Rita - La Recensione

Rita Poster Film

La storia di "Rita" è la storia di "Paz Vega".
Lo dice lei stessa, senza girarci attorno: "Il film è reale, perché ciò che racconta è la mia esperienza personale!". E, in quanto tale, il punto di vista non può che essere quello di una bambina, allora, una bambina di sette anni. Lo sguardo sul mondo - esterno certo, ma soprattutto adulto - filtrato attraverso i suoi occhi, le sue informazioni, con la macchina da presa che gli resta incollata addosso, sospesa ad altezza spalle, marcando una soggettiva che sarà determinante, poi, in termini di sensibilità, emozioni e ferocia.

Perché quella è un'età in cui tutto (ci) appare leggero, elettrizzante, spensierato. In cui per essere felici è sufficiente riuscire a strappare ai nostri genitori la promessa di una giornata al mare, in piscina, alle giostre. Un periodo fondamentale e prezioso che una madre e un padre dovrebbero cercare di alimentare, preservare, permettendo ai propri figli di goderselo il più possibile, prima che la vita li costringa inevitabilmente a crescere e a diventare grandi. E non è scontato tutto ciò, né tantomeno facile, perché al di là di ciò che si possa pensare, i bambini a quell'età vedono e assorbono la realtà per quello che è veramente, sanno riconoscere lo stesso il male, il dolore, anche se non hanno sviluppato ancora a pieno gli strumenti per analizzarli con precisione. É una reazione emotiva, la loro, dettata per lo più dall'istinto, ma che di colpo può prosciugarli della gioia e dell'entusiasmo di cui brillano, alimentandone la paura, lo spaesamento, il trauma. Quello di un mondo che, forse, non è poi così bello come la loro purezza e la loro ingenuità gli aveva suggerito, specialmente quando si vedono il mostro entrare da dentro le mura di casa senza preavviso, indemoniato dall'ira.

Rita Paz Vega Film

E per quanto sia caratterialmente più forte del suo fratellino più piccolo, nemmeno Rita riesce a restare immune di fronte alle sfuriate e alle prepotenze del padre (a cui comunque vuole bene). Alla violenza verbale e pure fisica che regolarmente utilizza e scaglia contro una madre costretta a subire in silenzio, chiedendo scusa e mortificandosi. Non importa quanto provi a nasconderlo, o a mascherarlo. Certe parole, certi suoni, la vergogna nascosta da un paio d'occhiali messi sul viso, sono segnali che ormai Rita ha imparato a riconoscere, ad afferrare, senza bisogno di alcuna spiegazione particolare o elaborata. Senza bisogno di partecipare alla diretta. Cosi come ha perfettamente intuito anche il significato della parola divorzio che la madre ha cominciato a pronunciare ora che la fine della dittatura franchista - ci troviamo a inizio anni '80 - ha portato all'approvazione di nuove leggi, a dir poco rivoluzionarie. Ricordi indelebili, ricordi sconvolgenti che, oltre a rievocare un periodo decisivo dell'infanzia di Vega, vengono accompagnati in scena da un'atmosfera di grande fermento e di tensione, un'atmosfera legata a un momento storico fondamentale per la Spagna (siamo a Siviglia) e per le donne: le quali finalmente cominciavano a guadagnare i diritti che gli avrebbero consentito di uscire pian piano dalle mura domestiche e non essere più succubi dei loro mariti.

Una tempistica che, fosse stata maggiormente celere ad arrivare, o ad affermarsi, avrebbe cambiato profondamente il destino di una famiglia intera (anzi, più di una). 
L'epilogo di "Rita" è agghiacciante, infatti, e lo è soprattutto perché sappiamo benissimo non esser frutto dell'immaginazione di nessuno. Episodi che - e Vega lo sa, lo ha affermato lei stessa - restano d'attualità, purtroppo, nonostante il tempo e nonostante il (lento) progresso. Eppure l'urgenza è altissima, perché trattasi di un pericolo che minaccia le infanzie di oggi e quelle di domani, infanzie alle quali questo film dal carattere semplice, piccolo ed equilibrato, tende a guardare con affetto materno, trasudando fortissimo di sincerità e di cuore.

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