La conoscenza dei nostri limiti la si raggiunge unicamente nell'istante in cui si cerca di superarli. In questi casi due sono le possibilità: o si vince, e ci si scopre più grandi, o si perde, e si prende atto di quelle che sono le nostre effettive capacità.
I (una volta) fratelli Wachowski, muniti del supporto del regista tedesco Tom Tykwer, dei loro limiti devono essersene proprio disinteressati però quando hanno deciso di ritornare dietro la macchina da presa con l'adattamento del romanzo "Cloud Atlas" di David Mitchell. Un opera che definire ambiziosa sarebbe riduttivo e definire rischiosa un eufemismo. Centosettantadue minuti, sei diverse storie separate da altrettanti piani temporali, attori che ad ogni epoca cambiano sia aspetto (spesso risultando irriconoscibili) che importanza di ruolo e un racconto dal sapore epico che affronta vari generi e solo nel finale rivela il filo conduttore in grado di connettere ogni trama (più o meno) saldamente con l'altra.
E' comparabile a un salto nel vuoto l'operazione che sta alla base di "Cloud Atlas". Un vortice di storie e di immagini che fa immensa fatica a filar liscio penalizzato in loop dai continui cambi e dai pochi fermi che impediscono, specie inizialmente, di prendere accessibile visione sull'intera e vasta scacchiera innalzata. La premiata ditta Wachowski dimostra di non aver perduto nulla riguardo l'elegante messa in scena e la spettacolarità mista alla fantasia, ma a dare i grattacapi maggiori al loro enorme impianto visivo è una scala troppo folta e ingestibile di esuberanti mini-trame. La metà sarebbero bastate per arrivare al nocciolo della questione (espresso palesemente anche nel trailer) mentre alcune sono addirittura dannatamente affascinanti da far rimpiangere il non averle viste diventare un film a sé stante, per cui alla fine è l'esagerazione a pesare gravemente sul globale disegno, responsabile di numerosi punti in cui le quasi tre ore di durata appesantiscono e si fanno sentire faticosamente. Lunghissimo spazio allora per i discorsi (ragionamenti?) filosofici e i rimandi ultraterreni - anche se non raggiungono la perfezione di "Matrix" o l'interesse magnetico di "V per Vendetta" – e per gli affascinanti richiami a "Blade Runner" che perfezionano l'infinita serie di (auto)citazioni e quello che è indubbiamente l'episodio più significativo e mastice del film.
Ma "Cloud Atlas" sfortunatamente sbatte contro la sua stessa voglia di essere troppo, e ricco, per questo non raggiunge mai i frutti che dovrebbero aiutarlo ad eleggersi come operazione pienamente o parzialmente riuscita. La pellicola - che vanta anche la collaborazione tra Stati Uniti e Germania - ha certamente grandi momenti, ma una miscela narrativa che non trova praticamente in nessuna occasione una omogeneità consistente. Rimane comunque difficile liquidare tutto ad un occasione persa, bisogna riconoscere ai Wachowski e a Tykwer di aver osato intorno a dei confini ad altri ancora sconosciuti, incoscienza che li ha portati a produrre un esperimento sicuramente non riuscito ma quantomeno audace.
Trailer:
I (una volta) fratelli Wachowski, muniti del supporto del regista tedesco Tom Tykwer, dei loro limiti devono essersene proprio disinteressati però quando hanno deciso di ritornare dietro la macchina da presa con l'adattamento del romanzo "Cloud Atlas" di David Mitchell. Un opera che definire ambiziosa sarebbe riduttivo e definire rischiosa un eufemismo. Centosettantadue minuti, sei diverse storie separate da altrettanti piani temporali, attori che ad ogni epoca cambiano sia aspetto (spesso risultando irriconoscibili) che importanza di ruolo e un racconto dal sapore epico che affronta vari generi e solo nel finale rivela il filo conduttore in grado di connettere ogni trama (più o meno) saldamente con l'altra.
E' comparabile a un salto nel vuoto l'operazione che sta alla base di "Cloud Atlas". Un vortice di storie e di immagini che fa immensa fatica a filar liscio penalizzato in loop dai continui cambi e dai pochi fermi che impediscono, specie inizialmente, di prendere accessibile visione sull'intera e vasta scacchiera innalzata. La premiata ditta Wachowski dimostra di non aver perduto nulla riguardo l'elegante messa in scena e la spettacolarità mista alla fantasia, ma a dare i grattacapi maggiori al loro enorme impianto visivo è una scala troppo folta e ingestibile di esuberanti mini-trame. La metà sarebbero bastate per arrivare al nocciolo della questione (espresso palesemente anche nel trailer) mentre alcune sono addirittura dannatamente affascinanti da far rimpiangere il non averle viste diventare un film a sé stante, per cui alla fine è l'esagerazione a pesare gravemente sul globale disegno, responsabile di numerosi punti in cui le quasi tre ore di durata appesantiscono e si fanno sentire faticosamente. Lunghissimo spazio allora per i discorsi (ragionamenti?) filosofici e i rimandi ultraterreni - anche se non raggiungono la perfezione di "Matrix" o l'interesse magnetico di "V per Vendetta" – e per gli affascinanti richiami a "Blade Runner" che perfezionano l'infinita serie di (auto)citazioni e quello che è indubbiamente l'episodio più significativo e mastice del film.
Ma "Cloud Atlas" sfortunatamente sbatte contro la sua stessa voglia di essere troppo, e ricco, per questo non raggiunge mai i frutti che dovrebbero aiutarlo ad eleggersi come operazione pienamente o parzialmente riuscita. La pellicola - che vanta anche la collaborazione tra Stati Uniti e Germania - ha certamente grandi momenti, ma una miscela narrativa che non trova praticamente in nessuna occasione una omogeneità consistente. Rimane comunque difficile liquidare tutto ad un occasione persa, bisogna riconoscere ai Wachowski e a Tykwer di aver osato intorno a dei confini ad altri ancora sconosciuti, incoscienza che li ha portati a produrre un esperimento sicuramente non riuscito ma quantomeno audace.
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