Ant-Man - La Recensione

Di Edgar Wright si intravedono alcune reminiscenze, bozze, appuntate per essere poi approfondite ed ampliate, se solo il "sistema", almeno, glie lo avesse permesso.
Va da sé, quindi che il più grande errore di "Ant-Man", oltre a quello di non aver lasciato carta bianca a Wright, assecondandolo in tutto e per tutto, sia quello di non aver archiviato e riscritto completamente lo script dopo l'entrata al timone di Peyton Reed, un regista sicuramente più malleabile, ma con poca, decisamente pochissima, personalità.

Quello che è stato quindi un diverbio di pre-produzione, anziché passare alle spalle, mette le radici e cammina come una formica per l'intero tratto della pellicola. Un continuo andare a cercare di svolgere il lavoro di qualcun altro, con il tentativo di farlo sembrare il più possibile uguale a come sarebbe stato se quell'altro l'avesse svolto in prima persona (ovviamente assumendo il controllo laddove prima c'era opposizione). Un compito estremo e scarsamente remunerativo, persino più complicato di quello che dovrebbe rendere un super-eroe ristretto e minuscolo, all'altezza degli imponenti e mitici Avengers. Eppure, guarda un po', la simpatia per entrare nelle grazie degli spettatori a Paul Rudd non manca, seppur più ricercata e meno a schiaffo di quella, per esempio, esercitata da Robert Downey Jr. con Tony Stark. Peccato venga messa al servizio di un racconto la cui spina dorsale sembra sia eretta a fatica, costantemente al limite tra equilibrio precario e crollo totale, manovrata con apprensione e annodata, nel terzo atto, a quella che pare a tutti gli effetti una riproposizione del primo "Iron-Man" con sfumature annesse.
Vedere per l'ennesima volta una pellicola Marvel terminare allora con un finale di seconda mano, speculare a quanto già visto, e neppure troppo apprezzato, è una scelta a dir poco scadente e incomprensibile, considerato poi che a detta di Joss Whedon, le idee pensate da Wright per "il suo" "Ant-Man" erano talmente interessanti da poterlo lanciare come miglior progetto mai realizzato su un cine-comic.

A Reed perciò gli si può concedere unicamente il contentino di aver salvato al meglio la baracca, di aver evitato il disastro, portando a casa tuttavia una pellicola che pur essendo discreta ha quel sapore di né carne, né pesce che non accontenta nessuno e non fa né vincitori, né vinti.
Ma come detto delle reminiscenze di ciò che poteva essere e non è stato in "Ant-Man" ci sono, rappresentate da quei geni, mantenuti e coltivati, con la pretesa di modellarli e di adattarli a qualcosa a loro fermamente discorde. Si percepisce, dunque, il taglio e l'atmosfera di un'opera distantissima dalle solite riconducibili ai super-eroi, appartenente al genere della commedia e divertente più di quanto, al contrario, sappia essere esaltante negli spaccati dedicati ai combattimenti e alle scene d'azione. Un concetto rivoluzionario accettato moderatamente e poi respinto nella sua versione definitiva, probabilmente perché nettamente in contrasto con quei calcoli standard a cui difficilmente è concesso di farsi da parte, rischiando. Un concetto, insomma, forse troppo british, dannoso alla politica autoritaria e spietata delle major, che sebbene in questo caso siano state meno severe, non hanno esitato a tenere duro il pugno e moderare i rischi.

Da queste parti, però, della politica delle major ci interessa poco, mentre enorme attrazione ci piace avere verso i concetti british e rivoluzionari in generale. Per cui a noi dispiace significativamente che l'"Ant-Man" di Wright non abbia visto luce, dispiace così tanto da fantasticare in qualche ribaltamento inaspettato che possa convogliare in una pace estrema e in una versione 2.0 (il sequel?) della sua creatura, magari in futuro.
Un futuro, speriamo, dove politiche e calcoli non avranno più la meglio sugli azzardi e dove noi potremmo godere di film non parzialmente ricalcati, ma bensì nuovi di zecca.
E se dovessero essere lo stesso né carne, né pesce beh, pazienza.

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