Per alcuni autori esistono dei punti fermi dai quali non
riescono a discostarsi, sono appigli imprescindibili, indispensabili a
risolvere i conflitti che i loro protagonisti purtroppo vivono e dai quali non
riescono ad evadere o a riprendersi.
Per David O. Russell, ora più che mai, i punti fermi sono identificati dalla famiglia e dalla donna. La prima da amare incondizionatamente, al di là di qualsiasi squilibrio, e la seconda da ammirare per la forza che la contraddistingue e per la tenacia con cui cerca di tener salda la prima, nonostante le variabili che spesso tenderebbero a disunirla e ad annientarla.
Sulla falsa riga di "The Fighter" allora, anche "Il Lato Positivo" (titolo italianizzato con buon senso da "Silver Linings Playbook” ma che inizialmente doveva essere "L'Orlo Argenteo delle Nuvole") insegue le sorti di una famiglia sconquassata, con grossi problemi da risolvere - dichiarati e non – e dovuti in primo luogo alla difficile situazione di Pat, uno dei due figli, finito in carcere e poi in terapia psichiatrica dopo aver colto in flagrante la moglie durante un tradimento e aver quasi picchiato a morte il suo amante in preda a un raptus violento. Un explosion guy - come, del resto, lo era Mark Wahlberg prima di lui – uscito dalla struttura di recupero sotto responsabilità della madre e alla ricerca di redenzione e perdono per recuperare, ad ogni costo, un matrimonio a cui è rimasto aggrappato ed esistente ancora solo nella sua testa.
Ecco ritornare allora l'aggettivo del titolo, positivo, utilizzato spessissimo, neanche fosse il ritornello-tormentone di una canzone estiva. Non è inteso però come il lato da guardare, il positivo nella pellicola di Russell diventa sostanzialmente un credo, una fede. Si tratta infatti di un esigenza per il protagonista, l'unica medicina che può curare quei mali interiori senza offuscargli il cervello come fanno le pillole che (non) prende, un lavoro tutto mentale che protegge Pat dal non precipitare a terra e affogare sotto una realtà che continua a non voler guardare dritta negli occhi perché troppo scomoda e negativa, opposta a quella a cui vorrebbe aspirare. Determinante diventa perciò l'incontro con Tiffany, la ragazza che si abbatte su di lui come un ciclone su una città, e che, a sua differenza, dopo la morte del marito, ha imparato a guardare la realtà fin troppo in faccia.
Da qui "Il Lato Positivo" quindi si corregge, variando la sua natura da dramma profondo a dramma a sfondo romantico e focalizzandosi sullo scontro tra due teste calde, dal passato simile, con un diverso modo di affrontare il presente. La positività perde pertanto gradualmente spessore, favorendo l'ascesa di qualcosa di più concreto e potente: l'amore, un amore costruito con lentezza, rinnegato, frenato dal protagonista per continuare a inseguire un sogno illusorio, ma al quale poi deve arrendersi una volta aver riconosciuto l’effettivo senso dei segni, esteriori e soprattutto interiori, che proseguono a martellarlo.
Così, apprezzando l’uso di attività metodiche e disciplinari (il jogging e il ballo) per correggere e controllare le sfuriate mentali della persona, Russell ne approfitta per infilare nel romanzo di Matthew Quick molte delle sue peculiarità (e molto della sua vita privata) in una pellicola che a sua volta tradisce il cartaceo e che non vede l’ora di assorbire e sprigionare entusiasmo. Personalità irascibili, famiglie imperfette, donne autorevoli e uomini ingestibili, modelli tanto cari al regista che stavolta agita il tutto con mestiere e lo dispone per ottenere un film stimolante, impulsivo e piuttosto piacevole, che tocca l’apice nel finale con una stravagante e seducente competizione di ballo a due.
Per David O. Russell, ora più che mai, i punti fermi sono identificati dalla famiglia e dalla donna. La prima da amare incondizionatamente, al di là di qualsiasi squilibrio, e la seconda da ammirare per la forza che la contraddistingue e per la tenacia con cui cerca di tener salda la prima, nonostante le variabili che spesso tenderebbero a disunirla e ad annientarla.
Sulla falsa riga di "The Fighter" allora, anche "Il Lato Positivo" (titolo italianizzato con buon senso da "Silver Linings Playbook” ma che inizialmente doveva essere "L'Orlo Argenteo delle Nuvole") insegue le sorti di una famiglia sconquassata, con grossi problemi da risolvere - dichiarati e non – e dovuti in primo luogo alla difficile situazione di Pat, uno dei due figli, finito in carcere e poi in terapia psichiatrica dopo aver colto in flagrante la moglie durante un tradimento e aver quasi picchiato a morte il suo amante in preda a un raptus violento. Un explosion guy - come, del resto, lo era Mark Wahlberg prima di lui – uscito dalla struttura di recupero sotto responsabilità della madre e alla ricerca di redenzione e perdono per recuperare, ad ogni costo, un matrimonio a cui è rimasto aggrappato ed esistente ancora solo nella sua testa.
Ecco ritornare allora l'aggettivo del titolo, positivo, utilizzato spessissimo, neanche fosse il ritornello-tormentone di una canzone estiva. Non è inteso però come il lato da guardare, il positivo nella pellicola di Russell diventa sostanzialmente un credo, una fede. Si tratta infatti di un esigenza per il protagonista, l'unica medicina che può curare quei mali interiori senza offuscargli il cervello come fanno le pillole che (non) prende, un lavoro tutto mentale che protegge Pat dal non precipitare a terra e affogare sotto una realtà che continua a non voler guardare dritta negli occhi perché troppo scomoda e negativa, opposta a quella a cui vorrebbe aspirare. Determinante diventa perciò l'incontro con Tiffany, la ragazza che si abbatte su di lui come un ciclone su una città, e che, a sua differenza, dopo la morte del marito, ha imparato a guardare la realtà fin troppo in faccia.
Da qui "Il Lato Positivo" quindi si corregge, variando la sua natura da dramma profondo a dramma a sfondo romantico e focalizzandosi sullo scontro tra due teste calde, dal passato simile, con un diverso modo di affrontare il presente. La positività perde pertanto gradualmente spessore, favorendo l'ascesa di qualcosa di più concreto e potente: l'amore, un amore costruito con lentezza, rinnegato, frenato dal protagonista per continuare a inseguire un sogno illusorio, ma al quale poi deve arrendersi una volta aver riconosciuto l’effettivo senso dei segni, esteriori e soprattutto interiori, che proseguono a martellarlo.
Così, apprezzando l’uso di attività metodiche e disciplinari (il jogging e il ballo) per correggere e controllare le sfuriate mentali della persona, Russell ne approfitta per infilare nel romanzo di Matthew Quick molte delle sue peculiarità (e molto della sua vita privata) in una pellicola che a sua volta tradisce il cartaceo e che non vede l’ora di assorbire e sprigionare entusiasmo. Personalità irascibili, famiglie imperfette, donne autorevoli e uomini ingestibili, modelli tanto cari al regista che stavolta agita il tutto con mestiere e lo dispone per ottenere un film stimolante, impulsivo e piuttosto piacevole, che tocca l’apice nel finale con una stravagante e seducente competizione di ballo a due.
Trailer:
io ho adorato questo film.
RispondiEliminaanche se in genere sono piuttosto cattivello, è riuscito a tirare fuori il mio lato positivo :)
a me non ha esaltato ma di sicuro sa come conquistare.
RispondiElimina