Being Maria - La Recensione

Being Maria Poster

Successo e rovina. Spesso, due facce della stessa medaglia.
Ne sa qualcosa Maria Schneider, la cui vita (non solo artistica) somiglia a un paradosso: giunta alla ribalta con il suo primo ruolo importante, quello da co-protagonista in "Ultimo Tango a Parigi", e poi condannata a proseguire la sua carriera nel cinema (e non solo quella) collezionando inganni, umiliazioni, insulti.

Racconta questo, sostanzialmente, il "Being Maria" di Jessica Palud - adattamento del romanzo Tu T'Appelais Maria Schneider scritto dalla cugina di Maria, Vanessa Schneider - accennando brevemente alle origini famigliari dell'attrice - la quale porta il cognome della madre Marie-Christine, perché abbandonata da un padre-attore con cui riallaccia i rapporti solamente in adolescenza, facendo peraltro infuriare la madre che la caccia di casa per gelosia - ma focalizzandosi principalmente sull'evento cruciale che l'ha resa poi celebre e, allo stesso tempo, vittima: e il riferimento, ovviamente, va a quella famosa scena con il burro (e fuori sceneggiatura), girata insieme a Marlon Brando (sorprendentemente incarnato da un credibilissimo Matt Dillon) nel film di Bernardo Bertolucci. Uno spartiacque per Maria, la quale anni dopo definirà quell'esperienza - mentre risponde alle domande di una giovane giornalista, con cui poi avrà una relazione - come una violenza sessuale subita da due uomini: sebbene vedendo la scena, così come è stata ricostruita nei dettagli da Palud, e percependo la tensione e il silenzio al termine del ciak, viene da pensare più a una violenza di gruppo, a un sopruso gravissimo per il quale non è possibile non ritenere responsabile anche tutta la troupe presente sul set. Pochi istanti dopo, il regista cercherà di rimediare al il tradimento commesso, giustificandosi di averlo fatto per il bene della storia, del film, ma non sarà sufficiente a ricucire uno strappo profondissimo - letteralmente, un trauma - con il quale l'attrice non farà mai davvero pace.

Being Maria Palud

Perché le conseguenze scandalose, scatenate dall'uscita in sala della pellicola e dalla visione di quella scena in particolare, hanno indirizzato la figura di Maria verso una sorta di oggettificazione sessuale inarrestabile, condizionando ogni ruolo dei copioni che gli sono stati offerti in seguito, la percezione della sua immagine col pubblico e, inevitabilmente, il suo equilibrio psichico. Battute, risatine, imbrogli (lavorativi), situazioni con le quali la donna - qui, interpretata magistralmente dalla bellissima e bravissima Anamaria Vartolomei - fatica a tenere botta, a ribellarsi, a lottare, cedendo lentamente al richiamo dell'eroina e trovando in essa una sorta di rifugio dal quale impiegherà anni per uscire e per ripulirsi. Ma al di là del biopic, sicuramente ben congegnato, e distante anni luce dalle classiche esecuzioni fin troppo scolastiche a cui siamo abituati, l'impressione è che Palud abbia voluto riprendere la parabola di Maria per mostrare nel concreto come fosse assai complicato, prima, riuscire a farsi sentire, o denunciare qualcuno (uomo), se questo finiva per molestare, o comunque per abusare del proprio potere. Sottolineare l'omertà, le regole (tacite) e i problemi che potenzialmente qualunque donna avrebbe potuto o dovuto affrontare, qualora si fosse trovata a prendere parte a un progetto cinematografico (ma immaginiano che la questione possa andare bene oltre il cinema), all'interno di una società di stampo maschilista che non perdonava, come non perdona neanche ora, contribuendo a causare reazioni di autolesionismo (quasi sempre femminile) che leggiamo ancora quotidianamente sui giornali.

E a tal proposito, sul set di Bertolucci, nella scena clou, c'è un controcampo non casuale inserito da Palud. Un controcampo in cui vengono mostrate alcune donne presenti, testimoni attive della vicenda. Donne che di fronte al turbamento, al pianto e alle grida sconsolate di Maria continuano semplicemente a guardare immobili l'azione, in attesa che arrivi lo stop del regista a dichiarare il termine della ripresa. Donne che sapevano perfettamente ciò che stava accadendo davanti a loro, ipotizzandone persino le conseguenze future.
Un paradosso che fa quasi rima con quello di Palud che dichiara, in un'intervista, di aver cominciato la sua carriera come assistente alla regia sul set di "The Dreamers" di Bertolucci. Raccogliendo proprio in quel contesto le informazioni chiave che l'hanno portata a pensare alla realizzazione di "Being Maria".

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