A piccoli passi la Disney si sta modernizzando. Anzi, a dire il vero modernizzata la Disney già lo era da un pezzo, ma l’obiettivo a quanto pare ora è quello di stare al passo. Coi tempi che corrono, ovviamente. L’unico modo per fare ciò allora è quello di lavorare sulla figura della donna, estenderla, rivalutarla, svestirla dai panni della damigella in pericolo e permettergli di salire in cattedra al pari se non al di sopra dell’uomo: anche lui, di conseguenza, rivalutato e ridimensionato a sua volta.
Se in “Frozen: Il Regno Di Ghiaccio” dunque eravamo arrivati ad avere due protagoniste emancipate, forti, che all'uomo non pensavano o lo andavano a cercare più che altro per convenzione, senza sapere nel profondo di poterne fare volentieri a meno, con “Oceania” la situazione passa ad un livello addirittura superiore: con il ruolo del maschio rilegato a stereotipo burbero, illuso di stare al potere, oppure ad eroe obsoleto, incapace di risolvere i problemi tutto da solo. Sono le donne a comandare adesso, insomma, a dettare le regole e a non rispettarle; sempre loro a dire la cosa giusta, a fungere da guida (spirituale) e da complice, a risolvere le grane pericolose (provocate sempre dall’uomo) e a combattere faccia a faccia contro i peggiori nemici. Nonostante infatti il semi-Dio incaricato di riportare l’equilibrio nella natura sia il muscolosissimo e magico Maui (perché anche responsabile dell’attuale disequilibrio), spetta alla piccola e determinata protagonista Vaiana assumere il ruolo di eroina e speranza per il suo popolo, tocca a lei rimboccarsi le maniche, superare ogni inesperienza, paura e tentare di portare a termine una missione impossibile e pericolosa: andando a mettere puntualmente la pezza decisiva laddove il suo compagno (forzato) di viaggio continua a risultare approssimativo o inconcludente. Una rivoluzione impensabile e netta quindi quella compiuta dal 56esimo classico d’animazione Disney, il quale abbandona Principi e Principesse, amore e romanticismo e soprattutto quella battaglia - a quanto pare finita e con un vincitore - che negli ultimi anni aveva visto la donna salire lentamente verso la cima proprio per conquistare quei pari diritti oggi dominati e messi in pratica.
Una ristrutturazione che svecchia senza dissipare minimamente qualità o tradizione, mantenendo quindi salda e forse addirittura più forte quella formula eccezionale composta da storie avvincenti, elementi fantastici e canzoni trascinanti capaci di emozionare e commuovere un pubblico senza età e instancabilmente affezionato. Del resto la Disney alla tradizione tiene eccome, e lo dimostra in “Oceania” ponendola al centro del viaggio dei due protagonisti, che ha come obiettivo ultimo quello di riportare il popolo da cui provengono a riprendere confidenza con le antiche abitudini da esploratori che l’ostilità dell’Oceano li ha costretti a metter da parte per punizione a seguito del comportamento scorretto esibito da Maui. Una frattura che per essere ricomposta avrà bisogno non più della violenza e dell’abilità fisica testosteronica appartenente al passato, ma della diplomazia e del buon senso tipico dell’universo femminile, a quanto pare maggiormente idoneo a difendere l’equilibrio così come a creare la vita, a nutrirla e a proteggerla.
Diventa quasi un crocevia, così, la realizzazione di questo “Oceania”, la sterzata definitiva verso nuovi orizzonti destinati a catapultarci alla volta di inediti nonché stimolanti passi in avanti. Perché se siamo arrivati alla battuta “Non sono una principessa. Io sono la figlia del capo!” è molto facile che in futuro la (non) principessa diventi capo a tutti gli effetti, per combattere, magari, ad armi pari al fianco di quel principe azzurro che, per forza di cose, dovrà smetterla di andare in giro a cavallo, mettersi in ghingheri e credersi indispensabile per il raggiungimento del lieto fine.
Ma come sempre, ogni cosa, a piccoli passi.
Ma come sempre, ogni cosa, a piccoli passi.
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