Belli e (im)Possibili: Wrong

Quentin Dupieux non è un autore dal linguaggio universale.
A dirlo è il sottoscritto ma ancor di più le disposizioni di un mercato che lo hanno sempre visto lontano dalla distribuzione su larga scala. Non è un caso che il suo nome rimanga una chimera per le nostre orecchie e non solo, e d'altronde si conosce benissimo il destino riservato a chi, per ordinaria amministrazione, scrive e pensa per spiazzare largamente chiunque si trovi a contatto coi suoi lavori.

Chi segue queste pagine si ricorderà di aver letto - molto tempo fa - di una storia, intitolata "Rubber", che aveva come protagonista uno pneumatico abbandonato e la cui direzione, ovviamente, apparteneva a Dupieux questo sconosciuto. A distanza di due anni da quell'utopistica creazione le cose sono tornate a vivere di un sapore molto più reale per il regista francese, ed in “Wrong” si risparmia di dar vita a un altro oggetto inanimato con impulsi omicidi per comporre un racconto sotto molti aspetti più logico e fondato, anche se mettersi a parlare di realismo sarebbe eccessivo persino stavolta, appurato il fatto che uno dei protagonisti principali di questa nuova follia è proprio la componente dilatata di surrealismo che si impossessa ininterrottamente della scena.

Intorno al dramma del padrone Dolphin - che una mattina deve fare i conti con la sparizione del suo adorato cane - c'è un contesto riempito di personaggi dai comportamenti utopistici e assolutamente fuori dalla norma, che contribuisce a dare alla pellicola continuamente quel senso di destabilizzazione pronto a mettere in dubbio l’effettivo accadimento di qualsivoglia evento. Per avvicinarsi a comprendere la forma stilistica di "Wrong" ci si potrebbe aiutare prendendo in considerazione l’altra, tipica, delle opere lynchiane, ma eseguendo ciò avremmo solo un’idea parziale della situazione poiché Dupieux, in confronto a Lynch, applica questa particolarità solamente ai personaggi, lasciando al territorio che li circonda il vincolo di muoversi e di vivere precisamente così come lo conosciamo. Eppure - nonostante questo frammento lineare - l'ipotesi che si stia miscelando costantemente sogno e realtà rimane un eventualità sempre immobile e da mantenere sul piatto.

Cercare per forza di trovare un filo logico al cinema emancipato di Dupiex sarebbe quindi un grossissimo errore: il regista ha adescato e adesca il suo pubblico proprio perché si fa beffa della coerenza e degli accordi sociali, sia istituiti che praticati. A dispetto di ciò però, nel personaggio più oscuro, misterioso e crudele di questa sua ultima creazione si cela comunque una specie di oscuro enigmista che vorrebbe valorizzare - secondo un suo codice personalissimo - il comportamento viziato ed effimero degli esseri umani. Il suo monologo a quattrocchi con Dolphin sugli animali, i vestiti e le giacche è chiaramente il più intriso di senso logico dell'intera vicenda ed è precisamente proprio li che inizia ad avere origine il cuore di qualcosa che poi svelerà la sua concreta esistenza negli ultimi minuti prima dei titoli di coda, cancellando quasi definitivamente quella strana sensazione di avere assistito ad un lavoro traviato e nonsense.

Si finisce per ridere molto perciò non appena “Wrong” chiude i suoi giochi. Si ride per il percorso obiettivamente spiritoso intrapreso da un co-protagonista che nel suo incedere senza meta porta uno stretto legame coi bisogni moderni, e si ride soprattutto perché si afferra quanto questi siano assai più semplici e vicini di quanto si creda. Per informazioni dettagliate chiedere a Dolphin.

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