The Nice Guys - Conferenza Stampa



Nella sala gremita che li stava aspettando con ansia e (non poche) speranze, Russell Crowe e Ryan Gosling (o Rino Ragazzino, come lo chiama ripetutamente un divertito Crowe) ci arrivano con un ritardo che potremmo tranquillamente arrotondare a un’ora. Il motivo - sembrano vociferare alcune voci in sala - è una piccola gita per Roma, a piedi, che i Nice Guys devono avere improvvisato di loro pugno, al quale poi si è cercato di porre rimedio, facendoli rientrare alla base e rimettendoli in ordine il prima possibile: non evitando, comunque, leggeri fastidi e nervosismi da parte dei presenti.
Appena fanno capolino nel corridoio della sala, che li accompagna sul palco allestito appositamente per loro, però, ogni malumore magicamente svanisce e lascia spazio all’entusiasmo, alle risate e alla bellezza (il tasso di quote rosa presente è altissimo, ovviamente), non solo di un Gosling ormai ufficialmente sex symbol, ma anche di un Crowe che se dovesse aver perso qualcosa in estetica, sicuramente, ne compensa in simpatia e in disponibilità. Insieme a loro - oscurati forse dai professionisti-fan, ma tutt’altro che da sottovalutare - il regista e sceneggiatore Shane Black e il produttore Joel Silver.

In un clima improvvisamente disteso si comincia allora con le domande, chiamando subito a rapporto Shane Black, al quale viene chiesto se rispetto ai suoi film anni '80, in questo suo ultimo, il giustizialismo reaganiano venga un po' messo da parte, mandando a benedire quel trittico composto da vincitori assoluti, male debellato e cattivi condannati. "Secondo me alla base di "The Nice Guys" ci sono le piccole vittorie, non grandi, né tantomeno importanti", dice il regista, "Se prendiamo come esempio “Il Gladiatore”, aggiunge, servendosi del filo conduttore Russell Crowe, "Anche li il protagonista non vince in maniera assoluta, forse alla fine siamo felici di vedere che il cattivo muore, però il personaggio principale trova una pace incerta, ma una pace che comunque gli permette di vivere in quel mondo corrotto. Si tratta di una piccola vittoria, ed è lo stesso principio che troviamo anche qui".

Dopo di che, la palla passa immediatamente alle due star, anzi alle due Rock Star, sarebbe il caso di dire, a cui viene chiesto se per interpretare l'accoppiata del film hanno preso spunto da altre celebri coppie cinematografiche del passato. Una domanda alla quale Russell Crowe, cavalcando l'onda della simpatia, risponde con un secco: "Io ho guardato Ryan ne “Il Giovane Ercole"!”. Affermazione alla quale Ryan Gosling si accoda, rispondendo: "E’ li che ho cominciato a sentirmi sexy, sai?! E Crowe, volendo mettere l'ultima parola, aggiunge: "Bè, è stato girato in Nuova Zelanda, la Nuova Zelanda è il cuore degli uomini sexy!". Un duetto esilarante, che scalda la sala e con il quale i due dimostrano di non aver perso per niente l'alchimia ostentata nel film, del quale poi vanno a parlare anche in maniera seria, cominciando proprio da Gosling che ammette: "In realtà era tutto sul copione di Shane, non serviva prendere spunto da nient'altro. Lui è un maestro del genere e questi personaggi erano fantastici già sulla carta. Consideravo una sfida il poterli abitare e rappresentare, per cui non avevo bisogno di altri spunti. Erano e dovevano rimanere dei personaggi unici". A lui si aggancia Crowe che aggiunge: "Sia io che Ryan siamo dei cinefili per cui conoscevamo bene coppie storiche come Stanlio e Olio, Gianni e Pinotto, Bing Crosby e Bob Hope, Gene Wilder e Richard Pryor. Sono tutti personaggi che hanno differenze fisiche tra loro, ma nulla di tutto questo serviva a noi per questo film. Avevamo dei personaggi definiti benissimo e a noi toccava solo dargli vita mantenendo vivo il loro spirito originale".

