Chi si aspetta di godere dell'essenza dei fratelli Coen con la visione di "Gambit" rimarrà deluso, a dir poco, smisuratamente.
La pellicola scritta dai fratelli di St. Louis Park e diretta dal regista Michael Hoffman infatti si fa scudo di essere remake dell'omonimo titolo del 1966 ma nulla porta di buono, in realtà, ad un panorama cinematografico che proprio da questo genere di commedie, ultimamente, dovrebbe cercare di fuggire e non farsi penalizzare.
Qui, Colin Firth e Cameron Diaz prendono il posto rispettivamente di Michael Caine e Shirley MacLaine, nella farsa in salsa British in cui un curatore d'aste poco rispettato, e in fase di licenziamento, tenta di truffare il proprio, spregevole, capo convincendolo ad acquistare di un falso quadro di Monet riprodotto a dovere dal suo amico Maggiore, facendosi aiutare da una cowgirl americana affittata appositamente per l'occasione.
Senza calcare troppo la mano a "Gambit" gli si attribuisce in primo luogo la mancanza di scansione veloce, quella che in commedie di questo tipo aiuta a scaldare velocemente il motore e partire a tutta velocità, il prima possibile. Le accelerazioni quindi si fanno sentire raramente, in quei momenti in cui la scrittura dei fratelli Coen è forse più netta, ma rappresentata in maniera poco elegante - e per noi italiani non inedita - da una regia che sembra uscita dal miglior cinepanettone degli ultimi anni. Salvare il salvabile diventa quindi l'unico obiettivo per la pellicola di Hoffman, e con un parterre d'attori di primissimo livello, ovviamente inglesi, come Colin Firth e Alan Rickman, fatta eccezione per l'americana, guest star, Cameron Diaz, il compitino viene portato a casa con stiracchiata sufficienza e discreta sopportazione.
Fosse stato un prodotto nostrano avremmo potuto sollevare le spalle e dire che poteva andare peggio ma visto che in ballo stavolta c'è gente di tutt'altra classe, è normale valutare con peso diverso un progetto assolutamente inutile. Aggiornare un titolo datato non è mai obbligatorio e farlo solo per levarsi un gratuito e personale capriccio è, per certi versi, un errore marchiano, ma a prescindere da tutto "Gambit" non trova mai né uno spunto e né un motivo per giustificare la sua presenza.
La sceneggiatura rimodernata dai fratelli Coen e presa in carico da Michael Hoffman genera quindi un lavoro che ad una testa meno informata sui fatti potrebbe ricordare un miscuglio tra le pellicole scritte da Fausto Brizzi e quelle dirette da Giovanni Veronesi. "Gambit" perciò è consigliabile solamente a chi è alla ricerca spaesata di svago, non ha alcuna pretesa da chiedere o altra migliore commedia da vedere.
Trailer:
La pellicola scritta dai fratelli di St. Louis Park e diretta dal regista Michael Hoffman infatti si fa scudo di essere remake dell'omonimo titolo del 1966 ma nulla porta di buono, in realtà, ad un panorama cinematografico che proprio da questo genere di commedie, ultimamente, dovrebbe cercare di fuggire e non farsi penalizzare.
Qui, Colin Firth e Cameron Diaz prendono il posto rispettivamente di Michael Caine e Shirley MacLaine, nella farsa in salsa British in cui un curatore d'aste poco rispettato, e in fase di licenziamento, tenta di truffare il proprio, spregevole, capo convincendolo ad acquistare di un falso quadro di Monet riprodotto a dovere dal suo amico Maggiore, facendosi aiutare da una cowgirl americana affittata appositamente per l'occasione.
Senza calcare troppo la mano a "Gambit" gli si attribuisce in primo luogo la mancanza di scansione veloce, quella che in commedie di questo tipo aiuta a scaldare velocemente il motore e partire a tutta velocità, il prima possibile. Le accelerazioni quindi si fanno sentire raramente, in quei momenti in cui la scrittura dei fratelli Coen è forse più netta, ma rappresentata in maniera poco elegante - e per noi italiani non inedita - da una regia che sembra uscita dal miglior cinepanettone degli ultimi anni. Salvare il salvabile diventa quindi l'unico obiettivo per la pellicola di Hoffman, e con un parterre d'attori di primissimo livello, ovviamente inglesi, come Colin Firth e Alan Rickman, fatta eccezione per l'americana, guest star, Cameron Diaz, il compitino viene portato a casa con stiracchiata sufficienza e discreta sopportazione.
Fosse stato un prodotto nostrano avremmo potuto sollevare le spalle e dire che poteva andare peggio ma visto che in ballo stavolta c'è gente di tutt'altra classe, è normale valutare con peso diverso un progetto assolutamente inutile. Aggiornare un titolo datato non è mai obbligatorio e farlo solo per levarsi un gratuito e personale capriccio è, per certi versi, un errore marchiano, ma a prescindere da tutto "Gambit" non trova mai né uno spunto e né un motivo per giustificare la sua presenza.
La sceneggiatura rimodernata dai fratelli Coen e presa in carico da Michael Hoffman genera quindi un lavoro che ad una testa meno informata sui fatti potrebbe ricordare un miscuglio tra le pellicole scritte da Fausto Brizzi e quelle dirette da Giovanni Veronesi. "Gambit" perciò è consigliabile solamente a chi è alla ricerca spaesata di svago, non ha alcuna pretesa da chiedere o altra migliore commedia da vedere.
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