Napoleon - La Recensione

Napoleon Film Poster

Quando ho visto le prime foto di Joaquin Phoenix con in testa una corona di foglie d’oro, ho pensato che Ridley Scott avesse trovato il modo di far tornare Commodo ne “Il Gladiatore 2”.
Soltanto dopo, approfondendo, ho capito che quelle immagini, in realtà (e per fortuna), appartenevano al suo progetto più imminente, “Napoleon”.

Eppure, guardando questo (imponente) biopic – sarà la mia testardaggine, di sicuro – qualche reminiscenza di quel personaggio la s’intravede lo stesso. Una sorta di what if che trascende la Storia vera (seppur con licenza) e va a richiamare l’immaginario di noi spettatori, per intrecciarlo alla filmografia di Scott.
Perché per Napoleone, Phoenix, sembra aver ereditato caratterialmente alcune inclinazioni del farabutto che fu, e che noi tanto abbiamo odiato e maledetto (è insicuro, fragile, spesso inadeguato, così come animalesco e inopportuno). Se non dal punto di vista dell’estrazione sociale – lo vediamo, infatti, farsi largo nell’esercito in punta di piedi, attraverso le sue innate capacità strategiche – quantomeno sotto l’aspetto dell'inconscio e dei suoi complessi. E non è un caso se più della grandezza della pellicola e dell’ambizione con la quale intende percorrere oltre trent’anni di avvenimenti, scanditi da intrighi politici, vita di corte e battaglie – si parte in piena rivoluzione francese per finire con la morte di Napoleone all’Isola di Sant’Elena – il focus da cui si viene maggiormente rapiti è proprio quello che Scott esegue esaminando il rapporto tra il suo protagonista e l’infedele (ma astuta) Giuseppina, interpretata da Vanessa Kirby. Una relazione apparentemente classica e prevedibile, se andiamo a inquadrare il contesto, ma che assume via via una traiettoria sempre più perversa la cui piega (secondo Scott e lo sceneggiatore David Scarpa) – forzata da decisioni istituzionali – si rivelerà decisiva per il destino di entrambi (e non solo). 

Napoleon Scott

Francia, esercito e Giuseppina. 
Si chiude con queste tre parole scritte su schermo nero, “Napoleon”, e dichiarate come le ultime pronunciate da Napoleone, poco prima di morire. Un po’ come a voler porre l'accento su una trinità che, finché è rimasta legata stretta ha portato al successo e all’Impero del suo detentore, ma che poi, non appena smembrata, ha fatto sì che l’intero castello cadesse in rovina, senza possibilità di ripresa. E, forse, se fosse stato esclusivamente questo, se il racconto si fosse limitato al rapporto dipendente, tossico, ma pure affettuoso tra i due, la trazione e l’attenzione generale ne avrebbe giovato. Peccato che rinunciare alla realizzazione di un blockbuster, per Scott, non è mai stata un’opzione percorribile. Anzi, fosse stato per lui avrebbe portato al cinema direttamente la versione integrale da quattro ore (che vedremo su Apple Tv+), anziché quella (tagliata) da due e quaranta. Perché tutto quello che narrativamente – secondo chi scrive, almeno – potrebbe apparire superfluo, o magari eccessivo in termini di quantità, per un maestro come lui equivale a una maniera imprescindibile di sperimentare e trovare nuovi stimoli per (continuare) a fare cinema.
E visivamente, senza dubbio, è un qualcosa che (ci) affascina e (ci) sbalordisce (ma qui non emoziona).

Certo, è un qualcosa che può sovraccaricare e sfibrare altrettanto.
Che evidenzia dei sbilanciamenti d'interesse che non aiutano né la pellicola, né tantomeno la tenuta dello spettatore. Il quale torna a casa un tantino provato, domandandosi semmai, in un futuro prossimo, sentirà il bisogno di replicare tale esperienza (magari aumentandone la portata con lo streaming della director’s cut). E questo al di là della bellezza della messa in scena, delle interpretazioni e dell’eccellenza registica.

Trailer:

Commenti

  1. Da vedere al cinema, in questo non ho nessun dubbio. Ti consiglio, come arricchimento personale, di metterti all'ascolto del dittico fatto dal giornalista storico Sergio Valzania su Napoleone. Lo trovo pure su youtube, sono un paio fi monografie fatte per il programma Rai chiamato "Alle 8 della sera". Consigliatissimo.

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  2. Commodo e Napoleone. Anche a me viene in mente l'analogia. Però Commodo era un bastardo con la B maiuscola (Russell Crowe lo scanna nel finale tra gli applausi degli spettatori) mentre Napoleone aveva qualcosa di buono e molti di noi (io e don Lisander per primi) l'abbiamo ammirato.
    Ce la farò a sopportare 2 ore e mezza di film?

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