Nostalgia canaglia, cantavano. E probabilmente sarà stata giusto la nostalgia a spingere Ridley Scott a dare forma all'attesissimo progetto “Prometheus”. Un ritorno alla fantascienza per lui, il genere che gli aveva regalato circa trenta anni fa la realizzazione in sequenza di due film considerati ancora oggi dei capolavori assoluti: "Alien" e "Blade Runner". Ed è infatti proprio da questi due titoli che Scott sembra voler ripartire con “Prometheus”, concependolo narrativamente molto simile al primo e visivamente ispirato al secondo.
Stavolta la meta è risolvere la questione relativa ad alcune domande fondamentali che da sempre affliggono l’essere umano: da dove veniamo?, perché siamo stati creati? E le risposte, dicono alcuni murales antichi, si trovano su un pianeta lontano chiamato LV-233, il posto dove teoricamente vivono gli “Ingegneri” considerati i nostri padri. Una spedizione di scienziati guidata da una coppia di archeologi quindi viene ingaggiata e spedita sul luogo per trovare riscontro a questa possibile rivelazione.
Ecco, se “Prometheus” fosse un film capace di camminare durante il suo (lungo) corso, di fare qualche passo, di muoversi insomma, sarebbe decisamente più facile riuscire a trovargli una concreta collocazione. Il rimanere sostanzialmente fermo però lo rende etichettabile semplicemente come un prodotto piuttosto ruffiano. Il suo (studiato?) giocare con l’essere o non essere un tacito prequel di “Alien” si dimostra sicuramente una mossa vincente per accaparrarsi i fan della saga, ma di fatto, così com’è stato completato, di quel film ne è solamente uno scadente remake. Le domande di partenza, responsabili di mettere in marcia un intero equipaggio, non trovano nessuna risoluzione al termine della pellicola ma anzi, a quelle, se ne finiscono per aggiungere addirittura delle nuove. In questo senso, si sente forte la presenza in sceneggiatura di Damon Lindelof, il “Lostiano” che insieme a Jon Spaihts si è occupato della scrittura della storia. Così come nella famosa serie televisiva - che gli amanti ricordano essere diventata celebre proprio per gli intricati enigmi che stuzzicavano e mai venivano al pettine - anche in questo contesto ci si ritrova a tagliare il traguardo con tutti gli interrogativi in tasca, obbligati, dunque, ad attendere un sequel destinato a dare scopo a un disegno che altrimenti non avrebbe senso.
Detto ciò allora “Prometheus” può venir letto con due diverse formule, entrambe lontanissime l'una dall'altra. La prima lo vede come una delusione senza precedenti, un bel castello di sabbia che finge di essere chissà cosa ma alla fine si rivela solo una trascurabile presa in giro allo spettatore. La seconda (quella che, per forza di cose, viene abbracciata da chi scrive) è l'essere parte di un idea molto più vasta che troverà presto stupefacente liberazione, basti aspettare.
Di questa “apertura” perciò rimane sicuramente impressa l'affascinante bellezza visiva derivata da un uso incredibile degli effetti speciali (3D non essenziale) ma soprattutto la vasta gamma di difetti che purtroppo la fanno da padrone: a cominciare da una sceneggiatura da rivedere fino ad arrivare agli infiniti e irritanti pre-finali e a una Charlize Theron talmente sprecata in scena da apparire inutile.
Si, Ridley Scott ha realizzato un opera totalmente incompiuta, che in futuro potrebbe rischiare persino di trasformarsi in una enorme bufala, eppure, sulla fiducia del nome che porta e della fama che lo precede, ci vediamo costretti a credere nell'esistenza di un grande asso nella manica ancora da giocare. E visto che non vorremmo incrementare le già innumerevoli domande, avremmo bisogno al più presto di sapere che abbiamo ragione. Lasciarsi sfuggire perlomeno questa risposta sarebbe percepito, da noi, unicamente come forma di rispetto.
Si, Ridley Scott ha realizzato un opera totalmente incompiuta, che in futuro potrebbe rischiare persino di trasformarsi in una enorme bufala, eppure, sulla fiducia del nome che porta e della fama che lo precede, ci vediamo costretti a credere nell'esistenza di un grande asso nella manica ancora da giocare. E visto che non vorremmo incrementare le già innumerevoli domande, avremmo bisogno al più presto di sapere che abbiamo ragione. Lasciarsi sfuggire perlomeno questa risposta sarebbe percepito, da noi, unicamente come forma di rispetto.
Trailer:
Non c hai capito un cazzo di sto film, riguardalo e ragiona
RispondiEliminaMah...il mondo è bello perché è vario Anonymous. E a volte anche avariato...
RispondiElimina