Exodus: Dei e Re - La Recensione

Di raccontare l'Esodo per filo e per segno, rispettandone la sacralità e onorandone all'estremo il valore, soprattutto nei confronti di un popolo che in esso è riuscito a trovare liberazione e speranza, Ridley Scott non si era mai fatto carico. La sua missione era infatti quella di trovare un nuovo kolossal da dirigere, che fosse in grado di rievocare il grande successo ottenuto con "Il Gladiatore", e che avesse al centro una figura tanto forte quanto modesta, magari impegnata anch'essa ad assumere le vesti di grande guerriero, ammirato dal suo sovrano e poco amato dal legittimo erede al trono.

Per cui è inutile perdersi in chiacchiere analizzando un taglio che dai più ferrei non sarà condiviso, piuttosto che una storia a cui è commissionato il compito di adattarsi alle esigenze del mercato a cui è destinata anziché il contrario. D'altronde che l'eroe rappresentato in passato da Massimo Decimo Meridio, in questo "Exodus: Dei e Re" - con le dovute differenze – sarebbe stato impersonato dal Mosè di Christian Bale, era assai scontato e palese, e ad annunciarlo era, in sostanza, quello sviluppo similare che lo vedeva inizialmente comandante e braccio destro del figlio del sovrano d'Egitto e in seguito individuo esiliato a causa di una profezia che lo designava come salvatore degli Ebrei, prediletto di Dio.
Le fattezze con cui la pellicola di Scott cerca di imporsi allora sono le medesime del blockbuster epico, mastodontico e fantascientifico: con una prima parte leggermente più statica ed esplicativa - in cui comunque non mancano battaglie e giochi di potere - e una seconda grandemente più ritmica e spettacolare, dove la parentesi delle dieci piaghe (che proprio dieci non saranno) e l'attraversamento del Mar Rosso fanno da protagonisti, arricchendo un duello assemblato da minacce e promesse e destinato ad esser rimandato fino allo stremo.

Ma sebbene il prendere ad esempio un modello certificato e sicuro avvicini di molto "Exodus: Dei e Re" a prendere le sembianze che il suo regista chiedeva, il non riuscire a trovare mai la strada giusta per creare muscolarità e intrattenimento fa in modo che gli sforzi compiuti non arrivino minimamente ad esser ripagati a dovere, risultando spesso anche poco convincenti come evitabili. Se dunque consideriamo a priori che il fatto di aver preso licenza poetica era fondamentale per evitare vincoli tendenzialmente scomodi e delicati ( suggeriti persino dalla tanto discussa selezione del cast), è piuttosto chiaro come ciò che doveva portare a una libertà totale e costruttiva abbia nel suo piccolo fallito l’intera occasione e mancato il bersaglio. Vuoi, oltre che per la sceneggiatura, anche per la rappresentazione di un Dio bambino, un po' capriccioso, il quale più che apparire come coscienzioso e onnipotente ricorda un Hitler rovesciato e alle prime armi, improvvisamente desideroso di sterminare gli egiziani e di rendere giustizia al popolo ebraico, con o senza l’aiuto del (prima apparentemente indispensabile) Mosè.

E perciò, al di là dei dettagli e dei cambiamenti – dei quali appunto ci importa poco e niente - quello in cui "Exodus: Dei e Re" manca di gran lunga è il centrare quantomeno l'obiettivo di esaltare e trasportare i suoi spettatori nell'avventura e nel conflitto (compreso quello fraterno) che i due protagonisti, ordinatamente, instaurano. Una pretesa che in circa due ore e mezza era più che raggiungibile, ma che invece Scott, evidentemente, puntava a conquistare con un miracolo.

Trailer:

Commenti