La Felicità E' Un Sistema Complesso - La Recensione

Ve lo ricordate George Clooney tagliatore di teste in "Tra Le Nuvole"? Ecco, Valerio Mastandrea in "La Felicità è Un Sistema Complesso" - il nuovo lavoro di Gianni Zanasi -  svolge lo stesso mestiere, con l'unica sostanziale differenza che, anziché licenziare i cosiddetti ultimi, cioè la classe operaia, è specializzato nel cacciare via i membri della classe dirigente, quella composta maggiormente da figli di papà, o, come li chiama lui, dalle cavallette: capaci solo a mangiare e a distruggere quello che incontrano. Se uno di loro sta per ereditare il potere, lui viene chiamato per convincerlo a farsi da parte, evitando che in poco tempo trascini l'azienda nel baratro e costringa a mandare via migliaia di dipendenti innocenti. La sua tecnica infallibile consiste nell'entrare in empatia con la vittima, diventarci amico e condividere con lei tempo libero, hobby e opinioni, guadagnando la sua fiducia e spronandola per andare incontro ai suoi sogni, raramente confinati all'imprenditoria familiare. Niente freddezza, quindi, quella Enrico Giusti se la tiene per sé, per aderire al meglio al ruolo che deve vestire e per tenere a distanza un passato di cui non va fiero e che vuole riscattare con tutto sé stesso, un passato di cui parla poco e che ritratta, ma che deve affrontare faccia a faccia non appena il fratello decide di scaricargli la sua fidanzata straniera in casa e un nuovo incarico di licenziamento - stavolta a discapito di un ventenne - gli viene commissionato dai suoi superiori.

Il Mastandrea di "Non Pensarci" (pellicola precedente di Zanasi) e quello di "La Felicità E' Un Sistema Complesso" sono quindi due facce della stessa medaglia: diversi, anzi diversissimi tra loro, eppure entrambi bisognosi di aiuto e di risolvere i loro problemi interiori (e non). Zanasi porta avanti dunque un discorso avviato circa otto anni fa, con un personaggio più maturo e più compatto rispetto a quel trentenne in crisi, tornato all'ovile dalla sua famiglia. Il suo Enrico Giusti è un uomo che ha smesso di esistere, lo dice chiaro e tondo al fratello intimorito e in fuga dalle proprie responsabilità: se ti sudano le mani è perché sei vivo, goditela, a me sono anni che non succede, io sono anni che non sudo più. Il fratello però non lo ascolta, così come lui stesso ha smesso di fare con il suo corpo, perché a lui da un certo punto della sua vita in poi è interessata solo la redenzione, il riscatto del proprio cognome, della famiglia, la gestione di un forte senso di colpa illegittimo a cui tuttavia doveva far fronte e rimediare. Non può contare su nessuno Enrico Giusti, o meglio, ha deciso di circondarsi di persone che lo sfruttano unicamente per ciò che rappresenta a livello aziendale, per cui lo squarcio della convivenza forzata con la ragazza israeliana (e suicida), scaricata dal fratello, diventa per lui il primo metro di giudizio con cui cominciare a guardarsi all'interno.

Lei si, lo farà sudare, gli farà ricordare cosa significa essere vivo, si incollerà a lui non (solo) sentimentalmente, ma lavorativamente e umanamente, durante il delicatissimo processo d'annientamento di due ragazzi giovanissimi che rappresentano, oltre che delle vittime anomale per il suo lavoro, anche qualcosina di più nella sua testa. Tornando allora alle somiglianze, in "La Felicità E' Un Sistema Complesso" come in "Non Pensarci" si ritorna a parlare di vita, dei problemi, delle scelte e di quelle soluzioni che forse sarebbero pure percorribili (o forse no), ma non in questo mondo, non in un mondo in cui le decisioni non dipendono solo ed esclusivamente da un unica persona. Apre gli occhi, a questo punto, Enrico Giusti, oppure comincia semplicemente ad usarli, a chiamare le cose col proprio nome e a smettere di torturarsi per qualcosa che non è mai dipesa da lui e per cui nulla, quindi, poteva fare. La ricerca, complessa, di una felicità che Zanasi cosparge seguendo quello che potremmo ormai definire il suo stile, con un umorismo gustoso e devastante da affiancare al discorso più serio, di carattere esistenziale, un umorismo con il quale Mastandrea si sposa alla perfezione, conquistando il picco delle risate nella scena di un karaoke improvvisato con una canzone indimenticabile.

Agisce fuori dagli schemi più rigidi, il cinema di Zanasi, muove i suoi passi secondo un pensiero proprio, staccato dalle convenzioni e dalle aspettative marchiate a fuoco del nostro panorama. I suoi lavori colpiscono ogni volta come un fulmine a ciel sereno, come qualcosa di inaspettato, come se certe storie, raccontate in una certa maniera, secondo la nostra esperienza non siano possibili. Invece, fortunatamente, la ragione sta da tutt'altro lato e ancora una volta, dopo aver visto il film, esserci emozionati e aver riso, si pensa a Zanasi e a Mastandrea come a due persone a cui volere bene. Ma tanto bene. Come a due grandi amici.

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