Renfield - La Recensione

Renfield Poster Ita

Si intitola "Renfield" perché ad essere il protagonista, stavolta, non è il Conte Dracula, ma il suo servitore. Un uomo che, nei secoli, dopo aver goduto dell'immortalità e dei poteri donati che lo rendono all'occorrenza – mangiando insetti – straordinariamente forte e potente, sta cominciando a rendersi conto dei suoi errori e della relazione tossica in cui si è cacciato. Non è un caso, infatti, se la pellicola diretta da Chris McKay si apre con Nicholas Hoult seduto in cerchio, dentro una chiesa, insieme ad un gruppo di auto aiuto, chiamati a raccontare, a turno, le loro storie di relazioni autodistruttive, lontanamente simili alla sua. Con l'unica differenza che, rispetto a loro, lui, si trova in quel luogo non perché ha intenzione di liberarsi di chissà quale peso (non ancora, perlomeno), ma per continuare a compiere il suo dovere, diminuendo i sensi di colpa.

Mette subito le cose in chiaro, insomma, McKay: che si tratti di estetica, di toni, oppure di direzione.
Già dal prologo si capisce che la sua è una splatter- comedy capace di intrattenere lo spettatore medio, senza mancare di rispetto – non troppo, almeno – alla tradizione e all’eredità del personaggio a cui fa riferimento. Una rivisitazione in chiave comica del mito, che trova nuova linfa andando ad aggrapparsi furbescamente a una tematica delicatissima e sempre attuale. E in questo senso, ad aiutarlo a salvare capra e cavoli, ci pensa un Nicolas Cage in forma straordinaria, indomabile: palesemente a suo agio in un ruolo che non vedeva l’ora di interpretare e dentro il quale – è facile da intuire – è il primo a divertirsi e a lasciarsi andare a smorfie, faccette e tutto ciò che presto potrebbe andare a infoltire il suo già lunghissimo catalogo di meme, presente online. Sebbene a rubargli lo spazio (ma mai la scena), ci sia uno spassosissimo Hoult, ormai sempre più figlio illegittimo (e cinematografico) di Hugh Grant: e lo si nota nelle battute, nelle espressioni, nei modi di fare, nell’umorismo british con cui va ad affrontare ogni scena e situazione e che – secondo chi scrive, almeno – resta tra i più irresistibili in assoluto.

Renfield Nicolas Cage

Insieme, riescono a mettere in secondo piano e a far passare quasi inosservati i punti deboli di una narrazione non esattamente piena di guizzi e dove tutto è grossomodo prevedibile e assai scontato. Non brilla per originalità, “Renfield”, ma forse non lo fa perché non è qualcosa che gli interessa veramente fare. La sceneggiatura scritta da Ryan Ridley – e basata su un’idea del fumettista Robert Kirkman – segue degli archetipi ben definiti dai quali non intende uscire, magari proprio per non rischiare di far saltare in aria equilibri testati e consolidati. Inevitabilmente, allora, si cerca di seguire la scia del cinema mainstream più moderno, quello laccato, spettacolare, action (uno dei riferimenti, qui, con le dovute proporzioni, potrebbe essere stata la saga di “John Wick”, per esempio). Però lo si fa con una cognizione di causa e una misura che non tutti possono vantare, e che gli permette di portare a casa un prodotto onesto, in linea con quelle che erano le premesse, le promesse e le nostre aspettative.

Tutti promossi, quindi, soprattutto se ciò che si va cercando è la pretesa minima di portarsi a casa un’ora e mezza di leggerezza e di buone risate. Alle quali, personalmente, andrebbe aggiunto pure il plus di Cage che, a modo suo, rende omaggio al Dracula di Bela Lugosi.
Una chicca che, da sola, vale il senso dell’intera operazione.

Trailer:

Commenti