Alcuni teppistelli e svitati poco più che ventenni, vengono graziati dalla legge e raggruppati insieme per prestare servizio alla comunità, tra loro c'è anche Robbie: nato e cresciuto nei bassifondi della città di Glasgow e ereditario di un violento scontro all'ultimo sangue tra famiglie che non ne vuole sapere di terminare. Come se non bastasse, la sua ragazza, Leonie, ha appena partorito e perciò lo mette in guardia imponendogli di sbarazzarsi del vecchio stile di vita e di responsabilizzarsi affinché possa garantire un futuro gradevole al suo primogenito che altrimenti vivrebbe più al sicuro lontano dalla presenza del padre.
Tra dramma e commedia il regista Ken Loach intavola un discorso sulla precarietà del lavoro e sull'impossibilità di costruirsi una vita migliore o diversa da quella che il perfido destino ha voluto affibbiarci. Non è facile né tantomeno corretto sedersi dalla parte del protagonista Robbie, specie quando assistiamo alla disperazione di una famiglia il cui figlio è stato letteralmente massacrato da lui in maniera ingiustificabile e animalesca. Serve il tocco innocente e puro di Loach infatti per ammorbidirci e lasciarci sperare che in qualche modo questo povero ex-bullo di quartiere riesca finalmente ad avere la sua ultima possibilità e a trovare quell'occasione in grado di disunirlo dall'inferno in cui è stato obbligato a vivere.
E il miracolo che disloca la pellicola dal dramma totale per andarla ad appoggiare sulla commedia leggera e imprevedibile, mitigandola, arriva inverosimilmente dalla passione per il whisky che il coordinatore dei servizi alla comunità - a cui Robbie dona sfogo dei suoi irrisolvibili problemi - coltiva e inculca a sua volta nel ragazzo segnalandolo talento in materia e spalancandogli le porte per un folle colpo a metà fra Robin Hood e Ocean's Eleven, nonché simbolo del biglietto valido verso la strada per la serenità. In questo preciso punto, quando Robbie disobbedisce alla sua fidanzata e torna a rischiare la pelle per prendersi con la forza quello che il mondo ha deciso di negargli, la nostra passione per lui e per il suo successo cresce a dismisura, e ci trasporta fin dalla sua parte e di conseguenza da quella dei farabutti.
La possibilità di redimersi, di pentirsi e di lavarsi dei propri peccati; la possibilità di dare a una povera anima innocente il futuro che avremmo voluto per noi stessi ma che purtroppo non ci è stato concesso; la possibilità di agguantare quello stato senza il quale vivere non avrebbe senso alcuno: la speranza. E' solo questo, in fondo, ciò che vuole proferire "La Parte degli Angeli". Ma se nessuno è in grado di fornirci questa speranza, se nessuno può darci la possibilità di guardare verso un mondo migliore, se l'unica via rimasta è la resa, allora tanto vale rinunciare alle regole e andarsi a prendere tutto con le risorse a nostra disposizione, oneste o disoneste che siano.
Trailer:
Tra dramma e commedia il regista Ken Loach intavola un discorso sulla precarietà del lavoro e sull'impossibilità di costruirsi una vita migliore o diversa da quella che il perfido destino ha voluto affibbiarci. Non è facile né tantomeno corretto sedersi dalla parte del protagonista Robbie, specie quando assistiamo alla disperazione di una famiglia il cui figlio è stato letteralmente massacrato da lui in maniera ingiustificabile e animalesca. Serve il tocco innocente e puro di Loach infatti per ammorbidirci e lasciarci sperare che in qualche modo questo povero ex-bullo di quartiere riesca finalmente ad avere la sua ultima possibilità e a trovare quell'occasione in grado di disunirlo dall'inferno in cui è stato obbligato a vivere.
E il miracolo che disloca la pellicola dal dramma totale per andarla ad appoggiare sulla commedia leggera e imprevedibile, mitigandola, arriva inverosimilmente dalla passione per il whisky che il coordinatore dei servizi alla comunità - a cui Robbie dona sfogo dei suoi irrisolvibili problemi - coltiva e inculca a sua volta nel ragazzo segnalandolo talento in materia e spalancandogli le porte per un folle colpo a metà fra Robin Hood e Ocean's Eleven, nonché simbolo del biglietto valido verso la strada per la serenità. In questo preciso punto, quando Robbie disobbedisce alla sua fidanzata e torna a rischiare la pelle per prendersi con la forza quello che il mondo ha deciso di negargli, la nostra passione per lui e per il suo successo cresce a dismisura, e ci trasporta fin dalla sua parte e di conseguenza da quella dei farabutti.
La possibilità di redimersi, di pentirsi e di lavarsi dei propri peccati; la possibilità di dare a una povera anima innocente il futuro che avremmo voluto per noi stessi ma che purtroppo non ci è stato concesso; la possibilità di agguantare quello stato senza il quale vivere non avrebbe senso alcuno: la speranza. E' solo questo, in fondo, ciò che vuole proferire "La Parte degli Angeli". Ma se nessuno è in grado di fornirci questa speranza, se nessuno può darci la possibilità di guardare verso un mondo migliore, se l'unica via rimasta è la resa, allora tanto vale rinunciare alle regole e andarsi a prendere tutto con le risorse a nostra disposizione, oneste o disoneste che siano.
Trailer:
Ho visto il trailer l'altro giorno e credo proprio andrò a vederlo! Questa volta Loach mi intriga..
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