Gli si era contestato di aver fatto una storiella troppo alla "volemose bene" a Massimiliano Bruno quando esordì con il suo primo lungometraggio cinematografico. Un'accusa troppo severa in quel frangente, perché "Nessuno mi può Giudicare" era una commedia piacevole e spensierata, e seppur vittima di un finale troppo comodo e leggero, sapeva fare benissimo il suo lavoro basilare: dar vita a risate.
Purtroppo per lui, stesso discorso non gli si può accordare con "Viva l'Italia", dove Bruno non molla e si tiene stretta la sua tanto cara commedia fatta di gag e buoni sentimenti ma stavolta la utilizza per farci quello che ultimamente è diventato un must nel nostro cinema: raccontare la condizione attuale dell'Italia.
Niente più spensieratezza allora, ridere si ma riflettere pure. Ciò nonostante, è pur vero che ci sono modi e modi di utilizzare questa formula, di punzecchiare lo spettatore e di solleticarlo con la comicità mentre si tenta di accendergli il cervello. Quello scelto da Massimiliano Bruno è decisamente il meno incisivo e rende "Viva l'Italia" una commedia singhiozzante e non all'altezza di trattare gli argomenti di cui si fa carico al livello pungente che a lei piacerebbe.
Il politico che ruba, i raccomandati, il precariato, i corrotti, la malasanità: tutto il male ipotizzabile viene rappresentato e sviluppato nella maniera più caricata e superficiale possibile all'interno della seconda fatica del regista romano. La pellicola è paragonabile a uno di quei libri "For Dummies" con oggetto di copertina "L'Italia di Oggi". Ciò la rende un prodotto per distratti, dormienti, per chi ancora non si è reso conto di cosa sta succedendo nel paese in cui vive e per chi non è a conoscenza di nessuno dei fatti di cronaca degli ultimi anni, il che, sinceramente, risuona abbastanza difficile da poter credere.
Non fosse abbastanza, è persino la sceneggiatura ad abbracciare la banalità e a riversarsi per la seconda volta in una conclusione uguale e identica a quella della sua primogenita, e se in quel caso coerenza poteva esserci, in questo l'opzione del tarallucci e vino ha più un gusto di eccessiva bonarietà e mancanza di coraggio. Tra l'altro è un peccato aver visto bruciare il buon input di partenza nel quale si ironizzava su quanto, leggendo la costituzione italiana, questa oggi avesse perso vigore in parecchi dei suoi fondamentali articoli.
Massimiliano Bruno compie quindi un pastrocchio provetto, alternando disorganicamente risate e impegno e consegnando il suo lavoro con una discutibile chiusa sulla verità come unica fonte di salvezza per il paese. Il risultato è un film a tratti godibile così come irritante, dove gli attori sanno fare bene il loro compitino (ma il bis del Papaleo post-Moretti non è all'altezza) ma l'armonia di contenuti a cui si stava aspirando non viene mai trovata, al contrario, invece, delle abbondanti stonature fastidiosissime che si ripetono durante l'esecuzione.
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