colin, è comunque un settore nuovo e ci saranno delle problematiche, ma per esempio io con mio figlio di quattordici anni comunico tramite WhatsApp. La cena è pronta, glie lo dico con WhatsApp. E' un mondo molto divertente quello dei social media, abitato da gente molto divertente, ma anche da gente molto crudele.

C'è una scena nel film in cui Colin stermina dei fedeli in una chiesa. Ad alcuni ha fatto venire in mente i recenti fatti accaduti alla redazione di Charlie Hebdo. Voi cosa ne pensate?
CF: Io non vedo questa connessione. Credo possa suonare evasivo affermare che il film è pura fantasia, che nulla ha a che vedere con la realtà, perché comunque ogni cosa attinge da qualcos'altro. E ogni volta che si guarda qualcosa, ognuno è libero di poterci vedere quello che vuole sulla base della sua esperienze. Oggi magari quella scena a qualcuno può far venire in mente i recenti fatti, ma va detto che la pellicola è stata girata più di un anno fa.
TE: Ci sono sempre degli elementi politici e sociali, in qualunque situazione. Ma questo è un film dove le due categorie buoni e cattivi sono molto ben distinte, senza alcuna sfumatura. Per cui non credo sia corretto tracciare un parallelo tra realtà e film.

Una caratteristica del personaggio di Colin Firth è quella di non perdere mai la calma, una qualità che capita spesso ai personaggi che interpreta. Per cui volevo sapere da lui se nella vita reale c'era qualcosa che gli faceva perdere la calma, in particolare magari l'attuale stagione sportiva dell'Arsenal, per cui tifa, e della Roma, per cui simpatizza.
CF: Diciamo che le performance dell'Arsenal degli ultimi anni hanno contribuito parecchio a farmi perdere la compostezza. Apparentemente sono una persona molto tranquilla, ordinata, paziente ma in realtà non è così, ogni tanto perdo anche io la calma. E una delle gioie di fare il mio lavoro è proprio che mi consente di tirare fuori e di esprimere determinati aspetti: a volte interpreto uomini che mi piacerebbe essere, a volte uomini che sono felice di non essere. Poi quest'idea della compostezza legata ai britannici io credo che non corrisponda proprio alla realtà, e ve ne accorgereste soprattutto se andaste a guardare una partita di calcio in Inghilterra o se partecipaste ad un concerto dei Take-That. E' più un mito, diciamo. Ah, e sulla Roma, no...no, lasciamo perdere.

Nel film esiste un rapporto tra classi che lega molto i Kingsman alla House of Lords inglese, enfatizzando il paragone come se quello fosse un modello molto positivo e da seguire. Voi cosa ne pensate?
CF: In effetti c'è la possibilità di una cosa del genere, ma va considerato che in questo film tutti questi elementi, bene, male, nobiltà e follia, sono rappresentati a larghi tratti, privi di sfumature. Per cui decostruendo la pellicola ci si accorge di quanti paradossi in realtà poi ne facciano parte. Per esempio io non considero la House of Lords un istituzione particolarmente importante, ma sono rimasto stupito quando si sono espressi contro la pena di morte, quindi anche li esistono delle contraddizioni. 
TE: Anche Michael Caine, nel suo personaggio arcaico che cerca di mantenere lontano questo ragazzo plebeo, alla fine lo vediamo perdere la rigidità e mostrare le sue origini.

Un protagonista importante del film sono anche le scene di lotta. Come vi siete preparati per affrontarle, sono state più importanti le lezioni di lotta o di danza?
CF: Quelle di danza! Per me è stato estremamente pesante e doloroso. Per Taron forse ancora di più perché è stato scelto più avanti nel corso delle riprese e quindi ha dovuto recuperare. Io mi sono dovuto allenare sei mesi, tre ore al giorno con circa dieci persone che mi seguivano. E questo anche mentre lavoravo con Woody Allen. Mi dovevo alzare prima la mattina, mi punivano sottoponendomi a questi intensi allenamenti e poi dopo andavo da Woody e fingevo di essere questo spensierato uomo senza problemi. Un allenamento che peraltro nella vita reale non mi è stato di nessuno aiuto perché se qualcuno volesse fare a botte con me l'unica cosa che potrei fare è mettermi a ballare.
TE: Per me è stato duro, anche perché quando Matthew mi ha assegnato la parte mi ha detto: il ruolo lo puoi fare solamente ad una condizione che ti alleni duramente e raggiungi le condizioni fisiche adatte per eseguire le azioni previste. Quindi mi sono allenato intensamente, anche durante il corso delle riprese, la mattina mi alzavo prima, andavo in palestra, facevo l'allenamento e tante volte è capitato anche di allenarmi la sera. Mi ricordo un giorno con Colin, eravamo con i nostri allenatori nello studio in cui provavamo, e ad un certo punto mi è stato chiesto di arrampicarmi su una corda. Io ho detto: scordatevelo, neanche da ragazzino sono mai riuscito a farlo! Così mi è stato risposto: non ci pensare, vai e usa anche i piedi se necessario. Allora mi sono avvicinato alla corda e senza accorgermene mi sono trovato su in cima. E' stato qualcosa che oggi non sarei in grado di rifare.

Commenti