A chi incalza e, non soddisfatto, chiede ai due attori se sia stato difficile per loro passare dai film drammatici ad un film comico come questo, Gosling replica diretto con: "Una cosa che non capisco è perché nei film drammatici c’è questa asportazione chirurgica delle parti comiche. Tante volte succede che tu in un film drammatico vai a metterci delle cose comiche, ma poi in fase di montaggio queste vengono tagliate e finiscono sul pavimento. Io trovo che l'elemento comico in un film drammatico sia uno strumento disarmante, rende più suscettibile lo spettatore verso quello che sarà il “cazzotto emotivo” finale. Trovo che, in questo caso, sia stato molto bello lavorare con Shane perché ci ha consentito di mettere nel film tutto quello che era necessario, così anche l’esplosione e la parte d’azione hanno avuto tutt'un altro risultato. Tra l'altro, devo dire, che a me piace molto fare film comici. Ti permettono di sapere subito se la scena funziona o meno. Non hai bisogno di verificarlo dopo, te ne accorgi all’istante. Se qualcosa non gira puoi sistemarla, mentre con i film drammatici la faccenda è diversa". "Sono d'accordo", dice Crowe, "Anche io ne “Il Gladiatore” ho fatto delle cose comiche. Per esempio nella scena dove decapito il tizio con due spade avrei potuto benissimo utilizzarne una sola, ma con due l'effetto era migliore! Insomma, può sembrare strano, ma è per me è lo stesso. Gli stessi sforzi e lo stesso impegno che utilizzo in un film drammatico li inserisco anche in un film comico. Ed è una cosa che ho riscontrato anche in Ryan, parlando, discutendo e vedendolo lavorare. Abbiamo avuto tanta libertà da parte di Shane, ci ha lasciato sempre un minimo di flessibilità sul copione e, posso garantirvelo, è una cosa difficile e molto rara. Fortunatamente lui si fidava di noi e sapeva perfettamente che avremmo onorato al massimo lo spirito del suo lavoro".
Una domanda sulla quale lo stesso Black, seppur sulla stessa lunghezza d'onda dei suoi interpreti, da esperto in materia ci tiene a sottolineare che "E' un gravissimo errore ipotizzare che un film debba limitarsi ad un unico tono, senza mai variare. I migliori film, secondo me, sono quelli che utilizzano vari tipi di tono".

A questo punto entra in gioco la tematica femminile, che nonostante i protagonisti maschili ha un ruolo molto importante all'interno della pellicola. Sono varie le donne che ruotano infatti attorno ai due detective, e tutte rigorosamente slegate da cliché e di grande traino per la trama. "Le donne nel film rispettano la tradizione del genere noir", dice Black, "dove la paranoia tra i due sessi è considerevole. In questo film, che è come una favola, c'è una corruzione dell’innocenza: è una storia con cavalieri che cercano di salvare la dama in pericolo, ma sullo sfondo devono fare i conti con una città corrotta. C’è la donna spietata, la femme fatale in difficoltà, una bambina che cerca di capire che direzione deve prendere nel suo futuro. Credo che la cosa migliore che si possa fare, secondo me, quando si lavora su un genere come il detective story, sia innanzitutto andare a decostruirlo".

Per quanto riguarda i riferimenti a "L.A. Confidential", invece, Crowe ammette che qualche strizzatina d'occhio, dopo l'entrata nel cast di Kim Basinger, era inevitabile, e che dopo circa dieci anni è stato felicissimo di ritrovarla e di lavorare di nuovo con lei. Sulle donne in generale a chi glie lo chiede, poi, aggiunge scherzando: "Le donne controllano la vita dell'uomo! No, battute a parte, secondo me l’equilibrio in una coppia lo si raggiunge quando l’uomo rispetta e ama la donna e viceversa. Diversamente, se dovesse esserci una questione di leadership, si andrebbe a creare uno squilibrio e quindi le cose non funzionerebbero. Credo che si debba camminare insieme".

