Magnifica Presenza - La Recensione

Prendere un classico spunto da film horror come quello della casa infestata da oscure presenze per costruirci sopra una storia intenta a miscelare insieme commedia, dramma e thriller è presumibilmente il pregio migliore dell’ultimo lavoro di Ferzan Ozpetek. L’idea originale, o quantomeno interessante, però non riesce a soddisfare integralmente le aspettative, trasformando “Magnifica Presenza” in una pellicola identificabile solo come riassunto completo delle caratteristiche tipiche del regista italo-turco, in tutto il suo stile come soprattutto in tutti i suoi difetti.

L’assenza di un principale filo narrativo solidamente funzionante purtroppo non permette a una storia, peraltro anche ben introdotta, di concedersi a uno sviluppo concreto e risolto. La vicenda di Pietro, aspirante attore stabilitosi a Roma dalla Sicilia per realizzare il suo sogno infatti, rimane sospesa e in seguito persino arrestata a favore di quella che in principio appariva come una logica sottotrama utile proprio al personaggio principale (un bravissimo Elio Germano) come soccorso per trovare quel suo significato esistenziale. Invece a metà narrazione l’interesse di Ozpetek vira totalmente a favore della risoluzione del grande mistero della casa, quello delle presenze che la abitano e che, come ne “Il Sesto Senso”, hanno evidentemente ancora qualcosa in sospeso da risolvere su questa terra. Ma il lato thriller della trama però non sembra mai farsi interessante come lo era quello drammatico e lascia cadere lentamente l’interesse dello spettatore nei confronti della risoluzione dell'enigma.

Da questo punto in poi allora i migliori spunti “Magnifica Presenza” se li ricava grazie alla sua ironia costruendo situazioni grottesche e divertenti, come quelle in cui Elio Germano condivide la scena con la cugina Maria (una brava Paola Minaccioni) e con i fantasmi dell'appartamento, fino ad arrivare a mostrare anche un paio di provini innegabilmente spassosi su cui spicca, nel secondo, anche l’amichevole partecipazione di Daniele Luchetti. Rimangono perplessità invece rispetto ad altre congiunture aperte e mai elaborate, come ad esempio l'ambigua presenza di Alessandro Roja. Incontri, sguardi e intese ogni volta sembrano segnalarlo un possibile compagno sentimentale per la vita del protagonista ma nel filo del racconto ciò non riesce mai a trovare un personale spazio definito lasciando infine solamente intendere che qualcosa tra i due prima o poi sia destinata a nascere. 

E quindi, responsabile una sceneggiatura oggettivamente incompiuta (scritta da Federica Pontremoli e Ferzan Ozpetek) e colpevole (o consapevole?) di lasciare il povero Pietro anima incompleta sulla terra esattamente come le presenze della casa che abita, questa “Magnifica Presenza” finisce per manifestarsi piuttosto anonima, senza fornire l'opportunità di lasciarsi apprezzare e né tantomeno disprezzare ma semplicemente risultando indifferente agli occhi dello spettatore.

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