Babylon - La Recensione

Babylon Poster

Dedicato ai folli e ai sognatori.
C’era questa didascalia ad arricchire il poster di “La La Land”.
Parole che potremmo tranquillamente prendere e appiccicare anche sul poster di “Babylon”, con la sola conseguenza che, a fine proiezione, ci accorgeremmo che il significato delle stesse è leggermente cambiato, risultando, ora, un po’ meno universale.
Perché, in sostanza, Chazelle continua a raccontare storie folli con al centro dei sognatori, storie di gente che ambisce a fare della propria esistenza qualcosa di superbo, di straordinario.
Lo era stato per Sebastian e Mia e, ovviamente, anche per Neil Armstrong.
Ora è il turno di Nellie, Manny e Jack.

Tre prescelti dalla Hollywood dei ruggenti anni ’20, destinati a raggiungere il (facile) successo con il cinema muto, salvo poi pagarne (care) le spese con l’avvento del sonoro. Potremmo riassumerlo così, questo “Babylon” che però cerca di approfittare del contesto e della situazione per allargare il discorso ed entrare in quel torbido che solitamente – nel nostro immaginario, almeno – tende a fare rima con potere, fama e ricchezza. Pronti, via, e siamo subito nel bel mezzo di una festa, allora, una di quelle feste sfarzose ed estreme (in stile Baz Luhrmann), dove gli invitati tendono ad eccedere e a superare ogni limite: si tratti di droga, sesso, o elefanti in lista. Feste in cui se sei divo, o aspirante tale, è importante esserci e farsi notare, perché spiraglio di fortunati incontri che potrebbero presto cambiarti la vita. Un refrain su cui Chazelle ci tiene particolarmente a mettere l’accento, riproponendolo più e più volte, probabilmente per caratterizzare i personaggi, infondere brio e far respirare una pellicola che ha paura di appesantire. Questo, sebbene i momenti migliori restino comunque quelli in cui decide di portarci dentro al set: luogo in cui può accadere che una luce bellissima non intenda aspettare l’arrivo della camera a noleggio (con annessa frustrazione del regista), o in cui Margot Robbie rischi l’esaurimento nervoso (insieme a tutta la troupe) per trovare un’intesa tra i suoi movimenti e la posizione del microfono in scena.

Babylon Chazelle

Eppure, in questa lettera d’amore (ma pure di odio), o che dir si voglia omaggio alla settima arte, la sensazione è che le ambizioni sovrastino gli intenti. Che Chazelle voglia dire, fare, e far vedere troppo, smarrendo così il senso della misura e della narrazione. Diventando didascalico e, alla fine, persino ridondante e un pizzico fastidioso. Ce ne accorgiamo, sostanzialmente, quando le premesse vengono sciolte e arriva il turno di dover indirizzare le parabole dei protagonisti. A questo punto il film comincia a perdere di ritmo, a scaricarsi velocemente, evidenziando un disordine che già esisteva, ma al quale era ancora possibile (e auspicabile) fare fronte. Gli intenti sono chiari, per carità, e forse con un approccio diverso – meno strabordante? – avrebbe avuto senso persino mantenere la durata ingiustificabile di oltre tre ore – e sarebbe risultato meno sprecato anche il dialogo essenziale e dolorosissimo che c’è tra Brad Pitt e il personaggio di Jean Smart – ma purtroppo, nel caos e nel trambusto generali, tutto finisce col mitigarsi e col confondersi come una goccia in mezzo al mare.

L’immortalità del cinema va a scontrarsi con la mortalità della star e la vanità dell’essere umano.
Il quale, di fronte al progresso, reagisce rifiutando il (suo) cambiamento, cedendo il passo e lasciandosi andare. Che, tradotto, in un mondo meschino e ipocrita come quello hollywoodiano – che Chazelle palesemente ci ricorda cosparso di merda, piscio e vomito – vuol dire prepararsi al ben servito e ad entrare nel dimenticatoio. Una sentenza che non lascia spazio neppure alla consolazione dell’amore, qui tradito dalle droghe di una ribalta che sembra sempre alla portata, ma che indossa i colori inquietanti dell’oscurità.
Gli stessi della sala cinematografica, in cui di questa brutta, sporca e cattiva industria viene filtrata (per fortuna) solamente la magia. Che continuerà a far innamorare e a meravigliare generazioni e generazioni di folli e sognatori.

Trailer:

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