Arrivati a metà della conferenza, c'è ancora spazio e tempo per uscire un po' dal perimetro legato al film, concentrandosi, magari in maniera più vasta e generale sui due attori richiestissimi. Tra i prossimi progetti di Ryan Gosling e Russell Crowe figurano titoli che sono remake, reboot o sequel di vecchi film, per cui è inevitabile chiedere loro quanto sia difficile ad Hollywood, oggi, trovare delle storie totalmente originali da portare al cinema. I due, tuttavia, cercano di evitare ogni polemica, di sviare un po' la domanda, con Gosling che anticipa il collega e dice: "Io non ho alcun tipo di problema con i sequel e i remake. Tutto dipende da come vengono realizzati. Da ragazzino ero felice quando andavo a vedere un sequel perché mi permetteva di andare a rivisitare quegli universi di cui mi innamoravo, seguire i personaggi, le evoluzioni. Se guardiamo a una serie televisiva come “I Soprano”, per esempio, il fatto che il protagonista vada in terapia permette a te spettatore di poterlo approfondire e secondo me è una fantastica opportunità. Per cui sono felice di cominciare a breve a girare il sequel di "Blade Runner". A riguardo non posso dirvi niente perché altrimenti un cecchino potrebbe uccidermi, ma è un film che ho sempre amato e di cui mi è sempre piaciuto sia il mondo che la storia".
Lo segue a ruota Crowe che giocando sempre in difesa dice: "In realtà è una questione di ambiente. L’ambiente cinematografico di per sé è più difficile. Se uno pensa al teatro si rende conto che almeno un anno si e uno no c’è qualcuno che interpreta Amleto. E la cosa va bene, nessuno si oppone. Al cinema invece questo sembra essere un problema. Io in “La Mummia” farò solo un piccolo ruolo, ma posso garantirvi che non sarà un vero e proprio remake. Sarà qualcosa di completamente diverso, oggi gli studios stanno cercando di mettere enfasi su quelle cose che la gente già conosce. Non si cerca di fornire nuove informazioni al pubblico, le risorse vengono investite su un idea che viene sviluppata ad altissimi livelli creativi. Per cui questo universo di mostri permetterà di rivedere, rivisitare, seguire e analizzare un po’ quel cinema degli anni ’40 e ’50. Io credo che dal punto di vista creativo sia una magnifica idea. L’importante è sempre dove si vuole arrivare con il personaggio".

A proposito di copioni e di storie, i due attori hanno entrambi un passato come registi, un passato che c'è chi desidera sapere quando è destinato a tornare presente. "Sto preparando due film", dice Gosling, "Mi auguro che almeno uno sia pronto per il prossimo anno". Meno floridi, a quanto pare, sono i piani di Crowe che in merito alla regia dice: "Devo dire che da quando ho fatto la mia esperienza da regista non mi sono più sentito a mio agio su un set. Mi piace decidere l’inquadratura, i movimenti di macchina, dare disposizioni agli attori. Per cui voglio tornare a fare il regista, ma dipende chiaramente da cosa mi viene offerto. Fino ad ora mi sono capitati sotto mano solo copioni con quattro persone sedute intorno a un tavolo. Cose odiosissime e noiosissime. Io ho bisogno di avere a disposizione una grandissima tela, voglio diventare come Tiziano, fino a che non avrò in mano una cosa di questo genere preferisco aspettare, ho pazienza. Ma sto comunque sviluppando qualcosa". Poi, puncicando ancora Gosling, aggiunge: "Visto l’ottimo lavoro che ha fatto Ryan con “Il Giovane Ercole” vorrei tanto cercare di convincerlo a fare con me “Il Giovane Cesare.

