Cattivi Vicini 2 - La Recensione

Non si riesce a capire bene dove voglia andare a parare "Cattivi Vicini". E non ci riferiamo a questo secondo capitolo in particolare, ma precisamente alla saga tutta e ai suoi intenti. Perché con un titolo così, con l'obiettivo palese di voler far ridere estremizzando un determinato contesto e con nessuna regola da seguire, chiunque avrebbe aperto il fuoco senza badare al numero di colpi che portava in canna.

Nicholas Stoller invece no. Ed è la seconda volta. Anzi, rispetto al capitolo precedente, in questo, il regista la tocca ancora più piano, talmente soft da perdere persino gli sprazzi produttivi con cui, probabilmente, era riuscito a guadagnarsi una seconda chance. Ci sono le quote rosa a dominare "Cattivi Vicini 2", una sorellanza che vuole la scissione dalle regole del college, per esercitare il diritto femminile di essere indipendente e non assecondare la piega maschilista che la vorrebbe oggetto sessuale e bratz con cui giocare. Chloe Moretz allora scalza dal palco Zac Efron e affitta, con due amiche che la pensano come lei, la casa vicina a quella di Mac e Kelly, i quali hanno appena venduto il loro appartamento per trasferirsi in un altro più grande - dove stare comodi con la seconda figlioletta in arrivo - ma devono fare molta attenzione al diritto di recesso che i loro compratori possono esercitare entro i trenta giorni. Quando i due coniugi quindi provano con le buone a chiedere alle ragazze il favore di limitare chiasso e feste, il due di picche viene subito servito, riattivando quella guerra generazionale sopita e, ipoteticamente, priva di esclusione di colpi. Dalla sindrome di Peter Pan, si passa, dunque, ad esplorare il sessismo, o meglio, a prenderlo in considerazione come appiglio originale, senza immergersi veramente nelle sfumature della materia, magari, provando anche a dire qualcosa di interessante e di fresco. Via le scarpe col tacco, invece, via il trucco, giù coi sacchetti di patatine (e a patatine sui capelli) e nessun problema a fumarsi uno spinello per il solo gusto di farlo: ribellione è voltare le spalle al sistema, del resto, lasciarlo procedere tra i suoi errori, ma tirandosi fuori affinché questi non vadano a colpire chi è più sveglio.

Per "Cattivi Vicini 2", insomma, ciò è esaustivo abbastanza, e sarebbe persino giusto se ne valesse la pena e venisse tutto convogliato nell'astio tremendo, ‎cercato a tutti i costi, tra i vari protagonisti: sovvenzionando l'imbocco di sketch esilaranti e situazioni assurde, al limite del politicamente scorretto. Ma, al contrario, tra ciò che ci si aspetta di vedere e ciò che Stoller ci propone esiste un divario enorme e incolmabile, un divario a cui non può far fronte una scena e mezza riuscita sulle infinite altre debolucce e scadenti; per non parlare poi di alcune trovate di sceneggiatura raffazzonate, davvero stonate da assimilare, a cui si poteva chiudere un occhio, forse, in una condizione cumulativa sostanzialmente migliore, ma non davanti ad un entropia palese e costante, sbattuta in faccia come se niente fosse.
L'alchimia tra Seth Rogen e Efron (che comunque ritorna in veste da co-protagonista), alleati contro lo stesso nemico, infatti non sembra trovare gli accordi ideali per rompere gli schemi, mentre quella tra lo stesso Rogen e Rose Byrne soffre di un ridimensionamento che, probabilmente, sarebbe stato più produttivo evitare, andando a replicare quei bei duetti del capitolo precedente. La Moretz, rilegata al ruolo di "ragazza problematica", poche volte ha in mano lo scettro per fare la differenza, accettando di sfruttare i momenti che gli capitano a tiro, che tuttavia restano abbastanza limitati per metterla in primo piano e restituirgli merito.

I potenziali spunti che il grezzo "Cattivi Vicini" aveva messo sul tavolo, quindi, a quanto sembra per Stoller non erano un materiale discreto su cui lavorare come noi pensavamo. Le sorti della sua pellicola, evidentemente, a noi apparivano distorte rispetto al piano che lui aveva in mente, un piano che ancora adesso ci risulta assai confuso e disperso, orientato verso una rotta su cui ormai, per quanto ci riguarda, preferiamo alzare le mani.

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