Dai propri errori bisogna imparare, si dice, ma l'unico modo per poterlo fare, una volta ammesse le proprie colpe, è quello di individuare correttamente dove tali errori effettivamente si trovino. Perché saper leggere bene le situazioni non è mica attitudine di chiunque, c'è anche chi molto spesso si ritrova a prendere fischi per fiaschi, a scambiare i pregi per i difetti, combinando disastri assai superiori di quelli a cui era chiamato a porre rimedio.
Ora, vedendo "Batman v Superman: Dawn Of Justice", l'impressione è che Zack Snyder appartenga precisamente a questa sfortunata categoria, che abbia frainteso, quindi, ogni riscontro relativo a "Man Of Steel", perseverando verso quella che, a questo punto, potremmo considerare come la sua idea di cinema: vale a dire un doping di spettacolarizzazione privo di limiti, volto a schiacciare sotto il suo enorme peso sia trama che personaggi. Non c'è una struttura all'altezza infatti a far da sostegno alle frizioni, le angosce ed i sospetti che, a lungo andare, portano poi allo scontro tra titani promesso dal titolo. Esiste uno spunto interessante su cui lavorare, ma evidentemente l'esigenza di passare ad un'azione in crescendo, tutta esplosioni ed effetti speciali doveva essere più urgente di qualsiasi intreccio drammaturgico. Certo, sicuramente una porzione di responsabilità è da attribuire anche alle indicazioni ricevute dai piani alti, nelle quali è evidente l'intenzione di innalzare un progetto assai simile a quello che alla Marvel ormai è già in stato avanzato da anni, però bisogna anche riconoscere che in tale progetto non era per nulla necessario aggiungere alcune pieghe che la pellicola, al contrario, tra i suoi molteplici ribaltamenti, si concede, e che chiaramente sono figlie più della poetica ambiziosa e megalomane del suo regista - autore della sceneggiatura insieme a David S. Goyer e Chris Terrio - che di altro.
Vuole fare un po' il Joss Whedon della situazione, in questo caso, Snyder, dimostrare al pubblico e a sé stesso di poter gestire senza fatica un immaginario ampio e ricco di personaggi, alzando l'asticella generale di difficoltà con la pretesa di far comunque quadrare i conti. L'intelligenza e la visione periferica di Whedon tuttavia non sono nelle sue corde - quantomeno per ora - così come nelle sue corde non è nemmeno la potenza scenica di Christopher Nolan, che tenta vagamente di imitare, con scarsi risultati, specialmente in quelle parentesi che vedono protagonista il Lex Luthor avvincente, ma forse un po' troppo ispirato al Joker e all'Enigmista, di Jesse Eisenberg (come al solito impeccabile nell'interpretazione e una spanna sopra tutti). Una serie di vorrei, ma non posso che trovano il loro apice nelle occasioni mancate più grandi della pellicola, quelle che davano l'opportunità di approfondire da vicino la questione tortuosa della lotta infinita tra Uomo e Dio e il curioso dilemma della politica da applicare o meno davanti ad un eventuale scesa in terra dell'onnipotente: due imbeccate niente male che avrebbero potuto, se investigate, dare un sapore come minimo accettabile ad un intruglio, in realtà, insipido e inefficace.
Nel cercare di imitare Whedon e Nolan, praticamente, Snyder finisce per perdere addirittura quel poco di buono che nella sua filmografia aveva dimostrato appartenere a sé stesso. Riesce nell'impresa di mettere lo spettatore alle corde, di fargli sperare che il giocattolo che ha davanti finisca di funzionare o si rompa il prima possibile, tanto è seccante e privo di coinvolgimento il suo spingersi oltre. Scenario che a vederlo ora, a distanza di mesi dalla fase di annunciazione del film, fa piuttosto sorridere, specie se si ricordano le varie discussioni, incessanti, relative a Ben Affleck e al suo essere o meno degno di vestire i panni di Batman.
Si, Ben Affleck, che oggi, invece, è l'ultimo dei problemi di questo "Batman v Superman: Dawn Of Justice". Ma proprio l'ultimo.
Trailer:
Ora, vedendo "Batman v Superman: Dawn Of Justice", l'impressione è che Zack Snyder appartenga precisamente a questa sfortunata categoria, che abbia frainteso, quindi, ogni riscontro relativo a "Man Of Steel", perseverando verso quella che, a questo punto, potremmo considerare come la sua idea di cinema: vale a dire un doping di spettacolarizzazione privo di limiti, volto a schiacciare sotto il suo enorme peso sia trama che personaggi. Non c'è una struttura all'altezza infatti a far da sostegno alle frizioni, le angosce ed i sospetti che, a lungo andare, portano poi allo scontro tra titani promesso dal titolo. Esiste uno spunto interessante su cui lavorare, ma evidentemente l'esigenza di passare ad un'azione in crescendo, tutta esplosioni ed effetti speciali doveva essere più urgente di qualsiasi intreccio drammaturgico. Certo, sicuramente una porzione di responsabilità è da attribuire anche alle indicazioni ricevute dai piani alti, nelle quali è evidente l'intenzione di innalzare un progetto assai simile a quello che alla Marvel ormai è già in stato avanzato da anni, però bisogna anche riconoscere che in tale progetto non era per nulla necessario aggiungere alcune pieghe che la pellicola, al contrario, tra i suoi molteplici ribaltamenti, si concede, e che chiaramente sono figlie più della poetica ambiziosa e megalomane del suo regista - autore della sceneggiatura insieme a David S. Goyer e Chris Terrio - che di altro.
Vuole fare un po' il Joss Whedon della situazione, in questo caso, Snyder, dimostrare al pubblico e a sé stesso di poter gestire senza fatica un immaginario ampio e ricco di personaggi, alzando l'asticella generale di difficoltà con la pretesa di far comunque quadrare i conti. L'intelligenza e la visione periferica di Whedon tuttavia non sono nelle sue corde - quantomeno per ora - così come nelle sue corde non è nemmeno la potenza scenica di Christopher Nolan, che tenta vagamente di imitare, con scarsi risultati, specialmente in quelle parentesi che vedono protagonista il Lex Luthor avvincente, ma forse un po' troppo ispirato al Joker e all'Enigmista, di Jesse Eisenberg (come al solito impeccabile nell'interpretazione e una spanna sopra tutti). Una serie di vorrei, ma non posso che trovano il loro apice nelle occasioni mancate più grandi della pellicola, quelle che davano l'opportunità di approfondire da vicino la questione tortuosa della lotta infinita tra Uomo e Dio e il curioso dilemma della politica da applicare o meno davanti ad un eventuale scesa in terra dell'onnipotente: due imbeccate niente male che avrebbero potuto, se investigate, dare un sapore come minimo accettabile ad un intruglio, in realtà, insipido e inefficace.
Nel cercare di imitare Whedon e Nolan, praticamente, Snyder finisce per perdere addirittura quel poco di buono che nella sua filmografia aveva dimostrato appartenere a sé stesso. Riesce nell'impresa di mettere lo spettatore alle corde, di fargli sperare che il giocattolo che ha davanti finisca di funzionare o si rompa il prima possibile, tanto è seccante e privo di coinvolgimento il suo spingersi oltre. Scenario che a vederlo ora, a distanza di mesi dalla fase di annunciazione del film, fa piuttosto sorridere, specie se si ricordano le varie discussioni, incessanti, relative a Ben Affleck e al suo essere o meno degno di vestire i panni di Batman.
Si, Ben Affleck, che oggi, invece, è l'ultimo dei problemi di questo "Batman v Superman: Dawn Of Justice". Ma proprio l'ultimo.
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