[Belli e (im)Possibili] La Disparition Des Lucioles - La Recensione

La Disparition Des Luciole Pilote
Le lucciole, nella pellicola di Sébastien Pilote, sono creature sacre, magiche.
Termini coi quali, in verità, non vengono mai descritte esplicitamente, ma che la loro esistenza sia legata all'armonia, alla bellezza e alla vita, si capisce quando, a un certo punto, il patrigno della giovane protagonista Léo – conduttore radiofonico populista, di grande successo – commenta la loro leggendaria sparizione, polemizzando su un progresso industriale e tecnologico che di certo non può essere fermato solo per far contenta la sensibilità di insetti così marginali (chissà come gli avrebbe risposto Pasolini).

Tuttavia – e a dispetto del titolo – non parla di loro “La Disparition Des Lucioles”, non direttamente, almeno. La storia infatti è quella di una teenager, prossima al diploma, che sta vivendo un momento di ribellione piuttosto particolare e frustrante. I genitori si sono lasciati e la madre ha intrapreso una relazione con un uomo che la ragazza odia profondamente, soprattutto per via della responsabilità che lo lega all'allontanamento del suo padre biologico, costretto a trasferirsi lontanissimo per rialzare la testa dopo il fallimento (e lo smantellamento) della fabbrica in cui lavorava. Una fase paragonabile a quel famoso “Odio Tutti” che negli ultimi anni è entrato talmente in voga nel linguaggio giovanile, da apparire persino su t-shirt e sulle cover dei cellulari. Il problema è che Léo non manifesta tale emozione per seguire un flusso o per pura provocazione, nel suo modo scorbutico di porsi e di sfuggire ad amici e parenti (e genitori) sono nascoste una serie di ferite, delusioni e vuoti che lei per prima preferisce fare implodere dentro sé stessa, piuttosto che lasciare andare. Un senso di disordine e d’incompiutezza che proverà a sistemare attraverso le fatiche di un lavoro estivo e delle lezioni di chitarra impartite da un uomo molto più grande di lei, con il quale andrà a instaurare un rapporto di amicizia e di condivisione (mai sessuale) piuttosto stretto.

La Disparition Des Luciole PiloteSiamo in pieno coming of age, allora, con Pilote che mette subito le cose in chiaro, scavalcando gli archetipi del genere per prendere una strada tutta personale, capace di ridare freschezza laddove, ultimamente, si stava annidando prevedibilità. Anticipare le mosse, gli sviluppi e le splendide sfumature (dei personaggi e di trama) di “La Disparition Des Lucioles”, non a caso, è un’operazione pressoché ineseguibile, tanta è la libertà, la destrezza e il brio con il quale ci si va a muovere. Basti pensare alla scena in (quasi) apertura con Léo che sale su un autobus per sfuggire alla cena in famiglia organizzata per il suo compleanno, con quella musica di sottofondo potentissima, dalle tonalità incantante, che quasi suggerisce l’entrata in un mondo fantastico che, in realtà, mai vedremo. Perché l’unico mondo con cui dobbiamo fare i conti – e con cui Léo deve imparare a fare i conti – è quello che già conosciamo: abitato da una società capitalista, perbenista e ipocrita che non sa più cosa siano il valore e il rispetto e dove pensare al futuro è, ormai, un riflesso incondizionato rimasto solo agli adulti, visto che ai giovani – a corto di prospettive, sogni e affetti – non resta che guardare ad esso come a un tempo sin troppo distante per suscitare preoccupazioni nel presente.

La salita che dovrà affrontare Léo, perciò, sarà non lasciarsi schiacciare da tutto questo; accettare il fatto che non esistono gli stinchi di santo (nonostante, a volte, è faticoso ammetterlo) e che la rabbia – anche se giustificata – non deve assolutamente diventare alibi di chiusura o sentimento facile da scagliare. Solo così la sua luce potrà tornare a riaccendersi, solo così la lucciola che è in lei sarà in grado di salvarsi: salendo su un autobus, magari, che stavolta non starà lì a rappresentare una via di fuga, ma la corsa verso qualcosa che, forse, è vicino a un lontanissimo futuro.

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