La terza volta (che poi sarebbe la quarta, se consideriamo anche il film inedito del 1994) è quella buona. In quanti l'avranno pensato?
Anche affidandosi esclusivamente alla legge dei grandi numeri, dico.
Cioè, alla fine uno l'azzeccheranno, prima o poi, di film sui Fantastici 4, no?
Anche affidandosi esclusivamente alla legge dei grandi numeri, dico.
Cioè, alla fine uno l'azzeccheranno, prima o poi, di film sui Fantastici 4, no?
Beh, sì, magari accadrà.
Un giorno.
Ma, purtroppo, non è questo quel giorno.
Questo è il giorno in cui, al massimo, la Marvel certifica la sua entrata in modalità struzzo, ovvero, quella che gli fa mettere la testa sotto la sabbia e fare finta che vada tutto bene, non ci siano problemi. E quindi ecco che realizza un'origin story che - come il "Superman" di Gunn - è consapevole di non potersi mettere a raccontare per l'ennesima volta, l'ennesima storia, dando per scontato ciò che, in teoria, dovremmo sapere ormai tutti quanti e concentrandosi sulla semina che poi sarà fondamentale per quel nuovo Avengers che, forse, è il titolo sul quale puntano e che, a loro, interessa maggiormente. Perché, di fatto, questo "I Fantastici 4: Gli Inizi" somiglia più a un intermezzo, a un riempimento utile a presentare ufficialmente i volti del re-casting, inserendo qualche spiegone inevitabile, ma soprattutto mettendo in luce l'importanza (cruciale?) di questo bambino - figlio di Mr. Fantastic Pedro Pascal e della Donna Invisibile Vanessa Kirby - che è stato difficile da concepire (lo scopriamo nella prima scena) e che diventa unica merce di scambio chiesta da un villain che, altrimenti, è pronto a distruggere il pianeta Terra. Un po' poco per un cine-comic, tant'è che per una buona ora si passa dalle auspicate speranze di valido intrattenimento, a una noia sostenibile a malapena che lentamente si prende (meritatamente) il centro della scena.
Non succede granché per buona parte della prima ora. Ci vengono presentati i protagonisti, le loro dinamiche, i caratteri che li contraddistinguono, ma è tutto molto scolastico, prevedibile, piatto (Mr. Fantastic usa i suoi poteri solo per scrivere sulla lavagna e la Donna Invisibile per nascondere la navicella: che monotonia). Quando si va nello spazio, la situazione non migliora, anzi, sembra di rivivere in certi momenti gli incubi visivi di "Ant-Man and the Wasp: Quantumania", con questo Galactus - il gigantesco Dio che per vivere deve mangiare pianeti - con il quale si empatizza zero e che fa rimpiangere quei bei cattivoni di una volta che sapevano essere dinamici e amalgamati alla storia, agli eventi. E che sia un titolo di secondaria importanza, questo film affidato alla regia di Matt Shakman, lo si vede pure e soprattutto dalla scrittura pigra e incoerente, che purtroppo crocifigge all'istante quei personaggi da cui - si pensava, almeno - I'MCU fosse pronto a ripartire. Su tutti, a pagarne le spese, è proprio Pascal: con un personaggio che - parole sue - non può fare a meno di immaginare scenari negativi per anticiparli e correre ai ripari (a volte esagerando con le paranoie), ma che poi non ha il minimo tentennamento a rivelare alla stampa che barattando suo figlio, la Terra sarebbe salva. Lo scenario che milioni di persone possano rivoltarsi contro di lui (e contro il suo team) al grido di "E allora daglielo!", probabilmente era troppo complicato da prevedere. Rispondere alla domanda "C'è qualcosa che possiamo fare per evitare che Galactus ci stermini?" con "No, purtroppo no! Non c'è stato margine di negoziazione!" era troppo complicato da dire per uno scienziato come lui. Meglio la verità, tanto la gente capirà (bei tempi quelli delle conferenze stampa di "Sì, io sono Iron-Man!").
Momenti assurdi sui quali è impossibile non farsi cadere le braccia, specialmente perché sono errori talmente banali e talmente evitabili, che basterebbe rileggere con attenzione lo script, per capire che l'errore che si ha davanti è al pari di un grosso buco nero e va corretto. Tant'è che da li, quella che prima era semplicemente noia, si trasforma in normale disinteresse: per la trama, i personaggi, la posta in gioco. Del resto, una delle regole di base di chi scrive sceneggiature è proprio quella di avere rispetto per lo spettatore. L'altra, è che nessun personaggio deve mai sembrare stupido, in contraddizione: questo non significa che non puoi scrivere un personaggio stupido, ma che la sua stupidità deve essere in linea con la sua personalità, il suo modo di fare, deve essere in armonia con il resto (e con quanto hai mostrato fino a quel momento). Non può fare una cosa estremamente intelligente in una scena e poi commettere un errore estremamente elementare in quella successiva.
Comunque, analisi di scrittura a parte (che andavano chiarite, perché determinanti sul giudizio), ciò che si nota di più è che questo "I Fantastici 4: Gli Inizi" non appare così superiore rispetto a chi l'ha preceduto. Si è tanto preso in giro il lavoro di Tim Story e il reboot di Josh Trank - che di certo non mi metterò qui a difendere - ma a quanto pare chi è arrivato dopo di loro e ha avuto tutto il tempo del mondo per capire, non replicare i stessi errori e usufruire di un terreno decisamente più collaudato, non è stato in grado di evitare di scivolare sulle stesse bucce di banana. Che sia preso come cine-comic, o come semplice blockbuster d'intrattenimento, infatti, il risultato è sempre quello di un lavoro mediocre, trascurabile, svogliato, che forse spera di affidare la sua riuscita e il suo successo, all'affetto di una fan base, di solito, eccessivamente indulgente.
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