La scomparsa della moglie chiude Matthew Morgan in casa, in solitudine, a contatto con rimorsi, dolori e significati che adesso la sua esistenza fatica ad intercettare per andare avanti. L'anzianità che lo accompagna è unico attenuante a lui positivo: lo tiene in bilico tra il poco da vivere a disposizione e la scelta di potersene andare di spontanea volontà, senza troppi rimpianti. Dei due figli in America solo qualche ombra, della Parigi in cui vive da estraneo solo ricordi e nient'altro. Nient'altro a parte Pauline: la giovane ragazza che un giorno, accidentalmente, entra in contatto con lui portando curioso disordine in una monotonia a dir poco asfissiante.
A tenere sulle spalle il peso, non poco indifferente, di una pellicola ragionata, complessa e, in determinati tratti, emotiva è un Michael Caine la cui età non sembra aver scalfito minimamente solidità, presenza scenica e bravura. Quello che vede protagonista "Mister Morgan" è un trattato sulla porzione vitale che ci resta da vivere quando il mondo a cui siam sempre stati abituati cambia irreversibilmente, in cui la malinconia di una vita al tramonto priva di affetti cardine impedisce reazioni, isolando o perlomeno favorendo un isolamento. Fondamentale, non solo come movimento principe, diventa quindi la figura di Clémence Poésy e di Pauline: mai troppo definita, in difficoltà ma cura salutare verso colui che in lei non solo riesce a intravedere l'immagine della moglie recentemente scomparsa ma soprattutto una spinta alla quale concedere la schiena per rilanciarsi. Perché in fondo alla regista e sceneggiatrice Sandra Nettelbeck ciò che interessa, è ribadire le possibilità che ogni essere umano ha a disposizione per ricominciare, non importa da dove o da quando, l'importante è non cedere il passo e contrastare ogni possibile forma di morte con qualsiasi risorsa a disposizione.
Innanzitutto allora il suo "Mister Morgan" viene assorbito come fosse un tiepido sollievo, una pellicola con radici principalmente positiviste, da accogliere, che non fugge dalla tristezza e tende a purificarla testardamente convertendola in speranza. Il più delle volte il processo convince e si accetta volentieri, coadiuvato da una scansione narrativa sostenuta eppure compatta e armoniosa, in altre invece i cedimenti si notano ma, salvo qualche leggerissima forzatura, non rovinano un accomodamento che funziona e rilassa.
Al termine della visione la sensazione dunque è quella di non avere assistito ad una storia esattamente definita e compiuta, la partecipazione al lutto e alla resurrezione di Mister Morgan da più l'idea di un pezzo di vita reale a cui si è avuto il privilegio di partecipare. Merito anche di un Michael Caine talmente strepitoso a cui non si può fare altro che affezionarsi. Spigoli compresi.
Trailer:
A tenere sulle spalle il peso, non poco indifferente, di una pellicola ragionata, complessa e, in determinati tratti, emotiva è un Michael Caine la cui età non sembra aver scalfito minimamente solidità, presenza scenica e bravura. Quello che vede protagonista "Mister Morgan" è un trattato sulla porzione vitale che ci resta da vivere quando il mondo a cui siam sempre stati abituati cambia irreversibilmente, in cui la malinconia di una vita al tramonto priva di affetti cardine impedisce reazioni, isolando o perlomeno favorendo un isolamento. Fondamentale, non solo come movimento principe, diventa quindi la figura di Clémence Poésy e di Pauline: mai troppo definita, in difficoltà ma cura salutare verso colui che in lei non solo riesce a intravedere l'immagine della moglie recentemente scomparsa ma soprattutto una spinta alla quale concedere la schiena per rilanciarsi. Perché in fondo alla regista e sceneggiatrice Sandra Nettelbeck ciò che interessa, è ribadire le possibilità che ogni essere umano ha a disposizione per ricominciare, non importa da dove o da quando, l'importante è non cedere il passo e contrastare ogni possibile forma di morte con qualsiasi risorsa a disposizione.
Innanzitutto allora il suo "Mister Morgan" viene assorbito come fosse un tiepido sollievo, una pellicola con radici principalmente positiviste, da accogliere, che non fugge dalla tristezza e tende a purificarla testardamente convertendola in speranza. Il più delle volte il processo convince e si accetta volentieri, coadiuvato da una scansione narrativa sostenuta eppure compatta e armoniosa, in altre invece i cedimenti si notano ma, salvo qualche leggerissima forzatura, non rovinano un accomodamento che funziona e rilassa.
Al termine della visione la sensazione dunque è quella di non avere assistito ad una storia esattamente definita e compiuta, la partecipazione al lutto e alla resurrezione di Mister Morgan da più l'idea di un pezzo di vita reale a cui si è avuto il privilegio di partecipare. Merito anche di un Michael Caine talmente strepitoso a cui non si può fare altro che affezionarsi. Spigoli compresi.
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