La sala ride, apprezza l'esibizione dal vivo offerta dal duetto, specialmente le battute sull'estetica che l'ex Gladiatore riserva al belloccio e tanto ambito Gosling. Qualcuno allora si azzarda a chiedere a quest'ultimo come vive questo suo stato da sex symbol, se si trova a suo agio oppure no. A Crowe la domanda non pare vera, tant'è che le prese in giro tra i due si moltiplicano fino a sprecarsi, finché Ryan - forse un po' imbarazzato, o forse solo stanco di rispondere a una domanda che magari poco sopporta - con aria da fichetto e fiera da alla platea l'unica risposta che questa vorrebbe sentirsi dire, ovvero: "Si, mi sento molto a mio agio ad essere sexy!".

E se Gosling si sente a suo agio all'apice della sua bellezza, è importante conoscere anche se Crowe, giunto all'età di cinquantadue anni, è soddisfatto dei traguardi raggiunti in carriera e, soprattutto, se ha intenzione di tornare in Italia a suonare con la sua band? "Il bello di fare l'attore", dice, "E' che hai la possibilità di interpretare ruoli che ti permettono di cambiare continuamente. All’inizio della mia carriera andavo sul set e nella maggior parte dei casi i registi con i quali lavoravo erano quasi sempre molto più vecchi di me. Da qualche anno, però, ogni volta che vado sul set accade sempre il contrario. Sono io ad essere più vecchio di loro. Ma per me non è un problema. Non sono schiavo del meccanismo del solito personaggio, io sono a mio agio ad interpretare un qualcuno dai capelli grigi, un padre e se dovessero fare il remake de “Sul Lago Dorato” sarei felicissimo di interpretare anche il settantenne. Questa per me è una cosa positiva anche perché scelgo i ruoli come faccio da sempre: leggo la sceneggiatura e se la storia mi prende allora accetto il progetto. Fondamentalmente è la narrazione la cosa che conta. Per quanto riguarda la band, si, continuo a suonare e continuo ad avere una band. Qualche anno fa, nel 2003, mi sono reso conto che era un po’ troppo pesante procedere a farlo per il pubblico e quindi ho deciso che avrei proseguito a suonare a livello personale. Che tanto oggi non è neanche più necessario ricorrere alla pubblicità perché basta utilizzare i social media e riesci tranquillamente ad arrivare a chiunque. Per cui non spendiamo più un soldo nemmeno per la pubblicità o per la stampa: chi vuole venire a vederci ci segue online e viene solo per ascoltare la nostra musica. Recentemente abbiamo anche completato un nuovo album".

Infine, una parentesi dedicata anche al produttore Joel Silver, di cui si ricorda la sua partecipazione d'attore in "Chi Ha Incastrato Roger Rabbit" che qualcuno avrebbe piacere di veder bissare. "Di questo dovete parlare con il mio agente Ryan Gosling", dice lui. Ma Gosling risponde e dice: "Sono felice che abbiate fatto questa domanda perché Joe è un attore meraviglioso. Se andate online a cercare le clip promozionale di "The Nice Guys" vedrete che ce n’è una in cui Joel sgrida me e Russell perché non usiamo abbastanza Twitter, e lo fa con un interpretazione veramente da Oscar. Tra l’altro mi spiace che non possiate vedere quello che Joel faceva dietro o lontano dalla macchina da presa mentre noi eravamo sul set perché quello sarebbe stato un altro film fantastico!".

Sono le ultime battute di una conferenza stampa dai toni shaneblackiani, dalla lunga attesa, fortunatamente ripagata e che precedono l'uscita dalla sala dell'intera truppa, rigorosamente scortata. Ad eccezione di un Russell Crowe che, spiazzando ogni pregiudizio, ci tiene a regalarsi ancora un po' ai suoi fan, a firmare autografi e a parlare nel suo italiano ostentato, ma irresistibile.

La recensione di "The Nice Guys" potete trovarla cliccando qui.

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