Millennium: Uomini che Odiano le Donne - La Recensione

E’ un vero e proprio ritorno al passato quello compiuto da David Fincher con l’adattamento americano del romanzo svedese di Stieg LarssonUomini che Odiano le Donne” (primo capitolo della trilogia “Millennium”), un rientro al thriller di genere che lo riporta dritto dritto a quei tempi che gli regalarono fama e successo, prima ancora di intraprendere tutte le varie opportunità che in seguito gli si proposero davanti. Le stesse che gli hanno consentito negli anni di poter mettersi alla prova per conoscersi e soprattutto riconoscersi e che lo hanno condotto anche di fronte a quelle due nomination all’Oscar per la miglior regia ottenute con "Il Curioso Caso di Benjamin Button" e "The Social Network", entrambe poi mancate.

La trasposizione fincheriana di “Millennium: Uomini che Odiano le Donne” si presenta immediatamente allora come un opera nuda e cruda, capitata a pennello per dare la possibilità al regista di “Se7en” di rimettersi di nuovo alle prese con una storia dove a fare da catalizzatore è sempre uno spietato assassino seriale, figura diventata oramai un must nella carriera del regista (vedi anche “Zodiac”) che non perde occasione per dimostrare inoltre quanto il suo tocco personale abbia finalmente trovato una chiarissima identità autoritaria.

Sono passati i tempi che vedevano Fincher impegnato a rappresentare delle atmosfere più ragionate e costruite, il suo occhio, quello attuale, adesso corre veloce e non permette allo spettatore un attimo di respiro. Gli oltre 155 minuti di questo ultimo lavoro ne sono la prova tangibile proprio per il modo in cui sembrano volar via senza neanche farsi sentire. E’ cambiato anche l'interesse nei confronti della narrazione, non più concentrato sul caso da risolvere e sui suoi risvolti ma esclusivamente focalizzato sui magnetici protagonisti che ne prendono parte: in questo caso il detective Mikael Blomkvist del bravissimo Daniel Craig e la cazzutissima hacker Lisbeth Salander incarnata in maniera davvero impressionante dalla giovane Rooney Mara. E’ intorno a loro infatti che vengono costruite le solide fondamenta della pellicola, inseguiti fin dalla prima scena quando ancora viaggiano in vite separate, fino alla successiva collaborazione che li farà prima incontrare e poi condividersi. In questo modo le due entità solitarie finiscono per entrare in forte contatto tra loro scoprendosi più simili di quanto pensassero e innalzando quello strano rapporto sfuggente e solido allo stesso tempo destinato a sfociare in una relazione a sfondo sessuale o forse più.

Pur non avendo mai a disposizione delle sequenze ai limiti della suspance, magari addirittura pretese a volte in un prodotto come questo, “Millennium: Uomini che Odiano le Donne” convince pienamente lo spettatore grazie all'uso di una grandissima e accurata regia e di una scrittura di sceneggiatura piuttosto solida (firmata da Steven Zaillian a cui si perdonano facilmente i leggeri cali dei minuti finali), vantando anche un paio di scene talmente potenti da poter far gola persino al maestro Quentin Tarantino (una violentissima in cui Lisbeth consuma la sua vendetta e un'altra infarcita da un affascinante monologo diretto al personaggio di Craig nel finale).

Fincher realizza un thriller quasi impeccabile, serratissimo e coinvolgente come al cinema non se ne vedevano da molto tempo. Lo fa scardinando tutta la sua bravura già dalla straordinaria sequenza dei titoli di testa per poi gestire il resto della storia senza mai destare nemmeno un minimo di difficoltà ma solo con la padronanza di un maestro che ormai questo genere se lo porta nel sangue e probabilmente sarebbe capace di maneggiarlo in maniera esemplare anche se dovesse tenere gli occhi completamente chiusi.

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