Fare o non fare. Non c'è provare.
J.J. Abrams lo sapeva: da lui non ci si aspettavano tentativi, nelle sue mani c'era l'obbligo tassativo di portare a termine quello che George Lucas, sedici anni fa, non era riuscito a portare a termine. E non si trattava solo di realizzare un ottimo film, le sue mansioni richiedevano che riuscisse a mettere in piedi uno spettacolo che andasse incontro a tutto quello che i fan di "Star Wars" volessero vedere. Qualcosa al di sopra del solito lavoro di sceneggiatore e regista, più incline, diciamo, alle capacità potenti di un cavaliere Jedi.
Nel verbo fare però possono esserci infiniti significati e Abrams, ha scelto di prendere per sé stesso quello che gli consentisse di portare a termine il suo compito, senza rischiare troppo, osando il meno possibile, se non per quei due o tre colpi di scena pesanti, ma comunque necessari e fisiologici. Il settimo episodio di "Star Wars" diventa allora il ricalco pesante di "Star Wars: Una Nuova Speranza", il primo capitolo della trilogia classica, con protagonisti e sfondi diversi, ma una trama che ripercorre metodicamente determinati passaggi, mentre in parallelo dona spessore e identità ai nuovi eroi e ai nuovi villain, alternandoli coi tempi giusti ai ritorni del passato annunciati e previsti. Mossa, questa, con cui Abrams ostenta furbizia, ma soprattutto difficoltà nell'andare a maneggiare un prodotto su cui non è possibile avere più una piena libertà creativa e di movimento, un prodotto appartenente ormai a quella gente, a quei fanatici appunto, innamorati del franchise e per questo convinti di poterne decidere le sorti tenendo sempre a disposizione l'ultima parola.
La sceneggiatura di "Star Wars: Il Risveglio Della Forza" però pur andando incontro alle loro volontà - assecondandole come forse meglio era impossibile - non snatura una radice piantata per girare sempre attorno ai problemi di una certa famiglia, quella radice a cui Lucas teneva particolarmente e che Abrams, neanche faticando troppo, si impegna a tenere viva attraverso un intreccio emotivamente pesante da mandare giù, eppure fantastico da poter seguire, specie immaginandolo in prospettiva. Una prospettiva che, in perfetta coerenza ancora con l'Episodio IV, resta per la maggior parte intrisa di mistero, di dubbi e di incertezze, in particolare per quel che riguarda passato e origini dei nuovi volti, i quali, probabilmente, verranno sciolti negli episodi a venire, con possibili nuovi colpi di scena, esattamente come Lucas decise di fare a suo tempo.
Emozioni, brividi, soddisfazioni, lacrime. Tutto impeccabile, tutto come lo si sperava. Ma, bisogna ammettere, che un minimo di iniziativa in più in questo nuovo episodio la si attendeva, specialmente riguardante l'immaginario, i mondi, delle creazioni inedite che venissero di sana pianta dalla nuova gestione e dessero la percezione di pieno controllo e non di ordinaria amministrazione. Non è detto che Abrams non possa rimediare a questo in futuro, che magari volesse prima assicurarsi il benestare del pubblico con un remake timido sotto questi aspetti, ma potentissimo per quanto riguardava le attese, ma se ci chiedessero di trovare il pelo nell'uovo nel suo operato, questo, sarebbe di sicuro quello più rilevante e deludente.
Per il resto, se dimenticassimo la seconda trilogia (e siamo sicuri per molti non sarà difficile), questo potrebbe essere considerato senza se e senza ma uno "Star Wars 2.0", una trilogia che, appunto, si rifà a quella storica, strizzando l'occhio ai vecchi fan e accaparrandosi di diritto le nuove generazioni, che ci metteranno un secondo a perdere la testa per una mitologia a cui bastano i titoli di testa per suscitare brividi e fermenti.
Trailer:
J.J. Abrams lo sapeva: da lui non ci si aspettavano tentativi, nelle sue mani c'era l'obbligo tassativo di portare a termine quello che George Lucas, sedici anni fa, non era riuscito a portare a termine. E non si trattava solo di realizzare un ottimo film, le sue mansioni richiedevano che riuscisse a mettere in piedi uno spettacolo che andasse incontro a tutto quello che i fan di "Star Wars" volessero vedere. Qualcosa al di sopra del solito lavoro di sceneggiatore e regista, più incline, diciamo, alle capacità potenti di un cavaliere Jedi.
Nel verbo fare però possono esserci infiniti significati e Abrams, ha scelto di prendere per sé stesso quello che gli consentisse di portare a termine il suo compito, senza rischiare troppo, osando il meno possibile, se non per quei due o tre colpi di scena pesanti, ma comunque necessari e fisiologici. Il settimo episodio di "Star Wars" diventa allora il ricalco pesante di "Star Wars: Una Nuova Speranza", il primo capitolo della trilogia classica, con protagonisti e sfondi diversi, ma una trama che ripercorre metodicamente determinati passaggi, mentre in parallelo dona spessore e identità ai nuovi eroi e ai nuovi villain, alternandoli coi tempi giusti ai ritorni del passato annunciati e previsti. Mossa, questa, con cui Abrams ostenta furbizia, ma soprattutto difficoltà nell'andare a maneggiare un prodotto su cui non è possibile avere più una piena libertà creativa e di movimento, un prodotto appartenente ormai a quella gente, a quei fanatici appunto, innamorati del franchise e per questo convinti di poterne decidere le sorti tenendo sempre a disposizione l'ultima parola.
La sceneggiatura di "Star Wars: Il Risveglio Della Forza" però pur andando incontro alle loro volontà - assecondandole come forse meglio era impossibile - non snatura una radice piantata per girare sempre attorno ai problemi di una certa famiglia, quella radice a cui Lucas teneva particolarmente e che Abrams, neanche faticando troppo, si impegna a tenere viva attraverso un intreccio emotivamente pesante da mandare giù, eppure fantastico da poter seguire, specie immaginandolo in prospettiva. Una prospettiva che, in perfetta coerenza ancora con l'Episodio IV, resta per la maggior parte intrisa di mistero, di dubbi e di incertezze, in particolare per quel che riguarda passato e origini dei nuovi volti, i quali, probabilmente, verranno sciolti negli episodi a venire, con possibili nuovi colpi di scena, esattamente come Lucas decise di fare a suo tempo.
Emozioni, brividi, soddisfazioni, lacrime. Tutto impeccabile, tutto come lo si sperava. Ma, bisogna ammettere, che un minimo di iniziativa in più in questo nuovo episodio la si attendeva, specialmente riguardante l'immaginario, i mondi, delle creazioni inedite che venissero di sana pianta dalla nuova gestione e dessero la percezione di pieno controllo e non di ordinaria amministrazione. Non è detto che Abrams non possa rimediare a questo in futuro, che magari volesse prima assicurarsi il benestare del pubblico con un remake timido sotto questi aspetti, ma potentissimo per quanto riguardava le attese, ma se ci chiedessero di trovare il pelo nell'uovo nel suo operato, questo, sarebbe di sicuro quello più rilevante e deludente.
Per il resto, se dimenticassimo la seconda trilogia (e siamo sicuri per molti non sarà difficile), questo potrebbe essere considerato senza se e senza ma uno "Star Wars 2.0", una trilogia che, appunto, si rifà a quella storica, strizzando l'occhio ai vecchi fan e accaparrandosi di diritto le nuove generazioni, che ci metteranno un secondo a perdere la testa per una mitologia a cui bastano i titoli di testa per suscitare brividi e fermenti.
Trailer:
Commenti
Posta un commento