Quella di "Amleto" è una (se non la) delle tragedie di William Shakespeare più rappresentate e conosciute al mondo. Ciò significa che portarla su un palcoscenico, e renderla interessante, attirando la curiosità, soprattutto di chi ha avuto modo di conoscerla e di apprezzarla, è un mestiere cervellotico quanto pericolosamente improduttivo: poiché si rischia di tentare la carta, a doppio taglio della modernizzazione e della libertà artistica, fatale nel caso in cui questa venga ritenuta responsabile numero uno della perdita della partita.
E nella versione cinematografica, che però è teatrale - andata in onda via Satellite, in diretta, lo scorso ottobre in 25 diversi paesi - proprio di questo si discute in primis, con un Benedict Cumberbatch intervistato a riguardo e invitato ad assistere, come ospite d'onore, ad un "Amleto", (probabilmente) under 14, allestito in una scuola.
Dopo di che, quella che è l'ennesima rappresentazione del dramma, realizzata al National Theater di Londra e diretta dalla regista Lyndsey Turner, ha inizio. Ad aprire la scena è un Cumberbatch seduto a terra, nella sua stanza, che ricorda un bambino intento a giocare coi suoi giocattoli. Veste abiti moderni - per nulla inclini a quelli che il testo originale vorrebbe - ed è in compagnia di un grammofono che riproduce la canzone Nature Boy di Nat King Cole. Non serve altro, dunque, per capire quale cifra stilistica abbia scelto la Turner per fornire colore alla sua operazione, in quello che non è altro che un crescendo costante di decisioni alternative e al passo, che però, anziché far storcere il naso, si rivelano gradevoli come una ventata di freschezza in una giornata di aria calda. Già, perché poi il testo, la sua corposità e le tematiche rimangono conformi al prodotto originale, quasi come fossero una fede da onorare, esorcizzata della sua sacralità solo dalla dose di humour concessa ad Amleto e al suo attore che, molto spesso, ispirano sorrisi e risate sostenendo l'attenzione e la concentrazione del pubblico in sala (presente negli applausi, le risate e la tosse).
Imponente nella messa in scena, esemplare nel mutare lo spazio e gli ambienti, robusto musicalmente e concettualmente. C'è da dire, poi, che il fascino sostanziale e penetrante studiato dalla Turner è decisamente uno dei punti di forza che esaltano - specie in quella che è la versione televisiva o cinematografica, fate voi - questa sua "nuova" trasposizione del testo. La stella, ovvero Cumberbatch, evita di appoggiarsi allo spessore hollywoodiano raggiunto e, con l'umiltà degna di un qualunque interprete, si fa in quattro per dare rigore e credibilità alla sua performance, che infatti convince e delizia pur non spaccando di prepotenza la quarta parete. Accanto a lui, a tenergli testa, un team di attori di fascia meno popolare - almeno per quel che riguarda l'Italia - ma comunque di enorme esperienza e validissimo spessore, tra i quali spiccano Ciarán Hinds ed il suo il Claudius, Sian Brooke e la sua l'Ophelia e Jim Norton al quale viene chiesto di dar vita a un divertentissimo Polonio (non a tempo pieno, chiaramente).
Uno spettacolo, perciò, di assoluto rispetto, predisposto per andare incontro alle esigenze dei più intransigenti, come per tendere le braccia ai novizi refrattari. Un "Amleto" che gioca con intelligenza quella carta di libertà e modernizzazione di cui parlavamo prima e che, secondo chi scrive, ha il privilegio, non solo di funzionare per quello che è il suo compito, ma di andare anche qualche livello più in alto, mostrando al pubblico italiano un tipo di teatro culturalmente e mentalmente superiore.
E parliamo di una superiorità piuttosto lontana dal denaro e dagli investimenti, ma più affine alla volontà e all'applicazione di imprimere qualità al mestiere e desiderio di stupire lo spettatore.
Trailer:
E nella versione cinematografica, che però è teatrale - andata in onda via Satellite, in diretta, lo scorso ottobre in 25 diversi paesi - proprio di questo si discute in primis, con un Benedict Cumberbatch intervistato a riguardo e invitato ad assistere, come ospite d'onore, ad un "Amleto", (probabilmente) under 14, allestito in una scuola.
Dopo di che, quella che è l'ennesima rappresentazione del dramma, realizzata al National Theater di Londra e diretta dalla regista Lyndsey Turner, ha inizio. Ad aprire la scena è un Cumberbatch seduto a terra, nella sua stanza, che ricorda un bambino intento a giocare coi suoi giocattoli. Veste abiti moderni - per nulla inclini a quelli che il testo originale vorrebbe - ed è in compagnia di un grammofono che riproduce la canzone Nature Boy di Nat King Cole. Non serve altro, dunque, per capire quale cifra stilistica abbia scelto la Turner per fornire colore alla sua operazione, in quello che non è altro che un crescendo costante di decisioni alternative e al passo, che però, anziché far storcere il naso, si rivelano gradevoli come una ventata di freschezza in una giornata di aria calda. Già, perché poi il testo, la sua corposità e le tematiche rimangono conformi al prodotto originale, quasi come fossero una fede da onorare, esorcizzata della sua sacralità solo dalla dose di humour concessa ad Amleto e al suo attore che, molto spesso, ispirano sorrisi e risate sostenendo l'attenzione e la concentrazione del pubblico in sala (presente negli applausi, le risate e la tosse).
Imponente nella messa in scena, esemplare nel mutare lo spazio e gli ambienti, robusto musicalmente e concettualmente. C'è da dire, poi, che il fascino sostanziale e penetrante studiato dalla Turner è decisamente uno dei punti di forza che esaltano - specie in quella che è la versione televisiva o cinematografica, fate voi - questa sua "nuova" trasposizione del testo. La stella, ovvero Cumberbatch, evita di appoggiarsi allo spessore hollywoodiano raggiunto e, con l'umiltà degna di un qualunque interprete, si fa in quattro per dare rigore e credibilità alla sua performance, che infatti convince e delizia pur non spaccando di prepotenza la quarta parete. Accanto a lui, a tenergli testa, un team di attori di fascia meno popolare - almeno per quel che riguarda l'Italia - ma comunque di enorme esperienza e validissimo spessore, tra i quali spiccano Ciarán Hinds ed il suo il Claudius, Sian Brooke e la sua l'Ophelia e Jim Norton al quale viene chiesto di dar vita a un divertentissimo Polonio (non a tempo pieno, chiaramente).
Uno spettacolo, perciò, di assoluto rispetto, predisposto per andare incontro alle esigenze dei più intransigenti, come per tendere le braccia ai novizi refrattari. Un "Amleto" che gioca con intelligenza quella carta di libertà e modernizzazione di cui parlavamo prima e che, secondo chi scrive, ha il privilegio, non solo di funzionare per quello che è il suo compito, ma di andare anche qualche livello più in alto, mostrando al pubblico italiano un tipo di teatro culturalmente e mentalmente superiore.
E parliamo di una superiorità piuttosto lontana dal denaro e dagli investimenti, ma più affine alla volontà e all'applicazione di imprimere qualità al mestiere e desiderio di stupire lo spettatore.
Trailer:
I am going to see the film. I like the main actors, I appreciate his play.
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