Solo Gli Amanti Sopravvivono - La Recensione

Approfittarsi dei vampiri è diventata una moda, uno specchietto per allodole incisivo e ben rodato con cui difficilmente non si riesce ad attirare attenzione. Eppure Jim Jarmusch, con i suoi di vampiri, rischia di deludere ogni aspettativa canonica poiché le creature da lui generate, pur mantenendo fieri fascino e caratteristiche, di mischiarsi alla folla, o meglio ancora, alla massa, non ne hanno alcuna voglia.

Sono infatti personalità decimate, taciturne e pacifiche i vampiri di "Solo Gli Amanti Sopravvivono", relegate hai margini di una società che frequentano sporadicamente e solo per necessità vitali (come comprare sangue buono da bere), per la quale provano delusione e disprezzo a causa della preoccupante mutazione subita nel corso dei secoli. La definisce composta da zombie infatti l'Adam di Tom Hiddlestone, sottolineando la mancata cura degli esseri umani nei confronti di sé stessi, e giustificando allo stesso modo i motivi che lo hanno spinto ad allontanarsi da loro il più possibile rimanendo aggrappato alla sola, unica cosa che, moglie a parte, protegge e coltiva (ama) nella sua vita: la musica. In questo modo è subito chiaro che la pellicola di Jarmusch ha innanzitutto voglia di spronare, di stuzzicare attraverso il mito dei vampiri un qualsiasi tipo di reazione da parte nostra, che sia indifferenza, rabbia o riflessione poco conta, l'importante è che ci sia prova e testimonianza che quei zombie di cui sospetta dimostrino di non essere davvero tali e reali.

Interessato da sempre nella sua carriera a raccontare figure alienate, in difficoltà e il loro rapporto con il mondo circostante, con "Solo Gli Amanti Sopravvivono" il regista allora oltre a criticare quella che è a tutti gli effetti una fotografia decadente della società moderna, si rifugia ad intercettare il bello proiettandosi a ritroso nel tempo, scavando con l'aiuto dei suoi personaggi nel passato e nella Storia e insinuando con un pizzico di positività una possibilità di rinascita: la speranza che ciò che è stato non sia del tutto esaurito, ma anzi ancora alla portata e percorribile se solo ce ne fosse voglia e passione. Ma la sua, appunto, è una pellicola che oltre a puntare nostalgia e malinconia soprattutto ha la missione di infondere romanticismo, romanticismo perché crede dell'amore come ancora di salvezza, romanticismo sebbene quell'amore che unisce Adam e Eve sia diviso da chilometri e chilometri di distanza, ma tuttavia solido e carnale abbastanza da sopravvivere alla distanza e al (tanto) tempo che passa.

Diventa quindi impossibile non invaghirsi di fronte a questa opera poetica a tinte dark, fisicamente improbabile non lasciarsi cullare e cadere vittime di uno stallo che invita a stendersi, a sdraiarsi al buio con occhi al cielo, meditando la ricerca di qualcosa che forse non è più raggiungibile.
Magari è davvero giunta l'ora di reagire con addosso quella fame violenta - dolorosa sia chiaro, non come quella lussuriosa della vampira Ava - quella che in realtà pensavamo di non dover più utilizzare, magari davvero pur di difendere ad ogni costo l'amore che ci governa tutto è permesso, anche dover andare contro quelli che pensavamo, una volta, essere nostri ferrei principi.

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