I Magnifici 7 - La Recensione

I Magnifici Sette Antoine Fuqua
Cambia poco, Antoine Fuqua, de “I Magnifici Sette” che furono.
A grandi linee siamo sempre lì intorno: con dei poveri contadini minacciati da un bandito e la sua banda - che con la forza vuole estirpargli non più i loro frutti, ma l’intera terra - alla ricerca di un aiuto in grado di schierarsi tra le loro fila ed evitare di dargliela vinta. Saranno sette uomini, alla fine, ad accettare l’incarico, sette anime solitarie, attratte dal denaro e dal riscatto personale, unite temporaneamente dall'obiettivo comune di salvare sia la cittadina in pericolo che loro stessi.

Peccato, però, che con quel poco che tocca Fuqua non faccia altro che complicarsi la vita: guastando un western dall'epicità e dal divertimento assicurati con un’impronta personale che, probabilmente, non si adatta molto al genere e manca di restituire piccole o grandi vette allo stesso modo di bassi o alti entusiasmi. Principalmente è un problema di personaggi, di caratterizzazione. La bidimensionalità infatti è praticamente una regola e nessuno dei sette magnifici, né tantomeno il solo cattivissimo, riesce a far breccia nel cuore dello spettatore spingendolo a schierarsi e ad essere coinvolto nella causa. Appare un po’ robotica allora questa nuova versione de “I Magnifici 7”, pregna della contaminazione moderna che ne giustificava la rivisitazione, ma non di quell'equilibrio necessario capace di renderlo a tutti gli effetti un film denso e compiuto. Si sente la difficoltà registica di riuscire a dare uno spazio equo e organizzato al cast di stelle chiamato al rapporto, un lavoro su larga scala, complicato, che a Fuqua non riesce affatto e che lo porta, inevitabilmente, fuori dai binari, immaginando di potersela cavare con il solo uso di quel tipo di scenette in cui ad emergere sono la bravura e la scaltrezza del pistolero e gli occhiolini e le faccette furbe degli attori.

I Magnifici Sette Antoine Fuqua
Nessuno si aspettava o gli chiedeva di compiere chissà quale miracolo, sia chiaro. Che “I Magnifici 7” dovesse essere una pellicola d’intrattenimento purissima, staccata anni luce dalla versione originale del 1960, era e doveva essere certo a chiunque. Tuttavia ci si auspicava decisamente qualcosina di più, uno spettacolo incalzante dove il cinema muscoloso di Fuqua trovasse il metodo di amalgamarsi alla cadenza felpata del western, per esempio, tirando fuori un ibrido, magari imperfetto, ma comunque intrigante e soddisfacente. Invece nelle due ore abbondanti di visione - sebbene, va detto, che non ci si annoi mai sul serio - la sensazione è che questa fusione tanto attesa non sia neppure stata tentata, come se una negoziazione fallita sul nascere, per problemi diplomatici, abbia impedito ai due mondi di incontrarsi e di trovare un accordo, ostacolando così a quello show scoppiettante, che noi pregustavamo sin dall'inizio, di andare in onda e di spaccare di brutto.

Il risultato, dunque, è piuttosto deficitario, scialbo: con un cast di livello all'incirca sprecato, che deve accontentarsi di cavarsela trastullandosi con i soliti stereotipi da manuale. Né singolarmente, né unito riesce a compiere il miracolo di mettere una pezza ai grandi vuoti seminati dal suo regista, ma di questo, del resto, non bisogna neppure fargli colpa, perché per rovesciare in favore una situazione del genere sarebbe servito il supporto di qualcuno di particolarmente speciale.
Di Sette Magnifici in tutto e per tutto, magari, e non solo a chiacchiere.

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