Seth Rogen rappresenta oggi buona parte della commedia americana. Nello specifico, quella parte che si occupa di raccontare, attraverso le sfumature, la sindrome incurabile (o quasi) di Peter Pan, una malattia alla quale non si è mai totalmente immuni e che può manifestarsi attraverso il corso di varie generazioni.
Quella che vediamo in "Cattivi Vicini", per esempio, è una guerra senza esclusione di colpi tra ventenni e trentenni, i primi riluttanti all'idea di crescere e di costruirsi, un giorno, anche un nucleo familiare e i secondi invidiosi e restii nel dover abbandonare la fase più caotica e irresponsabile della loro vita per via di una dolcissima figlia appena nata che li richiama all'ordine e alla disciplina.
Nessuno dei due schieramenti, ovviamente, è in grado di vederci chiaro sui reali motivi che li porteranno all'apertura del grande astio, ma dopo un patto di convivenza fallito a causa del chiasso ininterrotto dei più giovani, il territorio che li circonda diventerà troppo piccolo per essere condiviso pacificamente dalle due sponde.
Nessuno dei due schieramenti, ovviamente, è in grado di vederci chiaro sui reali motivi che li porteranno all'apertura del grande astio, ma dopo un patto di convivenza fallito a causa del chiasso ininterrotto dei più giovani, il territorio che li circonda diventerà troppo piccolo per essere condiviso pacificamente dalle due sponde.
Come al solito l'idea, nella sua essenza, pare essere sbocciata appositamente per lo sfogo ininterrotto di sketch e battute ad alto ritmo e risate. Eppure la pellicola diretta da Nicholas Stoller, contrariamente alle aspettative, non preme l'acceleratore sul pedale e sta ben attenta a non sforzare il motore per non andare mai su di giri e rischiare di perdere il controllo. La velocità è più quella da crociera, quindi, quella in cui il tempo e lo spazio anziché essere aggrediti vengono accarezzati e coccolati. Come si può immaginare allora "Cattivi Vicini" non arriva mai ad essere totalmente scorretto come l'incipit iniziale poteva in qualche modo far auspicare, ma procede stabile con il suo passo felpato senza né correre troppo e né rallentare. Lascia a Seth Rogen e a Zac Efron il compito di stimolare l'azione - che il più delle volte è verbale - sono loro a decidere i momenti in cui dare o meno una sferzata alla scena e sempre loro a darsele di santa ragione, a picchiarsi o guardarsi male. Spalleggiati all'occorrenza da comprimari validissimi tra cui spicca su tutti una Rose Byrne brillante e sensuale come non la vedevamo sullo schermo probabilmente da secoli.
Dispiace, dunque, che la pellicola di Stoller decida di contenersi oltre il dovuto e di esplodere definitivamente solo nel gran finale, uno di quelli disordinati abbastanza da riportare alla mente quello ancor più memorabile visto in "Project X: Una Festa Che Spacca", qualche anno fa. L'ottima alchimia scatenata dalla lotta di mente e di fisico dei due protagonisti poteva probabilmente generare una maggiore carica comica che, per quanto ci riguarda, resta vincolata alla scena dei sosia di Robert De Niro e alla trovata straordinaria degli airbag rubati e ricollocati.
Dispiace, dunque, che la pellicola di Stoller decida di contenersi oltre il dovuto e di esplodere definitivamente solo nel gran finale, uno di quelli disordinati abbastanza da riportare alla mente quello ancor più memorabile visto in "Project X: Una Festa Che Spacca", qualche anno fa. L'ottima alchimia scatenata dalla lotta di mente e di fisico dei due protagonisti poteva probabilmente generare una maggiore carica comica che, per quanto ci riguarda, resta vincolata alla scena dei sosia di Robert De Niro e alla trovata straordinaria degli airbag rubati e ricollocati.
Sta di fatto che se Seth Rogen ha saputo cucirsi addosso un'etichetta importante che lo vede riferimento della commedia americana non è certamente per merito di lavori come "Cattivi Vicini", che rispetto alle opere migliori si piazza decisamente al di sotto, lontanissimo, per intenderci, dai livelli di "Molto Incinta" o "Superbad".
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