The Animal Kingdom (Le Règne Animal) - La Recensione

Il Regno Animale Poster

Chi nasce per non modificare nulla, non merita né rispetto, né pazienza.
Lo ripete il Romain Duris padre al Paul Kircher figlio. In un monito che dovrebbe aiutare l'adolescente a prendere con maggior filosofia la metamorfosi della madre, colpita da un mutamento che la sta trasformando lentamente e sempre di più in animale. Non è un caso isolato: come racconta la prima scena - bellissima - di "The Animal Kingdom (Le Règne Animal)", infatti, ciò che sta succedendo è sotto gli studi dei medici da qualche anno. Le vittime colpite sono casuali, così com'è casuale la specie a cui si finisce per somigliare.

Si, ma di che parla, sostanzialmente, il nuovo film di Thomas Cailley?
A pelle - anzi, a istinto, rimanendo in tema - si potrebbe dire che parli di crescita, che sotto la componente sci-fi contaminata da una leggerissima spolverata di horror, ci sia un semplicissimo coming-of-age: con un rapporto padre-figlio inizialmente incrinato che deve trovare il modo per accorciare quella distanza che gli straordinari eventi hanno contribuito a creare. Però, non si può negare che dentro una storia come questa, se ci mettiamo a cercare tra i simboli e i sottotesti, di argomenti ne riusciamo a ricavare molti di più: a partire da una pandemia che costringe gli "infetti" ad essere catturati e rinchiusi in strutture specializzate, in attesa di una cura in grado di riportarli alla loro forma originale. Scenario che, chiaramente, provoca ribellioni, reazioni da parte dei diretti interessati, che molto spesso - sorretti da una genetica in costante rielaborazione - riescono a fuggire agli esperimenti e a nascondersi un po' ovunque, creando paura e astio tra la popolazione "normale". Cosi come, proseguendo con la trama, capiamo anche quanto Cailley tenga a celebrare la fase del cambiamento, l'accettazione dello stesso, che in qualche modo fa rima con crescita e con evoluzione e maturazione dell'essere umano.

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Tanta carne al fuoco, tanti spunti, all'interno di una pellicola che, tuttavia, ha come obiettivo principale quello di intrattenere, di stupire, di coinvolgere. Nonostante alcune delle questioni intercettate siano calde, caldissime, forse, l'approccio di Cailley non arriva mai a raggiungere quel sentore di istruzione o di superiorità verso chi guarda, lasciandoci liberi di scegliere da che parte stare e perché. Piuttosto ciò che prova a fare il regista (e sceneggiatore insieme a Pauline Munier) è cercare di premere al massimo sulle corde emotive, sulle difficoltà di una famiglia privata di una figura importantissima, che deve fare i conti pure con ulteriori sconvolgimenti, destinati a complicare ulteriormente le cose. Ed è una scelta che, seppur non priva di difetti, sostanzialmente paga, perché "The Animal Kingdom (Le Règne Animal)" nella sua evidente ambiziosità e nella sua vorace fame di influenze, ha la capacità di creare momenti di cinema davvero toccanti e sorprendenti. A volte ciò rischia di portarlo a scendere in qualche discontinuità di troppo, allungandosi magari oltre le aspettative, ma senza compromettere il piacere di una visione che resiste e che sa come risollevarsi.

Del resto è evidente che Cailley abbia voluto alzare la posta, rischiare, e pur non lasciandoci a bocca aperta, quindi, come era accaduto nel precedente "The Fighters: Addestramento Di Vita" (se non l'avete visto, recuperatelo), la sensazione qui è ugualmente appagante e simile a quella di chi si sente sfamato, sazio. Merito, probabilmente, anche di un cinema - quello francese - che non ha paura di osare e di esplorare (e di sbagliare, se capita) prendendo strade nuove, strade diverse e superando una comfort-zone che, al contrario, è diventata sabbie mobili per il nostro cinema.

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