Crimson Peak - La Recensione

Sulla grandezza di Guillermo del Toro, quella artistica, ci si interroga da anni: c'è chi lo considera un maestro, chi lo considera un sopravvalutato e chi si inserisce al centro, in attesa di quel segno che possa agevolarlo nella schiarita dell'irrisolto dibattito. Quello che con "Crimson Peak" riceve finalmente un'accelerata verso la netta svolta, mettendo d'accordo una buona maggioranza e incanalandosi in una sorta di mediazione che pareva insperata.

Sempre più concentrato a curare i scenari, la bellezza, le atmosfere e i dettagli dei suoi lavori, Del Toro infatti in quest'ultima fatica trascura pesantemente il fattore scrittura, presentando al pubblico una storia confezionata egregiamente, curata nei dettagli all'esterno, ma con una sceneggiatura imbarazzatissima che manca, oltre che di credibilità, persino l'appuntamento con i due generi principali, necessari al funzionamento del suo calcolato meccanismo: ovvero l'horror e il thriller. Doveva essere un racconto di fantasmi, di spiriti rimasti sulla terra per risolvere i propri conti in sospeso, "Crimson Peak". Ma doveva essere anche una storia d'amore anticonvenzionale, torbida, tra protagonisti misteriosi, con un passato da nascondere o da dimenticare. Da questi due scenari l'obiettivo era quello di dare vita, infine, ad una energia cupa e inquietante, fondamentale per il respiro della pellicola e necessaria per tenere sotto scacco lo spettatore, sbalestrandolo in un turbine di misteri ed emozioni fino all'epilogo conclusivo. Questa almeno è la sensazione di un'idea che poteva essere la base per un buon progetto.
Ai fatti, però, "Crimson Peak" è tutt'altro prodotto: una pellicola che tratta entrambe le sue materie con sufficienza disarmante, che dimentica di creare suspense e di spaventare, così come dimentica di costruire curiosità e tensione per incentivare interesse verso la fine di quella corsa, peraltro fin troppo spiattellata in corsia, da diventare prevedibile, scarica e bizzarra. Agisce in maniera assai posticcia, Del Toro, con una narrazione svogliata e impacciata, ricca di eccessivi indizi e con svolte e dialoghi involontariamente comici e sconclusionati, tanto da apparire, a un certo punto (forse per limitare i danni), intenzionalmente divertenti, seppur ancora con scarsissima resa e consenso.

In quella che, probabilmente, molti aspettavano come l'opera della sua consacrazione, il ritorno ad uno stile più ricercato, lontano dal target blockbusteriano, che ricordava con le dovute distanze e differenze la profondità ed il rilievo riconosciute a "Il Labirinto Del Fauno" - (per molti) suo film più convincente ed esaltante - Del Toro fornisce allora le risposte meno attese e desiderate, mantenendo alte le sue attitudini maggiormente consolidate, ma perdendo terreno per quanto riguarda quelle su cui c'era ancora incertezza e necessità di verifica. Neppure un cast di tutto rispetto come quello composto da Mia Wasikowska, ma soprattutto da Tom Hiddleston e Jessica Chastain, riescono a ripararlo e a difenderlo, il decadimento di "Crimson Peak" è talmente rapido, costante e ininterrotto che anziché venir rallentato dai suoi interpreti finisce per inghiottire anche loro e trascinarli in un pasticcio che esige di essere dimenticato già durante i titoli di coda.

Due ore di noia, incredulità e rammarico, insomma, per una pellicola di sole due ore che da, appunto, l'impressione di durare, ahinoi, qualcosina in più. Un giudizio, questo, dal sapore più oggettivo che soggettivo, che ci fa pensare, almeno questa volta, di essere tutti d'accordo sul Del Toro-operato. Nonostante, per buona parte dei fedeli, l'ammissione verrà rilasciata con enorme rammarico e incredulità.

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