Ralph Spaccatutto - La Recensione

Era il 1995 quando la Pixar e la Disney collaborarono per un film d'animazione geniale e incredibile che si domandava cosa facessero dei comuni giocattoli quando il loro padrone non era li a giocare con loro.

Sono passati diciassette anni da quel momento, periodo nel quale la Disney ha assorbito la Pixar (la Marvel e la LucasFilm, ma questa è un'altra storia) e durante il quale nessuno è mai riuscito a confezionare uno spunto simile e brillantemente strabiliante da essere paragonato al capolavoro "Toy Story". Doveva pensarci ancora la Disney allora - e stavolta senza l'aiuto della Pixar - a rielaborare l'idea e a riadattarla in un frangente leggermente diverso ma nuovamente connesso al mondo dei  giocattoli, quello dei videogiochi. Probabilmente lo script di "Ralph Spaccatutto" avrà scatenato nella testa di ogni produttore di film d'animazione la legittima domanda: "ma perché non ci ho pensato anch'io?". Roba da mangiarsi le unghie se si rimugina a quanto semplice e sotto gli occhi sia sempre stata un'idea del genere senza mai venir colta e sviluppata da nessun'altro.

Anche qui parte tutto da una domanda: che cosa fanno i videogiochi quando la sala che li ospita chiude al pubblico? Ovviamente la risposta è elementare: fanno quello che facevano i giocattoli di Andy quando lui non era in stanza con loro, staccano dal loro impiego e si danno alla pazza gioia. Tuttavia c'è qualcuno che fatica ad accettare la sua posizione di cattivo, è il Ralph Spaccatutto del gioco "Felix Aggiustatutto", programmato per distruggere qualsiasi cosa e quindi destinato a non essere amato e a venire emarginato su una piramide di spazzatura mentre il suo "bravo antagonista" festeggia e si diverte con gli altri nell'attico di un lussuoso palazzo. Ma Ralph è stanco di rappresentare il cattivo, lui si sente un buono, e per dimostrare di essere diverso da come è stato programmato esce dal suo gioco alla ricerca di una medaglia che dovrebbe riconoscerlo come eroe, tramutandosi a sua insaputa, in un pericolo maggiore rispetto a quello che costituiva  nel suo limitato cosmo.

Pur non essendo un qualcosa di assolutamente inedito "Ralph Spaccatutto" ha dalla sua parte la virtù di sapersi vendere con destrezza sin dal primo istante. Portare sullo schermo personaggi virtuali che hanno fatto la storia dei videogiochi anni ottanta seduce lo spettatore (meglio se appartenente a quell'epoca) in un piacere visivo morboso e remoto. Il regista Rich Moore assieme agli sceneggiatori Jennifer Lee e Phil Johnston dipingono i protagonisti raffigurandoli allo stesso modo di esseri umani: ripieni di sentimenti, sogni ed emozioni; con questa formula si permettono di sollevarli dall'obbedienza invariabile del loro codice e come accade per Ralph, e per il Glitch (bug, errore di sistema) con cui instaura un rapporto di convenienza prima e di amicizia poi, di causare  - attraverso la metro dei cavi di corrente - un miscuglio tra videogiochi capace di modellare un confronto di epoche strabiliante e suggestivo.

Così facendo "Ralph Spaccatutto" non solo non delude le aspettative ma le amplifica e, a suo modo, le cambia vestendosi di classico. Uno dei migliori Disney (orfani di Pixar) degli ultimi anni, eretto anche lui da una struttura consolidata in grado di scatenare risate, riflessioni e ovviamente l'immancabile lacrimuccia finale.

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