The Salvation - La Recensione

A grandi linee appare come un western classico la nuova pellicola di Kristian Levring, uno di quelli a schema blindato con il bandito oppressore, il pistolero di turno dall'aria misteriosa, e quella massa di cittadini più o meno rilevante, spaventata o comprata dalla violenza e dunque vittima del potere.

Apparentemente però.
Perché nelle sue pieghe "The Salvation" il classicismo tende proprio a storpiarlo, a miscelarlo con nuovi componenti e a riproporlo come fosse un qualcosa di diverso, simile ma non uguale all'originale.
A rendere lo scontro tra Mads Mikkelsen e il villain temutissimo di Jeffrey Dean-Morgan qualcosa di leggermente inedito infatti sono le loro caratterizzazioni, che fanno del primo, ex soldato, un assoluto immigrato (testuale) da sacrificare, e del secondo una personalità fuori di testa, totalmente rovesciata dagli effetti psicologici post-guerra. Dettagli che ovviamente col western centrano, ma messi a fuoco con una nitidezza inconsueta, ingurgitati e accettati comunque dal genere, senza cambiarne né le sorti o lo svolgimento, modificando quindi solo un tantino l’ossatura solidissima e contribuendo ad essa, se non freschezza, almeno quel minimo di modernità alla quale coadiuva una fotografia tutt'altro che sbiadita, necessaria a evidenziare il processo di spolvero e ristrutturazione.‎
Piccole mosse, insomma, che in principio dovevano servire a rendere la pellicola di Levring un prodotto distinto in mezzo agli altri, ma che invece, colpa di un all'allestimento un po' approssimativo, steccano la prova perdendosi rapidamente nel vuoto.‎

Preso dalla manovra di proporre un'idea più libera, accattivante e progettata per fare la differenza, “The Salvation” perde attenzione verso l'intero resto che avrebbe dovuto obbligatoriamente fungere da muro maestro e sorreggere sue pareti e assi. Nel suo processo di lutto, dolore e vendetta Mikkelsen non viene mai davvero accompagnato, compreso o raccontato, e lo stesso vale per il suo nemico, rilegato a una macchietta priva di consistenza e valore. Anziché sprintare allora arranca nel gestire l’ingranaggio Levring, dimenticandosi di poter contare anche su co-protagonisti non da sottovalutare come Eric Cantona ed Eva Green: due figure inquadrabili ipoteticamente da molte prospettive, eppure ai fatti lasciate un po' sullo sfondo, fine a se stesse, riprese solamente a tempo scaduto quando le cartucce da prendere nello zaino sono praticamente quasi esaurite. Allestire una scena con loro al centro, magari permettendo alla muta Green di sfogarsi a gesti circa il suo passato e presente, poteva certamente esser d'aiuto, così come far gigioneggiare moderatamente un Cantona, temibile si, ma unicamente a pelle.

Resta quindi una giostra indecisa tra divertimento puro e accenni di ostentato altro, quella di Levring, che per quanto cerchi di mostrarsi finita e collaudata, non ce la fa a contenere perdite e scricchiolii, che a fine giro, inevitabilmente, vengono annotate e messe a sue spese.

Trailer:

Commenti

  1. Film indeciso, con un certo fascino ma senza il ritmo necessario... peccato

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