Il sogno americano rivoltato come un calzino; entità alla conquista di una felicità, visualizzata come pace interiore, che a sua volta si allontana da loro a ogni passo di marcia con cui testardamente si ostinano ad andargli incontro; un paesaggio asfissiante, arido e rarefatto, dove a germogliare è solamente dolore e malessere.
La seconda opera di Scott Cooper ha decisamente un retrogusto amaro, difficile da mandare giù, prende delle distanze enormi dal suo lavoro d'esordio e non fornisce mai la speranza che uno dei suoi personaggi possa essere bagnato da un minimo di contentezza, quantomeno utile a fargli prendere quella boccata di ossigeno indispensabile a ridurre il fiatone.
Un cambiamento totale, insomma, rispetto a ciò che si era intravisto nel suo "Crazy Heart", perché nei vasti spazi e nelle poche possibilità concesse ai due fratelli Baze, interpretati da Christian Bale e Casey Affleck, non c'è assolutamente neppure lo spazio per far passare e distendere la corda di recupero che Maggie Gyllenhaal cercava di far impugnare in quella pellicola al personaggio di uno stratosferico Jeff Bridges, e quando uno di loro, qui, cerca di reclamarla con tutto sé stesso questa corda, chiedendo metaforicamente aiuto, la Lena di Zoe Saldana lo fulmina con una notizia che chiude definitivamente ogni porta d'ingresso alla gioia.
Sarà stata allora la presenza di Brad Ingelsby durante la stesura della sceneggiatura, forse, ad estirpare in Cooper quella voglia di seminare almeno uno spiraglio di luce per i suoi protagonisti, o magari la necessità di raccontare quel pezzettino d'America nascosta che non frequentemente viene presa in esame per esser trasferita sul grande schermo, tuttavia, motivazioni e giustificazioni a parte, di "Il Fuoco Della Vendetta: Out Of The Furnace" andrebbe premiata innanzitutto l'imposizione con cui difende i suoi intenti senza mai ingannare o scomporre la solida struttura ossea che gli appartiene. Sin dai primi sospiri infatti la pellicola non omette mai la sua aria caratteriale cruda e violenta, incapace di frenare gli istinti e determinata a procedere passo dopo passo sempre a carte scoperte. L'America inquadrata da Cooper non ha nulla a che vedere con quella mainstream alla ricerca del successo e attenta a non lasciarsi sfuggire le occasioni, è quella arrabbiata e disordinata, violenta e indifferente alle leggi, abitata da persone che hanno buttato i sogni nel cestino e affrontano la realtà a pugni chiusi e denti stretti, coscienti che per loro non c'è miracolo previsto in attesa di consegna.
D'altronde vuole chiaramente far male "Il Fuoco Della Vendetta: Out Of The Furnace", spezzare il ritratto principe di uno stato mostrandone il lato più oscuro, velenoso, nudo. E per la cattiveria con cui si impegna nell'andare incontro al suo scopo assesta facilmente un grosso cazzotto nello stomaco sotto il quale si resta immobili, increduli e addolorati. Come anche privi di qualunque effetto collaterale.
Trailer:
La seconda opera di Scott Cooper ha decisamente un retrogusto amaro, difficile da mandare giù, prende delle distanze enormi dal suo lavoro d'esordio e non fornisce mai la speranza che uno dei suoi personaggi possa essere bagnato da un minimo di contentezza, quantomeno utile a fargli prendere quella boccata di ossigeno indispensabile a ridurre il fiatone.
Un cambiamento totale, insomma, rispetto a ciò che si era intravisto nel suo "Crazy Heart", perché nei vasti spazi e nelle poche possibilità concesse ai due fratelli Baze, interpretati da Christian Bale e Casey Affleck, non c'è assolutamente neppure lo spazio per far passare e distendere la corda di recupero che Maggie Gyllenhaal cercava di far impugnare in quella pellicola al personaggio di uno stratosferico Jeff Bridges, e quando uno di loro, qui, cerca di reclamarla con tutto sé stesso questa corda, chiedendo metaforicamente aiuto, la Lena di Zoe Saldana lo fulmina con una notizia che chiude definitivamente ogni porta d'ingresso alla gioia.
Sarà stata allora la presenza di Brad Ingelsby durante la stesura della sceneggiatura, forse, ad estirpare in Cooper quella voglia di seminare almeno uno spiraglio di luce per i suoi protagonisti, o magari la necessità di raccontare quel pezzettino d'America nascosta che non frequentemente viene presa in esame per esser trasferita sul grande schermo, tuttavia, motivazioni e giustificazioni a parte, di "Il Fuoco Della Vendetta: Out Of The Furnace" andrebbe premiata innanzitutto l'imposizione con cui difende i suoi intenti senza mai ingannare o scomporre la solida struttura ossea che gli appartiene. Sin dai primi sospiri infatti la pellicola non omette mai la sua aria caratteriale cruda e violenta, incapace di frenare gli istinti e determinata a procedere passo dopo passo sempre a carte scoperte. L'America inquadrata da Cooper non ha nulla a che vedere con quella mainstream alla ricerca del successo e attenta a non lasciarsi sfuggire le occasioni, è quella arrabbiata e disordinata, violenta e indifferente alle leggi, abitata da persone che hanno buttato i sogni nel cestino e affrontano la realtà a pugni chiusi e denti stretti, coscienti che per loro non c'è miracolo previsto in attesa di consegna.
D'altronde vuole chiaramente far male "Il Fuoco Della Vendetta: Out Of The Furnace", spezzare il ritratto principe di uno stato mostrandone il lato più oscuro, velenoso, nudo. E per la cattiveria con cui si impegna nell'andare incontro al suo scopo assesta facilmente un grosso cazzotto nello stomaco sotto il quale si resta immobili, increduli e addolorati. Come anche privi di qualunque effetto collaterale.
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