Rush - La Recensione

E’ curioso notare come la seconda collaborazione tra Peter Morgan e Ron Howard, dopo il meraviglioso “Frost/Nixon: Il Duello”, continui attraverso la ricostruzione di un secondo scontro. Eppure Morgan nella sua carriera di sceneggiatore ha più volte manifestato attrazione a scavare tra storiche rivalità, come allo stesso modo ha fatto nella lettura e comprensione di personalità complesse e spigolose basti pensare a Nick Frost e Richard Nixon, appunto, o ancora meglio al Brian Clough visto in “Quel Maledetto United”.

Lasciarsi sfuggire l’occasione di raccontare allora una delle rivalità per eccellenza come quella memorabile tuonata tra Niki Lauda e James Hunt, sarebbe stata una leggerezza da parte sua imperdonabile, a maggior ragione se poteva contare sul supporto di un amico, e regista, come Ron Howard, ormai veterano nel realizzare blockbuster d’intrattenimento ben confezionati. Sorge quasi scontata perciò una pellicola come “Rush”, un’opportunità servita su un piatto d’argento che nessuno dei due aveva intenzione di mancare. La ricostruzione piuttosto fedele dei fatti accaduti durante il mondiale di Formula Uno del 1976 (anno in cui tra Lauda e Hunt l’astio era ai massimi definitivi) smorzati da piccoli flashback in cui si rimarca un’antipatia creatasi già dalle gare inferiori percorse in Formula Tre e un’ascesa bramata a tutti i costi da ambo le parti, nonostante i diverbi con le famiglie. 

D'altronde una delle qualità migliori di Morgan riguarda proprio l’andare a scavare nel privato dei personaggi che compone e, oltre a ricostruire un contorno esterno che ben collima con ciò che è già venuto alla luce, fornire ulteriori sfumature sullo scheletro più nascosto, il meno visibile alle telecamere. Dal canto suo ad Howard quindi non rimane altro che eseguire al meglio il suo mestiere, attenersi allo script, gestire bene i due attori protagonisti e fare in modo che non perdano il controllo dei loro personaggi esattamente come i piloti di Formula Uno devono fare con le loro autovetture. Un compito che al regista riesce in maniera del tutto impeccabile e convincente, privo di ogni minima sbavatura, e lo conduce fino al rievocamento della passione e delle suggestioni di un’annata lontanissima, da molti nemmeno vissuta, in cui il fenomeno delle corse era ancora uno sport avvincente, entusiasmante e mortale.

Ma proprio perché a fare da mastice è il rapporto tra i due protagonisti che il merito più grande da attribuire a Ron Howard è l'aver saputo scegliere impeccabilmente gli attori a cui delegare il difficile compito di far rivivere due immensi miti. Daniel Brühl è un Niki Lauda colossale, la fredda calamita della pellicola a cui è impossibile non attaccarsi, entrato talmente in parte da far dimenticare mentre lo si guarda che la sua è solo un'interpretazione fedele. Chris Hemsworth, a sorpresa, si dimostra invece la copia sputata di James Hunt, impressionante nella somiglianza estetica e bravissimo nell'entrare all'interno di un’anima rockstar senza mai rimanerne intrappolato dimenticando quella fame chimica di vittoria di chi è eterno secondo.

Con tocco narrativo poco romanzato e dalla forte impronta documentaristica, dunque, Ron Howard e Peter Morgan collezionano per la seconda volta un riuscitissimo prodotto cinematografico. “Rush è intrattenimento ad altissimo livello, capace di riportare indietro il tempo a più di trent'anni e concedendo il lusso di veder da vicino due grandi miti salendo anche in monoposto con loro se sorretti da quel minimo d'immaginazione.
La voce fuori campo del vero Niki Lauda che apre e chiude la storia poi è la ciliegina sulla torta, aumenta i brividi e leva il mistero di un grande odio che fu prima di tutto immenso rispetto e reciproca stima.

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