Ne “La Grande Scommessa” ci aveva spiegato per filo e per segno come eravamo arrivati alla crisi finanziaria del 2008: lo faceva in una modalità particolare, simile a quella che alcuni libri denominano for dummies, ma in quel caso era normale, vista la complessità della materia. Ora, con “Vice: L’Uomo Nell’Ombra”, Adam McKay ci riprova, ricostruendo il più fedelmente possibile – in base al materiale ricavato – una delle figure più misteriose e imperscrutabili della politica americana: quel Dick Cheney che amava agire sempre dietro le quinte, da non protagonista, eppure responsabile - attraverso la vicepresidenza ottenuta nell'era George W. Bush - dell’evoluzione della politica degli ultimi decenni, non solo americana.
Lo stile è quello, insomma, meno for dummies – perché stavolta non ci sono mutui subprime da decriptare – ma sempre pungente e goliardico. Un’arma vincente, capace di risaltare il background e le intuizioni di McKay, così come di alleggerire un’esposizione che, altrimenti, presa troppo sul serio, avrebbe rischiato di farsi appetibile solo per coloro già inoltrati e sedotti dalla politica. Del resto parliamo di un personaggio che ha iniziato la sua formazione durante il governo Nixon; del più giovane in assoluto ad aver ricevuto l’incarico di Capo di Gabinetto alla Casa Bianca; di un talento naturale della categoria, ammaliato dal potere e quindi abbastanza sveglio e sfrontato da comprenderne funzionamento, declinazioni e migliore applicazione possibile. Un uomo paziente, prima di tutto, che non a caso viene mostrato - durante pause per nulla scontate - alle prese con la sua passione per la pesca a mosca: pratica in cui la regola fondamentale per far si che il pesce abbocchi è proprio quella di non avere fretta, tirando l’amo al momento giusto. Un concetto che Cheney ha fatto suo anche (e specialmente) sul lavoro, preferendo la panchina, a volte, piuttosto che accontentarsi delle briciole o rischiare di macchiare il suo curriculum con professioni che riteneva operativamente ininfluenti.
Come la carica da vicepresidente degli Stati Uniti offertagli da Bush: inizialmente declinata, ma poi accettata non appena messo a fuoco lo spessore della trota e le gigantesche opportunità concepibili sul menù.
Lo stile è quello, insomma, meno for dummies – perché stavolta non ci sono mutui subprime da decriptare – ma sempre pungente e goliardico. Un’arma vincente, capace di risaltare il background e le intuizioni di McKay, così come di alleggerire un’esposizione che, altrimenti, presa troppo sul serio, avrebbe rischiato di farsi appetibile solo per coloro già inoltrati e sedotti dalla politica. Del resto parliamo di un personaggio che ha iniziato la sua formazione durante il governo Nixon; del più giovane in assoluto ad aver ricevuto l’incarico di Capo di Gabinetto alla Casa Bianca; di un talento naturale della categoria, ammaliato dal potere e quindi abbastanza sveglio e sfrontato da comprenderne funzionamento, declinazioni e migliore applicazione possibile. Un uomo paziente, prima di tutto, che non a caso viene mostrato - durante pause per nulla scontate - alle prese con la sua passione per la pesca a mosca: pratica in cui la regola fondamentale per far si che il pesce abbocchi è proprio quella di non avere fretta, tirando l’amo al momento giusto. Un concetto che Cheney ha fatto suo anche (e specialmente) sul lavoro, preferendo la panchina, a volte, piuttosto che accontentarsi delle briciole o rischiare di macchiare il suo curriculum con professioni che riteneva operativamente ininfluenti.
Come la carica da vicepresidente degli Stati Uniti offertagli da Bush: inizialmente declinata, ma poi accettata non appena messo a fuoco lo spessore della trota e le gigantesche opportunità concepibili sul menù.

La conta delle ossa rotte (o frantumate), dei danni irreversibili e delle conseguenze che, ancora oggi, non abbiamo smesso di pagare (tutti), è scontata, allora. In un terzo atto dolce-amarissimo che si fa cronaca seria e preoccupante di eventi - dall’11 Settembre, all’assurda nascita dell’ISIS, passando per le Guerre in Iraq e in Afghanistan - attraverso i quali tirare tristissime somme indotte da un cinico, arrogante e insensibile burattinaio che - come evidenzia l'intervista di chiusura - la notte riesce a dormire, comunque, molto meglio di tutti noi messi assieme.
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