007: No Time To Die - La Recensione

No Time To Die Poster

La certezza era una: L’era Daniel Craig sarebbe giunta al termine
La domanda era: Come? 

Una curiosità che – per la maggioranza, almeno – andava oltre il classico dubbio legato alla vita, o alla morte del personaggio. Perché in quindici anni di servizio il mondo che lasci a chi prenderà il tuo posto è senz’altro diverso dal mondo che avevi ereditato. E questo vale nell’immaginario della finzione, tanto quanto in quello della realtà. Due universi che in 007 hanno sempre finito per fondersi, per contaminarsi, influenzarsi: tant’è che pure la trama di “No Time To Die”, melodramma a parte, ruota intorno al recupero di un virus potenzialmente capace di uccidere su commissione (ed è stata scritta e girata in pre-pandemia). Come se gli agenti segreti, ormai, abbiano raggiunto la definitiva obsolescenza; come se le battaglie e le guerre siano passate in pianta stabile su nuovi tavoli: e c’è anche più di un riferimento, nella pellicola, a testimonianza di ciò.
Insomma, quale futuro si prospetta per James Bond?
E siamo sicuri che dovrà chiamarsi ancora James?

Già, perché nel frattempo certe battaglie – quelle al di sopra della scienza e della chimica – hanno cominciato a infiammarsi, a chiedere segnali forti, netti. E tra categorie discriminate e parità di genere, probabilmente, la sua prossima missione potrebbe essere quella di rifarsi vivo dando una botta al cerchio e una alla botte: accontentando perciò conservatori e progressisti. Compito che farebbe impallidire persino il collega Ethan Hunt e le sue missioni impossibili, ma che “No Time To Die” sembra voler iniziare a prendere in considerazione, o quantomeno a dimostrare una volontà chiarissima di essere aperto al dialogo. E questo senza perdere di vista il cerchio dalla circonferenza lunghissima aperto con “Casino Royale”, dove il filo gettato da Vesper è cresciuto al punto da aver generato una tessitura, alla quale adesso è necessario mettere assolutamente un punto.
Tanta carne al fuoco, dunque.
Troppa, forse? Neanche per sogno.

No Time To Die Craig

Il regista Cary Fukunaga, infatti, ha a disposizione quasi tre ore per completare questo rebus, per inserire ogni tassello al suo posto, completando ciò che era stato costruito e gettando le basi per il futuro che dovrà venire. Un concentrato di azione, sentimento ed evoluzione che solo a leggerlo e a processarlo sembra destinato a deragliare, a fallire, eppure come per miracolo trova un discreto equilibrio pronto a soddisfare a pieno noi spettatori: che, sinceramente, pur potendo andare a trovare il pelo nell'uovo, non abbiamo il coraggio di obiettare e pretendere di più. Sarà che il prologo è così spettacolare che vale da solo il prezzo del biglietto; sarà che ciò che viene dopo è comunque all’altezza del divertimento e delle aspettative e sarà che Daniel Craig è fantastico quando cade a terra da altezze improponibili e si rialza con quello sguardo seccato che sottende la battuta: “Sono troppo vecchio per queste stronzate!”. Sarà questo e la bellezza di un contorno – di cui fanno parte, ovviamente, Léa Seydoux e Ana De Armas – meticolosamente curato e sviluppato con l’ambizione di non scendere mai di livello, di ribadire che si è punto di riferimento incontrastato del genere, e questo a prescindere da un villain non esattamente carismatico e persuasivo come regolamento vorrebbe.

Ma fa niente, perché 007 continua imperterrito a dettare le regole, a riscrivere la storia e con questo ultimo capitolo, anche a guardare – verosimilmente – a una nuova epoca.
Quanto radicale e rivoluzionaria è tutto da vedere, ma una certezza ce l’abbiamo di nuovo: non vediamo l’ora.

Trailer:

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