La Regola Del Gioco - La Recensione

Calcolando il periodo storico, siamo nel 1996, quel che succede in "La Regola Del Gioco" somiglia tantissimo alle ultime gocce di quel vaso fatto traboccare poi, qualche anno più avanti, da Will McAvoy in "The Newsroom".

Sono apici di giornalismo pompiere infatti quelli cavalcati da Gary Webb, per anni alla ricerca di una storia che lo portasse alla ribalta nel suo lavoro e all'improvviso autore di quello che rischia di essere uno dei più grossi scandali nazionali e mondiali per il suo paese. Per finanziare gli armamenti ai ribelli del Nicaragua, negli anni Ottanta, l'America, con la collaborazione della CIA, favoriva l'esportazione e lo spaccio di crack nelle sue terre, nonostante pubblicamente dichiarava, di Presidente in Presidente, una lotta costante per annientare lo smercio di stupefacenti.
Da una pagina come questa - vera come ci viene ricordato all'inizio - Martin Scorsese avrebbe girato la camera sui "colpevoli" a stelle e strisce, limitando a qualche incursione misurata le indagini di giornalismo e gli incontri interrogatori. Michael Cuesta, che sa di non essere affatto Scorsese, resta concentrato invece sull'agitazione delle acque e le varie conseguenze, intento a sfoderare un thriller d'inchiesta, equilibrato e solido, mantenuto in riga da un bravo Jeremy Renner, tornato al centro dell'attenzione dopo anni di distanza dal quarto capitolo di Bourne.‎ E' una pellicola impostata assai canonicamente allora "La Regola Del Gioco", a cui non bisogna chiedere tripli salti mortali, come nemmeno giravolte particolari, Cuesta è bravo tuttavia a tenere la mano ferma e a non perdere dal suo raggio visivo il tiro verso l'obiettivo principale, cioè raccontare una pagina importante a cui, forse, si è concessa poca attenzione/spessore (colpa dello scandalo Clinton-Lewinsky, pare).

Ecco tornare prepotente perciò, nell'economia dell'esposizione, quel campo giornalistico, quello che anche Renner, nel momento più importante e drammatico della sua demolizione, esalta e contemporaneamente abbatte, circondato da colleghi, superiori e addetti ai lavori che preferiscono non alimentare incendi, proteggendo i comportamenti del loro paese, tranquillizzando gente e rinunciando alla possibilità incredibile di poter cambiare il mondo con un pezzo di carta scritto da inchiostro.
E' il punto di contatto più stretto che la sceneggiatura di "La Regola Del Gioco" si permette di avere con la serie di Aaron Sorkin, quello sprazzo di aggressività che non fa parte del suo carattere generale, eppure in quel piccolo sfogo, in quel leggero andare fuori binario, è abbastanza scaltro da immettere una spruzzata di colore sgargiante, tra i numerosi tratti netti e precisi.

Ispirato ai libri di Nick Shou (Kill The Messenger), quello realizzato da Cuesta va a classificarsi così come un prodotto asciutto che fa il suo dovere: informa e intrattiene. Evitando, magari, qualsiasi tipo di esaltazione, ma inchiodando piacevolmente alla poltrona.

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