Nessuno quattro anni fa avrebbe immaginato che “Il Cavaliere Oscuro” sarebbe stato il penultimo capitolo della strepitosa saga di Christopher Nolan dedicata a Batman. Eravamo certi, anzi, che il paladino di Gotham City avrebbe goduto ancora a lungo di quello splendore cinematografico mai calcato prima e l’addossamento della colpa per la morte del procuratore distrettuale Harvey Dent mai sarebbe bastato a tenerlo distante dalle strade e dai grattacieli della sua città.
Certo, i fatti oggi ci dicono che ci sbagliavamo di grosso su l’intera linea. Perché “Il Cavaliere Oscuro: Il Ritorno” non solo sbarca per concludere l’epica epopea di Batman consegnandola a trilogia ma ci mette anche di fronte a un Bruce Wayne eremita zoppicante, ritiratosi nella sua dimora e restio a riprendere i contatti con il mondo esterno e tantomeno con la sua gloriosa creazione.
Nonostante ciò però il tributo finale di Christopher Nolan all’uomo pipistrello è più o meno quello che ci si poteva attendere (o sperare) alla vigilia: una storia che segue la falsa riga delle precedenti e che si riallaccia fino alle origini per poi chiudere il cerchio e devolvere giusta fama a colui che per difendere la propria gente ha messo in gioco tutta la sua persona, nome compreso, dimostrando di essere disposto ad esalare persino l’ultimo respiro se ritenuta cosa utile per mantenere viva una popolazione considerata dalle forze maligne degradata e incurabile. “Il Cavaliere Oscuro: Il Ritorno” compie allora un destino quasi prestabilito, servendosi questa volta di un cattivo imponente come Bane -diversissimo, per certi versi, da quello che era stato il Joker di Heath Ledger- interpretato da un muscoloso Tom Hardy, di poche parole e coperto da una parziale maschera attorno al viso ingombrante abbastanza da renderlo irriconoscibile e da farlo parlare con una inquietante voce metallica (nella versione italiana malamente doppiato da un Filippo Timi quasi sempre eccessivo e fuori tono).
Tuttavia la carne al fuoco da gestire stavolta è tanta, troppa forse, anche per una pellicola di centosessantacinque minuti. Eppure Nolan riesce li dove Sam Raimi aveva fallito anni fa, gestendo efficacemente una lunga quantità di personaggi senza appesantire minimamente l’intero flusso della narrazione. La sua ottima capacità di sceneggiatore l’aveva dimostrata ampiamente in passato e, per quanto siano presenti degli errori e delle “licenze poetiche” su cui si potrebbe (e dovrebbe) chiudere un occhio, qui stupisce nuovamente con un lavoro di scrittura molto trattato e complesso dove spiccano la giusta attenzione ai personaggi, i precisi richiami a “Batman Begins”, i riusciti colpi di scena e una buona gestione degli intrecci. Purtroppo nella parte registica si concede invece a dei momenti a volte confusionari, specie nelle scene in cui a padroneggiare devono essere la velocità e il ritmo, con il risultato definitivo di un capitolo decisamente meno avvincente dei precedenti, destinato magari ad imprimere un’ impronta più flebile, ma comunque forte di un finale sontuoso che probabilmente arriva come il regalo più bello che Nolan potesse fare al suo amato protagonista.
L’identità raffigurata dal Bruce Wayne di Christian Bale si va quindi a specchiare alla perfezione con le altre personalità tormentate dal passato e alla ricerca di redenzione e di un nuovo inizio che Christopher Nolan ha mostrato ripetutamente nella sua filmografia. Ma il regista di “Inception”, con Batman, si è preso inoltre la libertà di istituire un suo modello personale di 007 (l’amore del regista per il personaggio di Ian Fleming è noto): una tipologia di agente mascherato che agisce in totale anarchia e provvisto di attrezzature ipertecnologiche per contrastare il male puro in ogni sua forma e decretare giustizia. Allo stesso tempo poi è riuscito addirittura a spingersi oltre, cambiando il modo di concepire i blockbuster all’interno del sistema cinematografico hollywoodiano e restituendo contemporaneamente grande spolvero ad un supereroe che al cinema (e dal cinema) era stato letteralmente affossato e dimenticato.
L’identità raffigurata dal Bruce Wayne di Christian Bale si va quindi a specchiare alla perfezione con le altre personalità tormentate dal passato e alla ricerca di redenzione e di un nuovo inizio che Christopher Nolan ha mostrato ripetutamente nella sua filmografia. Ma il regista di “Inception”, con Batman, si è preso inoltre la libertà di istituire un suo modello personale di 007 (l’amore del regista per il personaggio di Ian Fleming è noto): una tipologia di agente mascherato che agisce in totale anarchia e provvisto di attrezzature ipertecnologiche per contrastare il male puro in ogni sua forma e decretare giustizia. Allo stesso tempo poi è riuscito addirittura a spingersi oltre, cambiando il modo di concepire i blockbuster all’interno del sistema cinematografico hollywoodiano e restituendo contemporaneamente grande spolvero ad un supereroe che al cinema (e dal cinema) era stato letteralmente affossato e dimenticato.
Ecco, se fossimo nelle vesti del commissario Gordon, adesso, dovremmo andare a cercare Nolan per ringraziarlo del magnifico operato compiuto, malgrado lui, proprio come il suo eroe, sarebbe indubbiamente contrario a qualsiasi genere di ringraziamento. Ma sfortunatamente, e esattamente come accaduto a Batman, per le strade c'è sempre qualcuno incline a criticare e a giudicare con disapprovazione chiunque si renda protagonista di gesta leggendarie. Queste persone non possono che andare ad occupare la parte del torto, ignare, tra l’altro, di quanto inconsciamente quelle loro negative analisi non facciano altro che ampliare a dismisura il valore di qualcosa che già di per sé è, e resta, notevolmente grande.
Trailer:
Nolan non delude le aspettative con un gran finale, non all'altezza del secondo capitolo della saga, ma al di sopra di Batman begins, secondo me il più convenzionale a livello di trama, scandito dalle tappe obbligate del percorso di formazione dell'eroe. Ne parlo anche sul mio blog, se ti va di passare! ;-) ciao ciao
RispondiEliminaTi ho lasciato un commento sul blog! :)
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