Per Andy e Lana Wachowski "Matrix" sarà eternamente delizia e croce, il capolavoro della carriera probabilmente, e l'unità di misura con cui i loro fan misurano e andranno a misurare il valore di ogni opera scritta a seguito.
Nessuno sconto perciò a "Jupiter: Il Destino Dell'Universo", che dall'ambizione abnorme di "Cloud Atlas" prende le distanze e proprio a quel "Matrix" vorrebbe riavvicinarsi, nello stile e decisamente nella forma. C'è una protagonista femminile, infatti, che come Neo parte dall'essere niente e si ritrova destinata a grandi cose, messa al centro di una storia fantascientifica confinata al fantasy che ci trascina in un mondo alternativo, meraviglioso e spietato. Stavolta nessun trucco, solo un inganno: la terra è una coltivazione di esseri umani (una delle tante) destinata a fornire i suoi abitanti come profitto per generare più tempo da mettere a disposizione della dinastia principe che vive sul pianeta Orous, governato da tre fratelli (due uomini e una donna) che puntano, separatamente, a spostare gli equilibri della loro famiglia per avere potere e governare. Un discorso assai meno filosofico di quello introdotto da Morpheus, insomma, ma ugualmente cinico e immorale da dover essere fermato e riletto. Ed è qui che entra in gioco Jupiter, la Mila Kunis impiegata di pulizie che, a quanto pare, merito dell'astrologia, è legittima ereditaria del pianeta Terra, e che attraverso una serie di burocrazie aliene (lente come quelle terrestri), in qualche modo, assumerà le sembianze dell'elemento indispensabile a favorire le sorti di una guerra familiare a sua insaputa già iniziata.
E' piuttosto evidente allora come i fratelli Wachowski, questa volta abbiano messo da parte la loro voglia di sperimentare e di osare, per agire in sicurezza e concedersi il ritorno ad un genere che manipolano a proprio piacimento e in perenne scioltezza. In "Jupiter: Il Destino Dell'Universo" riusciamo a rintracciare quell'epicità coinvolgente, indispensabile alla fantascienza intenta a lasciare il segno, con riferimenti al cinema del passato masticati e ricomposti (pensare a "Star Wars" e al recente "John Carter" sarà più che normale) e una tendenza al romanticismo che fino ad ora non era mai stata così prioritaria nella filmografia dei fratelli di Chicago. La passione scoppiata tra Jupiter e Caine (il personaggio di Channing Tatum), a tratti, è più potente e importante del loro stesso scopo, che comunque resta strettamente connesso alla loro congiunzione, sopravvivenza e successo. Indicazione che stavolta l'intento primario è quello di intrattenere elasticamente, senza nodi e confini, evitando quindi profondità torbide per andare a condire un intreccio né eccessivamente blando né eccessivamente complicato.
Forse ci troviamo di fronte al film più fruibile firmato dai fratelli Wachowski, quel prodotto studiato appositamente per non deludere i sostenitori incalliti e convincere i dissidenti. Del resto "Cloud Atlas" era stato piuttosto chiaro a riguardo: se si parla di fantascienza, i creatori di "Matrix" sanno sbaragliare ogni concorrenza. E nel caso qualcuno avesse avuto dubbi, è il caso che si ricreda immediatamente.
Per quelli, invece, di "era meglio "Matrix", bè, per loro non c'è speranza...
Per quelli, invece, di "era meglio "Matrix", bè, per loro non c'è speranza...
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