Inside Out - La Recensione

Chi pensava ad un esaurimento della genialità sbagliava. Alla Pixar si erano presi solo una piccola vacanza (cinque anni), il tempo necessario per recuperare le forze e ripartire, lavorando nel frattempo in economia, con la mano sinistra (anche se la loro mano sinistra molti si accontenterebbero di averla come destra).

A interrompere questo break però ci pensa "Inside Out" l'intuizione meravigliosa con cui la casa d'animazione californiana decide di esplorare le emozioni principali che abitano il cervello umano, servendosi della nascita e della crescita di una bambina undicenne, prossima ad entrare nell'età complicata dell'adolescenza. Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto sono i protagonisti di questo incredibile esperimento, la squadra designata per gestire il centro di controllo responsabile dei nostri stati emotivi, determinanti a loro volta per giustificare comportamenti, azioni e reazioni che quotidianamente ognuno di noi manifesta e compie.
A permettere l'esplorazione della mente e il consecutivo viaggio nei suoi meandri, un trasloco scioccante con destinazione San Francisco: corto circuito rivoluzionario per la vita della piccola Riley e miccia pericolosa da gestire soprattutto per Gioia, l'emozione che sin dai primi vagiti della bambina ha cercato di affermarsi affettuosamente sopra le altre permettendo alla piccola di costruire le basi per una personalità estroversa e felice. Per questo quando all'improvviso la sua controparte, Tristezza, comincia a comportarsi in maniera anomala, compromettendo il piacere di alcuni ricordi, Gioia sente il dovere di intervenire prepotentemente provocando un incidente che lascia il centro di controllo scoperto, al solo comando di Rabbia, Disgusto e Paura.

Ma il lavoro compiuto dalla Pixar, al di la della bellezza e del piacere diretto, inviato dalla pellicola, è di natura assai più complessa: poiché si tratta di una ricostruzione fantasiosa che tuttavia ha l'ambizione di voler essere quantomeno plausibile e coerente.
Nel percorso a ritroso di Gioia e Tristezza - nettamente in linea con lo stampo pixariano più dolce - c'è allora tutto un mondo da scoprire e da esaminare, un mondo fatto di ricordi (principali, archiviati, sbiaditi e dimenticati), amici immaginari, set cinematografici che scrivono sogni e incubi, e piccole isole-madri da difendere, in cui risiedono passioni, affetti, onestà e dosi di divertimento. Un universo utopistico, appartenente in maniera simile ma differente a tutti noi, e dove "Inside Out" prova a fare chiarezza, spremendo al meglio le sue doti creative e percezione dell'astratto.
Un territorio in perenne evoluzione, dove inconsciamente Riley sta attraversando uno spaesamento dovuto a quella crescita fisiologica, alla quale mancano all'appello sia Gioia che Tristezza, entrambe troppo impegnate a rendersi conto di quanto siano indispensabili l'una per l'altra e inconsciamente complici da sempre nella crescita e nella maturazione della loro amata.
Già, e questa forse è l'unica, illuminante, lezione che Pete Docter, sceneggiatore e regista, ha la generosità e il desiderio di impartire con la sua opera, e non solo ai bambini, ma probabilmente e soprattutto agli adulti (per i quali è riservato un approfondimento), o perlomeno a quelli che ancora si ostinano a non comprendere ciò che invece lui, a quanto pare, ha distintamente intuito, fatto suo e condiviso.

Come accadde cinque anni fa allora, con "Toy Story 3", la Pixar torna a farci emozionare, ridere e commuovere con una sincerità e un cuore che solo lei può vantare. I ricordi di Riley, i sentimenti e quel sorriso accennato dopo lo sfogo di un pianto trattenuto oltremisura, rendono "Inside Out" qualcosa che va oltre l'animazione, qualcosa che paradossalmente si avvicina alla realtà più di quanto la realtà vera abbia mai fatto.
Per farla breve, siamo di fronte all'ennesima pietra miliare da custodire e conservare.

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