Questo John Le Carré va un casino ultimamente.
Direbbe così, grossomodo, il Mugatu giornalista, prestato al cinema, piuttosto che alla televisione. Perché, in effetti, l'adattamento dei romanzi dello scrittore britannico in pellicole o, più recentemente, in miniserie televisive, negli ultimi anni è cresciuto in maniera esponenziale, applicato come bollino, neanche fosse sponsor di qualità assicurata e incontrovertibile.
Che poi, in un certo senso, non sarebbe neppure un concetto completamente sbagliato, se non fosse che adattare un libro - a prescindere dal mezzo di comunicazione - significa dover tagliare e risistemare ciò che in principio era nato secondo una forma ben precisa, estranea a politiche di durata. Con Le Carré, poi, è addirittura peggio. I suoi racconti godono di tempi larghissimi, ellittici, in cui a far da padrone sono i particolari, le attese e i sospesi, ovvero fattori che raramente puoi permetterti di accorciare, riscrivere o eliminare, altrimenti il rischio è quello di far crollare un impalcatura retta indissolubilmente sul dettaglio. Logica, tuttavia, con la quale ha deciso ugualmente di entrare in contrasto la regista inglese Susanna White che, servendosi della sceneggiatura scritta da Hossein Amini, ne "Il Traditore Tipo" velocizza in modo assai eccessivo le sfumature cucite attorno all'intreccio politico posto al centro, sforbiciando su particolari e situazioni relative ai due protagonisti (in particolare sul loro adescamento e sulla loro consecutiva evoluzione) con la conseguenza inesorabile di andare a rendere fragile e poco credibile un telone narrativo che, al contrario, con una manciata di accorgimenti in più a far da sostegno, poteva evitare di fare entrare acqua un po' da tutte le parti e di scadere nel ridicolo involontario.
Alleggerire un autore non proprio mainstream provando a renderlo tale, del resto, non è un incarico limitato, casomai uno sforzo non indifferente, radicale, per certi versi. E allora può succedere anche che, mettendo in pratica l'operazione, ti ritrovi a dissacrarlo nel suo spirito, a smontarlo e a rimontarlo non conforme rispetto a quello che era il suo aspetto originale, realizzando, così, magari, quel prodotto più accessibile che avevi in mente, ma dal peso specifico totalmente ristrutturato e fiacco. Eppure, a pelle, pare sia stata comunque questa la scommessa prioritaria che "Il Traditore Tipo" ha voluto prendere in carico, distanziandosi nettamente da pellicole più compassate, tese e ragionate come "La Talpa" o "La Spia: A Most Wanted Man" - in cui le inclinazioni di Le Carré venivano protette e messe in evidenza - e avvicinandosi ad uno spettacolo dai requisiti nitidamente comandati e dinamici.
Peccato, dunque, che in certi casi scegliere non è possibile, ma bisogna rendersi conto del materiale a disposizione ed agire secondo una logica precisa e molto oculata. Quella secondo la quale se Ewan McGregor deve passare da uomo qualunque a Obi Wan Kenobi senza neppure uno straccio di spiegazione, forse, è meglio rivedere lo script e sistemare qualcosina. Questo almeno se si vuole evitare di buttare all'aria una storia che, e si vede lontano un miglio, dalla sua aveva sicuramente dei pregi da mettere in mostra.
Pregi che però né la White, né Amini (a loro la spartizione delle responsabilità) hanno saputo far emergere.
Trailer:
Direbbe così, grossomodo, il Mugatu giornalista, prestato al cinema, piuttosto che alla televisione. Perché, in effetti, l'adattamento dei romanzi dello scrittore britannico in pellicole o, più recentemente, in miniserie televisive, negli ultimi anni è cresciuto in maniera esponenziale, applicato come bollino, neanche fosse sponsor di qualità assicurata e incontrovertibile.
Che poi, in un certo senso, non sarebbe neppure un concetto completamente sbagliato, se non fosse che adattare un libro - a prescindere dal mezzo di comunicazione - significa dover tagliare e risistemare ciò che in principio era nato secondo una forma ben precisa, estranea a politiche di durata. Con Le Carré, poi, è addirittura peggio. I suoi racconti godono di tempi larghissimi, ellittici, in cui a far da padrone sono i particolari, le attese e i sospesi, ovvero fattori che raramente puoi permetterti di accorciare, riscrivere o eliminare, altrimenti il rischio è quello di far crollare un impalcatura retta indissolubilmente sul dettaglio. Logica, tuttavia, con la quale ha deciso ugualmente di entrare in contrasto la regista inglese Susanna White che, servendosi della sceneggiatura scritta da Hossein Amini, ne "Il Traditore Tipo" velocizza in modo assai eccessivo le sfumature cucite attorno all'intreccio politico posto al centro, sforbiciando su particolari e situazioni relative ai due protagonisti (in particolare sul loro adescamento e sulla loro consecutiva evoluzione) con la conseguenza inesorabile di andare a rendere fragile e poco credibile un telone narrativo che, al contrario, con una manciata di accorgimenti in più a far da sostegno, poteva evitare di fare entrare acqua un po' da tutte le parti e di scadere nel ridicolo involontario.
Alleggerire un autore non proprio mainstream provando a renderlo tale, del resto, non è un incarico limitato, casomai uno sforzo non indifferente, radicale, per certi versi. E allora può succedere anche che, mettendo in pratica l'operazione, ti ritrovi a dissacrarlo nel suo spirito, a smontarlo e a rimontarlo non conforme rispetto a quello che era il suo aspetto originale, realizzando, così, magari, quel prodotto più accessibile che avevi in mente, ma dal peso specifico totalmente ristrutturato e fiacco. Eppure, a pelle, pare sia stata comunque questa la scommessa prioritaria che "Il Traditore Tipo" ha voluto prendere in carico, distanziandosi nettamente da pellicole più compassate, tese e ragionate come "La Talpa" o "La Spia: A Most Wanted Man" - in cui le inclinazioni di Le Carré venivano protette e messe in evidenza - e avvicinandosi ad uno spettacolo dai requisiti nitidamente comandati e dinamici.
Peccato, dunque, che in certi casi scegliere non è possibile, ma bisogna rendersi conto del materiale a disposizione ed agire secondo una logica precisa e molto oculata. Quella secondo la quale se Ewan McGregor deve passare da uomo qualunque a Obi Wan Kenobi senza neppure uno straccio di spiegazione, forse, è meglio rivedere lo script e sistemare qualcosina. Questo almeno se si vuole evitare di buttare all'aria una storia che, e si vede lontano un miglio, dalla sua aveva sicuramente dei pregi da mettere in mostra.
Pregi che però né la White, né Amini (a loro la spartizione delle responsabilità) hanno saputo far emergere.
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